Il comunismo non è un fenomeno di miseria di Paolo Serini

Il comunismo non è un fenomeno di miseria Il comunismo non è un fenomeno di miseria Ira gli iscritti al partito i "poveri,, sono pochi; abbondano in talune regioni i contadini benestanti, intellettuali e artigiani - Tra gli elettori del PSl ì paracomunisti sembrano più numerosi degli autonomisti Il saggio di Giorgio Braga su II comunismo fra ali italiani (Milano, Edizioni di Comunità) rappresenta un originale tentativo di studiare il comunismo non nella sua ideologia o nella sua organizzazione, ma nelle motivazioni psicologiche e nelle tensioni sociali da cui esso trae tanta parte della sua forza, e in relazione con le diverse strutture e condizioni ambientali del nostro Paese. Tutt'altro che di agevole Jettura (anzi appesantito da una terminologia sociologica non sempre necessaria), ma condotto con molto Impegno e ricco di dati e di osservazioni acute e stimolanti, esso costituisce, in sostanza, un'analisi geosociale della nostra penisola, che aiuta a Intendere le ragioni della fortuna del comunismo e della- diversa portata e profondità locale della sua penetrazione. Alla sua base sta il concetto che il comunismo non -è tanto un fenomeno di miseria, quanto piuttosto di « secessione sociale >, traente origine e alimento da talune situazioni di fatto delle classi operaie e contadine Ma non solo di queste. Che un importante apporto alla causa comunista è dato da quelle che il Braga chiama « élites represse », ossia da gruppi o categorie sociali notevolmente progrediti e qualificati, ma che — come 11 ceto mezzadrile emiliano e dell'Italia centrale (i cui componenti sarebbero ormai, per capacità tecnica e accumulo di risparmi, in condizione di diventare proprietari e imprenditori in proprio) e certi gruppi intellettuali e della piccola borghesia del Mezzogiorno — si sentono frustrati nei loro bisogni e nelle loro aspirazioni e ambizioni. (Né è da trascurare l'apporto dell'artigianato, che fornisce al P.C.I. più del cinque per cento dei suoi iscritti, e quello degli addetti ad attività «terziarie»: tecnici, impiegati, ecc.). Sono a ogni modo le « componenti » operaie a costituire pur sempre la maggior forza e riserve del comunismo italiano (anche se ormai l'elettorato contadino del partito supera, numericamente, quello operaio e se la rivoluzione tecnologica oggi in atto tende a diminuirne la espansione nelle fabbriche e nelle strutture urbano-industriall). Come sono le persistenti carenze sociali del nostro Paese ad assicurargli un vasto séguito tra le masse. L'analisi del Braga non si arresta però alle classi e categorie sociali, ma si estende anche, con interessanti risultati, alle varie situazioni e al vari fattori ambientaci. Ne risultano confermate l'estrema complessità e diversità della struttura geosociale del nostro Paese (che a torto si tende a schematizzare nell'antitesi tra Nord industriale in espansione e Sud rurale « depresso ») ; spiegata, in parte, la diversa incidenza avuta, nelle diverse zone, dalla riforma agraria e da altre iniziative; e, soprattutto, messa in luce meglio di quanto non si fosse fatto sinora l'importanza, anche agli effetti della espansione comunista, di quelle zone dell'Italia centrale in cui l'evoluzione economica si è attardata a uno stadio mezzadrile e preindustriale, e dove più sussistono fattori di rigidità e di secessione sociale. Si tratta d'una situazione geoso ciale 'cui non si è prestata sinora . sufficiente attenzione: trascurando ti fatto che il grosso (se non in valori assoluti, in percentuali) dell'elettorato comunista si trova proprio in tali zone, Quanto alle prospettive per il prossimo avvenire, il Braga ritiene che « le condizioni sociali obiettive non permettano di guardare all'immediato periodo che sta innanzi a noi se non con cauto ottimismo ». Il comunismo italiano è bensì, come tutto il comunismo europeo, in crisi: una crisi non superficiale né passeggera, ma di fondo. Tuttavia, gli sviluppi di tale crisi si preannunziano, per varie ragioni, piuttosto lenti. Né, per accelerarli, sarebbe saggio contare solo, o soprattutto, sulla propaganda Le risoluzione delle tensioni sociali oggi esistenti nel nostro Paese (e cui lo stesso progresso tecnico ed economico ne potrebbe aggiungere di nuove) esige molto di più: In primo luogo « una coraggiosa attuazione del piano di espansione economica nazionale e, in pari t tempo, la sua integrazione sociale ». Né molto più ottimista, il Braga si dimostra nei confronti dell'alternativa socialista (di cui pur riconosce l'importanza) e delle sue autonome capacita di sviluppo: in quanto ritiene che, dei tre milioni e mezzo di voti che rappresentavano nel '56 l'elettorato del P.S.I., solo un milione e un quarto si possano considerare come «attualmente autonomi », mentre un milione e mezzo lo sarebbero solo « potenzialmente » e settecentbmlia sarebbero, di fatto, voti paracomunisti. (E d'altro canto, se la proporzione tra elettori autonomi, incerti e paracomunisti è stimabile a 5,6 e 3, quella delle forze organizzate del P.S.I. sarebbe ancor meno confortante: e cioè, di 1,4 e 2). Non è quindi l'atteggiamento di questo o quel capo che potrà mutare la situazione; ma piuttosto un sostanziale rinnovamento del < quadri » socialisti e un crescente rafforzamento dell'azione socialista nel campo sinda- Paolo Serini

Persone citate: Giorgio Braga

Luoghi citati: Italia, Milano