Simola confessa di aver inventato la storia di Wilma Montesi spacciatrice di cocaina di Francesco Rosso

Simola confessa di aver inventato la storia di Wilma Montesi spacciatrice di cocaina 11 processo di Venezia, dopo quattro mesi di udienze, volge rapidamente al termine Simola confessa di aver inventato la storia di Wilma Montesi spacciatrice di cocaina Dopo la dichiarazione dell'imputato detenuto sono cominciate le arringhe dei difensori - Chiesta l'assoluzione per Adriana Bisaccia, perché mentì in un momento di follia • 1 limiti della libertà di stampa nei casi delle istruttorie penali - A nome degli avvocati di Piccioni, Montagna e Polito parlerà soltanto l'avvocato Carnelutti - Forse lunedì sera la sentenza (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 23 maggio. E' un destino che. questo processo subisca ogni giorno uno scossone, provochi Un risentimento, apra parentesi di acri polemiche. Oggi doveva esibirsi ancora Michele Simola per la ritrattazione già annunciata ieri. Il fragile detenuto, con la voce affiochita dal tarlo della tubercolosi che lo rode', è stato oggi più patetico del solito. Piangeva parlando e le sue lacrime parevano davvero sincere. < Chiedo perdono, signor presidente. Quanto ho detto è completamente falso. MI trovavo in brutte condizioni, pensavo ai miei quattro bambini. Chiedo scusa a tutti, anohe ai miei difensori che mi hanno sempre assistito. Non ho mai conosciuto Wilma Montesi. Ciò che ho detto è completamente falso ». Con quelle quattro frasi, che abbiamo cercato di puntellare nella vacillante Bintassi, Michele Simola ha distrutto 11 fantasioso e torbido romanzo della cocaina. Ha chiuso la porta dei sordidi appartamentini che lo ospitavano durante i suoi occasionali incontri con le squallide mercenarie dell'amore. Il suo rlnsaviménto, per quanto tardivo, rappresentava un'ulteriore chiarificazione di questa vicenda giudiziaria, ma non si è verificato senza provocare danni. ' Michele Simola, detenuto, certamente in condizioni finanziarie gravi, era difeso da un nutrito e valente collegio di avvocati; la signora Gabriella Nicolai e suo marito Nino Manna, di Roma, L'avvocato Binaco Mengottì, di Padova. Durante la lunga sospensione del processo, il romanzo della cocaina sembrò trovare nuovo vigore da una rivelazione che fu considerata ■sensazionale, si volle stabilire un rapporto fra la morte misteriosa di Wilma Montesi e quella, non meno tenebrosa, di Antonietta Longo, la decapitata di Castelgandolfo. Il legame, naturalmente, era costituito dalle bustine di drdga. Una rapidissima indagine dissipò ogni dùbbio W i' tentativi di allargare ancora le già smisurate dimensioni di questoprocesso fallirono. Per Michea le Simola diventava sempre più arduo sostenere le sue deliranti dichiarazioni, e si decise a ritrattare; sei mesi di carcere, per chi deve già scontare ancora quattro anni di pena, impongono certo di riflettere. Michele Simola ha riflettuto, e alla fine, quasi allo scadere del termine, si è deciso alla ritrattazione. Lo ha fatto, ma con astuzia maldestra, anziché rivolgersi a uno dei suoi avvocati, ha preferito appoggiarsi all'avv. Lupis, difensore del. Montagna. I suoi tre patroni si sono offesi. Non aveva ancora finito di ritrattare che l'avv. Nino Manna, con voce che tradiva una comprensibile irritazione, ha letto un comunicato con cui egli e i suoi due colleghi rifiutavano il mandato di assistere ancora il piccolo detenuto siciliano. Il presidente ha preso atto della decisione e ha nominato un difensore d'ufficio, l'avvocato Zanette. Poi, rivolgendosi al Simola, con tono di paterna esortazione, gli ha detto: < E' ancora in tempo a rifarsi un'esistenza onesta. Gliel'ho già detto altra volta. Ricordi le mie parole ». Il fragile detenuto piangeva e accennava di sì con il capo. Il presidente ha poi domandato al Pubblico Ministero se intendeva mutare le sue richieste nei confronti del Simola e il dott. Palminteri ha risposto: < Evidentemente », senza tuttar via prendere la parola. Ciò lascia supporre che al termine della discussione egli intenda replicare non soltanto alle eventuali argomentazioni dei difensori, ' ma anche per chiarire una sua frase che gli ha procurato duri attacchi e provocato aspre polemiche. Durante la requisitoria, egli sottolineò la responsabilità che si era assunta la stampa italiana nel gonfiare in maniera tendenziosa l'affare Montesi e auspicò, una legge che limitasse i poteri della stampa. I telegrammi dj protesta, gli articoli polemici, le lettere firmate e anonime sono fioccate sul tavolo del P.M. e su quello di varie personalità. Fa piacere constatare quanto l'opinione pubblica sia sensibile a questi problemi, ma questa volta l'apprensione, a parer nostro, è stata alquanto esagerata. Forse il dott. Palminteri non è stato troppo felice nel costruire la sua frase, egli non è uomo da misurare sul bilancino dell'orafo gli sfumati e riposti significati di un aggettivo, la sua oratoria è essenziale, priva di lenocini retorici, tutta materiata di fatti. Parlando di leggi restrittive egli non intendeva certo invocare la soppressione della libertà di stampa, ma una limitazione per ciò che si riferisce alla materia giudiziaria e, senza dichiararlo apertamente, si riferiva alla legislazione inglese. In nessun Paese del mondo la stampa è libera come in Inghilterra, ciò non impedisce però che un uomo portato in giudizio sia tutelato fino alla sentenza e nessuno possa chia¬ marlo ladro finché non è stato condannato. Se riandiamo con II pensiero ai pomeriggio di quel ventoso 21 aprile 1953, quando certi giornali della capitale uscirò-, no con titoli su nove colonne:' « Piccioni è l'assassino », e li. riallacciamo a quelli usciti ieri, in cui, sempre su nove colonne, si leggeva:< Piccioni è innocente >, cioè accusando ancora prima che si iniziasse là Istruttoria nel primo caso e assolvendo prima che sia pronunciata la sentenza nel secondo, bisogna convenire che le doglianze del dott. Palminteri, sotto questo aspetto, non aco precisamente gratuite. Se il processò Montesi ci avrà insegnato qualcosa, sarà proprio questo senso del limite che dobbiamo imporci prima di lanciare accuse, La sentenza del Tribunale può riparare giuridicamente un danno, ma chi risarcirà un accusato, se riconosciuto innocente, dalle valanghe di ingiurie che gli sono state lanciate? Della calunnia, nonostante una sentenza riparatrice, rimane sempre la traccia. Probabilmente il dott. Palminteri, in sède di replica, vorrà chiarire il suo pensiero, e per il suo passato di combattente e di partigiano, per le idee politiche espresse prima di entrare in magistratura, bisogna credergli se dice che la libertà, di stampa sta a cucire a lui non meno, che a tutti noi. Abbiamo ritenuta necessaria questa chiarificazione per dare la sensazione dell' atmosfera che' avvolge questo processo, dove ógni frase assume significai:) particolari per investire interessi che vanno oltre 1 limiti della vicenda che si discute. La colpa di tanta complessità, e, soprattutto, di tanta sospettosa diffidenza, non risale, forse, a nessuno in particolare; il caso Montesi è quello che è, un grosso e intricato < affaire > scaturito come per magia da una serie di incontrollabili circostanze. Ad esempio, ohi ha spinto Michele Simola ad inserirsi in que- sto processo? E' comprenslb. le che si sia mossa Anna Maria Caglio, per ragioni abbastanza plausibili, ma chi ha chiamato in causa le varie Mercedes Borgatti, Thea Ganzaroli, Adriana Bisaccia? Per alcune è stata la follìa a spingerle sulla china pericolosa di un' avventura che potrebbe avere amare conclusioni. Tra le varie Imputate, c'è Adriana Bisaccia, accusata di simulazione di reato aggravata, per la quale il Pubblico Ministero ha chiesto ieri un anno e quattro mesi di carcere. Che cosa mal ha acceso la fantasia della Bisaccia al punto da essere, forse, l'unica a pagare un duro scotto in questo processo? La pazzia, ha sostenuto oggi il suo difensore, avv. Taddei. Per rendere evidente in quale stato d'animo abbia agito la sua giovane cliente, l'avv. Taddei ha tracciato un ritratto fosco, agghiacciante, di questo strano personaggio. La madre di Adriana Bisaccia, americana, era ricca, ma suo padre dilapidò presto quel patrimonio. La madre fuggì in America con il fratellino di Adriana, la ragazza rimase col padre, finito presto in carcere, e poi sola. Era bellina, intelligente, fantasiosa. Si fidanzò, e ancora giovanissima dovette già ricorrere alle mani d'un « fabbricante di angeli » per spegnere una troppo precoce maternità. Senti parlare di Piccioni, compositore dj musica jazz assai noto negli ambienti d'avanguardia della capitale. Pensò tanto a lui che si convinse di essere stata la sua amante, di avere avuto da lui un figlio. Quando si rese conto che si trattava d'una folle immaginazione, ripiegò su se stessa, e vide il vuoto desolante della sua esistenza. Una sera stava appoggiata a una spalletta del Tevere, forse inconsciamente decisa a uccidersi. Passarono due giovani, la caricarono su un'automobile, la con¬ dussero in un alloggio, le pro¬ a e r i e è i o n a a a misero centomila lire al mese se fosse stata disposta a recapitare qualche pacchetto, naturalmente dj cocaina. Poi, supponendo che volesse denunciarli, i due giovani la picchiarono a sangue. Uno dei due giovani, "isso la Bisaccia, somigliava all' attore Henri Vidal o a Giorgio Tupini. Anche il secondo racconto era interamente inventato, come era inventata, ancora, la storia di Wilma Montesi frequentatrice dei bar esistenzialisti dove si riunivano i cocainomani. I racconti apparivano talmente assurdi e folli, ha sostenuto l'avv. Taddei, che non occorreva molto acume per capire che erano falsi, e il giudice istruttore, invece di mandare la Bisaccia sul banco degli accusati, avrebbe fatto meglio a consigliarle di entrare in una casa di salute per malattie psichiche. Poiché manca il dolo, e soprattutto perché il reato è coperto da amnistia, il difensore ha chiesto per la sua cliente l'assoluzione per non aver commesso il fatto. L'avv. Piero Zanette, difensore di Mercedes Borgatti, aveva il compito facilitato dalla richiesta di assoluzione formulata ieri dal Pubblico Ministero. Egli ha sostenuto che la donna, presso cui era ospite Thea Ganzaroli, non soltanto è estranea alla vicenda in cui è implicata la sua amica, ma più di una volta cercò di impedire che la Ganzaroli scrivesse per la rivista di Silvano Muto l'articolo in cui raccontava di aver assistito all'uccisione di Wilma Montesi sul lido di Tor Vajanica. Dopo aver speso qualche parola anche in favore di Simola, l'avv. Zanette ha ceduto la parola all'avv. Angelo Mellò, anch'egli difensore della Borgatti, il quale ha argomentato per dimostrare ' che la sua cliente non ha commesso il reato di istigare la Ganzaroli a fare falsa testimonianza ed ha concluso chiedendo un'assoluzione piena, per non aver commesso il fatto. E' venuto poi il turno dei guardiani di Capocotta e primo a parlare in loro favore è stato l'avv. Paolo Antonelli, difensore di Terzo Guerrini. Anche per i guardiani, il P.M. ha chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto. Imputati di aver nascosto il passaggio di un'automobile su cui si presumeva fosse Wilma Montesi, essi negarono sempre di aver veduto nella tenuta l'annegata di Tor Vajanica. Poi venne la Caglio a parlare delle orge di Capocotta, e la situazione dei guardiani si complicò ancora. L'avv. Antonelli ha sottolineato la falsità delle dichiarazioni rese dalla Caglio, ha dimostrato come a Capocotta non ci sia no mai state orge o banchet ti, ha concluso chiedendo l'assoluzione piena per il suo cliente. Ultimo oratore della giornata è stato' l'avv. Marcello Piazzolla, difensore di Palmina Ottaviani, la moglie di Terzo Guerrlnl. Egli ha mirato so prattutto a mettere in evidenza la fragilità delle argomen tazioni su cui la sentenza istruttoria basa l'accusa e, dopo aver dimostrato la innocenza della sua cliente, ha concluso chiedendo una piena as soluzione. Domani parleranno ancora l difensori dei guardiani Anastasio Lilli e Venanzio Di Felice, sabato compie terà la serie di arringhe per gl'Imputati minori l'avv. Alberini, difensore della Bisaccia E' quasi certo che. ancora nella mattina di sabato, i di tensori dei tre imputati di primo piano presenteranno una memoria scritta rinunciando in tal modo a pronunciare le arringhe. Lunedì mattina, l'av vocato Francesco Carnelutti parlerebbe brevemente in rappresentanza di tutti i di tensori di Piccioni, Montagna e Polito. E' quindi assai probabile che la sentenza sia pronunciata nel tardo pomeriggio di lunedi. Francesco Rosso Fiero Piccioni fotografato tra i suol avvocati difensori all'uscita dal tribunale (Telef.) Michele Simola (Telefoto)

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