Il P.M. dimostra la falsità della Caglio e l'innocenza di Piccioni, Montagna e Polito

Il P.M. dimostra la falsità della Caglio e l'innocenza di Piccioni, Montagna e Polito Il rappresentante della pubblica accusa dichiara Inconsistenti tutti gli indili raccolti in istruttoria Il P.M. dimostra la falsità della Caglio e l'innocenza di Piccioni, Montagna e Polito Desolante ritratto morale della figlia del secolo - "Dopo la sentenza la ragazza dovrà subire le conseguenze penali delle sue menzogne,, - Non esistono prove dirette né indirette contro Piccioni: "In piena coscienza, nonostante che io abbia cercato fra le pieghe più riposte del processo, debbo dire che non sono riuscito a trovare un solo elemento a suo carico- - Non responsabili di favoreggiamento l'ex questore ed il marchese, ma esatte le critiche del gen. Pompei nei loro confronti - La tesi del pediluvio avallata da Polito rivela pochezza di acume e scarsa serietà • Oggi le richieste (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 21 maggio. Un primo, ufficiale riconoscimento 41 innocenza, Piero Piccioni, Ugo Montagna e Saverlo Polito, hanno ricevuto oggi dalle oneste, quasi accorate dichiarazioni del P. M. Benché il dott Cesare Palminteri non abbia ancora presentato le sue conclusioni, dopo l'ampia disamina compiuta oggi durante ia seconda parte della requisitoria appare ormai chiaro a tdtti che egli chiederà l'assoluzione più ampia, per non aver commesso i'1 fatto, di Piccioni, Montagna e Polito. Per giungere a queste conclusioni, il dott. Palminteri ha provocato un vero e proprio terremoto che ha demolito interamente l'architettura dell'accusa. Di tutto il castello su cui il dott. Sepe aveva costruito il suo ragionamento per accusare Piero Piccioni di aver provocato la morte di Wilma Montesi, Montagna e Polito di averlo favorito per occultare il suo delitto, è rimasto un cumulo di macerie sotto le quali stanno sepolte le testimonianze che di quel castello accusatorio parevano le colonne granitiche. La più celebre di tutte è Anna Maria Caglio. Sfuggendo gli effetti oratori, ma deciso a demolire la soffice e profumata figlia del notaio milanese, il dott. Palminteri non ha esitato ad usare il maglio. Colpo dopo colpo, il monumento di fustigatrice nazionale che Anna Maria si era costruito è stato frantumato e non dobbiamo dolerci che così sia accaduto. Se si pensa all'opera svolta da questa ragazza, alla leggerezza con cui, lanciando accuse con la stessa noncuranza con cui si spruzzava nubi di profumo, ha trascinato persone di ogni ceto alla ribalta della pubblica vergogna, si deve .concludere che il dott. Palminteri ha fatto bene a ridimensionare questa giovane donna.che, non senza compiacimenti, in un modesto e sciatto libro autobiografico si è proclamata « figlia del secolo ». Ma ora che la vediamo ridimensionata,, pensando alla caparbia coerènza con cui ha mentito, proviamo un senso di pena per questa figliola. Che farà ora Anna Maria non potendo più recitare il suo ruolo di ragazza del secolo? Il suo avvenire prossimo non sarà facile, né lieto, l'attendono un discreto numero di querele e, a quanto si è appreso dalle parole del P. M., una denuncia per falsa testimonianza. Si ode già il cigolio delle sinistre porte del carcere e ciò non può non recare amarezza e ci assale lo sbigottimento provato il giorno in cui il mago Orio varcò la soglia della prigione. Anche la giustizia, talvolta, provoca amarezza. Forse, questo pungente senso di debolezza, nasce dalla dimestichezza che ormai avevamo con certi personaggi. Anna Maria Caglio, don Tonino Onnis e Gianna la rossa, Natalino del Duca erano figure entrate con la veemenza del personaggio romanzesco in questa vicenda vissuta e patita da chi aveva soltanto la colpa di aver Incontrato sul proprio cammino un malaugurato giorno una ragazza come Anna Maria. Ora che tutti giacciono sotto il cumulo di macerie provocate dalla requisitoria del dott. Palminteri, proviamo come uno strappo. Il romanzo è finito, la menzogna favolosa non ha più credito, incomincia la realtà. Magistrato coraggioso Sono stati necessari quattro anni per giungere a tanto, ed ora che ci siamo arrivati, ancora sì notano segni di incertezza, frasi incredule ancora serpeggiano, non tutti sono convinti, come il P. M., che Piccioni, Montagna e Polito, in questa lamentevole vicenda che ha per protagonista una ragazza morta in circostanze misteriose, non hanno alcuna responsabilità. Non sono pochi coloro che, scrollando il capo e strizzando l'occhio, sussurrano: « Sapevamo fin dall'inizio che . sarebbe finita cosi >. Senza saperlo, costoro pronunciano la più aperta lode al Pubblico Ministero il quale, incurante dell'impopolarità, ha agito secondo la sua coscienza di magistrato. Nessuno lo ha costretto a scagliare l'anatema contro la Caglio, sarebbe bastato che avesse enunciate ad una ad una le palesi falsità di questa testimone. Ma nella sua coscienza di cittadino e di magistrato, egli ha sentito che doveva dire qualcosa di più su questa donna che molti vorrebbero ancora sul piedistallo di una immeritata notorietà, e le ha vibrato colpì micidiali. Sulla rovina della tesi accusatoria, il dott. Palminteri ha costruito le sue argomentazioni per dimostrare l'innocenza dei tre imputati. Egli ha variamente graduato e sfumato gli esami dedicati a Piccioni, Montagna e Polito. Il primo è uscito da tale esame con la propria personalità intatta; meno generoso è stato il P.M. nei confronti di Ugo Montagna e addirittura malizioso verso l'ex questore Polito. Durante la sua requisitoria si avvertiva lo sforzo di sottrarsi alla seduzione di tracciare un ritratto morale dei tre imputati, e ciò gli è riuscito in gran parte, ma l'analiel atessa delle risultanze processuali lo portava fatalmen¬ te ad esprimere un giudizio sul tre uomini che gli sedevano di fronte. Cosi, quando è giunto a parlare di Polito, ha dichiarato di riconoscere ve re le informazioni contenute nel rapporto del generale Pompei e quando ha distrutto l'accusa di- favoreggiamen to, ha bonariamente qualificato di leggerezza un funzionario che, mancando dal cadavere- di Wilma il famoso reggicalze, ha avvalorato la tesi insostenibile del pediluvio. Iniziando la seconda parte della sua requisitoria, che egli concluderà domani con l'esame degli imputati minori, il dott. Cesare Palminteri ha subito affrontato la posizione di Anna Maria Caglio, la grande accusatrice, la testimone professionale. « Di lei — ha esordito il P.M. — nulla dirò che non mi sia assolutamente necessario per dimostrarvi che è una testimone falsa. Non è mia abitudine, e nemmeno mio desiderio, procurarmi inimicizie femminili, specialmen te di colei che è considerata l'amica di tutti. Aver respinto la richiesta di una sua nuova audizione,. non vi impedì rà, signori giudici, di definire nella vostra sentenza la Caglio testimone falsa e inattendibile con le conseguenze che successivamente saranno prese dagli organi competenti. < Chi è la Caglio? E' stata definita la figlia del secolo, quasi che questo secolo abbia generato soltanto donnacce, e non anche ottime fanciulle, madri di famiglia, donne eroiche, ma soltanto ragazze dagli amori a tariffa. Chiamare la Caglio figlia del secolo è una offesa a tutte le donne. Ogni secolo ha avuto le sue Caglio, donne che si sono date per mercede. Nel suo memoriale presentato al Tribunale, padre Alessandro Dall'Olio, il dotto gesuita, così definisce la Caglio: " Mi sembra che nella signorina vi sia una notevole assenza del senso di pudore e della riservatezza femminile, ma vi è in, essa un fondo di generosità a farsi paladina della giustizia e della morale"-.' E' stato questo primo giudizio a collocare la Caglio sull'altare della verità, a farla definire fustigatrice del costumi e novella Giovanna d'Arco. Paladina della giustizia e della morale questa donna che è stata definita amante prezzolata di Montagna, che contemporaneamente all'amante ufficiale non si rifiutava ad altri suoi fidanzati presentì e futuri. c Su quali elementi la Caglio ha basato le sue accuse? Analizziamo quel colloquio del 29 aprile 1953, per il quale abbiamo chiesto anche la testi monìanza ai coniugi Marceau residenti in Francia. Posso dimostrarvi matematicamente che quel colloquio al Viminale tra Piccioni, Montagna e il capo della polizia Pavone non è avvenuto. Analizziamo la data. La Caglio ha scelto il 29 aprile perché nei ' giorni precedenti il capo della Polizia era a Milano, il 30 aprile Piccioni si trovava a Riccione, il 1° maggio la Caglio era già partita da Roma per Milano e quindi non avrebbe potuto assistere al colloquio. « Piccioni afferma che quella sera si trovava a cena in casa di Alida. Valli. Trascuriamo la testimonianza dell'attrice, legata all'imputato da vincoli affettivi, trascuriamo la Sivilotti, parente della Valli, ma possiamo trascurare i coniugi Marceau, completamente estranei a questa vicenda? Dobbiamo ritenere che tutti i testimoni di questo processo sono falsi e che soltanto la Caglio dice il vero? No, signori, chi ha mentito è Anna Maria Caglio. « Se Piccioni avesse sentito la necessità di chiedere l'intervento del capo della Polizia non avrebbe sollecitato che Montagna lo accompagnasse. Era troppo amico di Pavone per aver bisogno di intermediari. E il 5 maggio, infatti, quando sentì il bisogno di un consiglio, andò nell'ufficio del dott. Pavone, ma da solo. La data del 29 aprile è stata inventata dalla Caglio e ciò vi dà la misura della perfidia di questa donna, della sua volontà di gettare fango. Caglio, Muto, Don Onnis « C'è un atto del processo dal quale si può formalmente desumere che la lettera di Gianna la rossa> è una derivazione della Caglio. Ometto qualsiasi considerazione sulla personalità di don Tonino Onnis ma devo riferirvi che le circostanze riferite dal sacerdote non sono attendibili. Come si può pensare ohe un uomo come don Tonino, giovane, Intel ligente, trovandosi dinanzi ad una donna stravolta come ci ha descritto fosse « Gianna la rossa >, stravolta al punto da fargli temere che potesse commettere gesti irreparabili, dopo averle prestato la macchina per scrivere la accompagni alla porta e non gli venga la curiosità di guardare dove sia l'automobile con cui la donna misteriosa gli era giunta fin dinanzi alla canonica, non osservi la targa? E come si spiega che, la sera precedente un suo improvviso viaggio a Parma, la questura fosse informata da una lettera anonima in cui si diceva che il parroco di Traversetola avrebbe portato un pacco di stupefacenti? E come si spiega che il Vescovo di Parma, certo non molto entusiasta del suo sacerdote, dopo un burrascoso colloquio con lui ricevette una lettera firmata < Gianna la rossa > in cui gli si diceva: " Sta attento, lascia stare don Tonino perché diversamente ti possono toccare dei guai"? Chi è l'autore di queste lettere, che cosa c'è sotto questo episodio? >. Dopo aver enumerato alcune circostanze da cui emerge senza possibilità di dubbio che la' Caglio ha mentito, 11 P.M. ha sostenuto che fu la Caglio stessa ad indurre Silvano Muto a scrivere quell'articolo su « Attualità > da cui prese il via l'intricata vicenda Montesi. « In sentenza, signori giudici, dovete e potete scrivere che la Caglio è una testimone falsa, dovrete qualificare que- sto donna, bollarla per quello che realmente è >. La filippica contro la figlia del secolo era finita? Come se avesse dinanzi un foglio su cui aveva letto e, divenutogli inutile, lo avesse spiegazzata e gettato nel cestino, il dott. Palminteri abbandonò la Caglio e prese a discutere di altri due testimoni, definite < ineffabili:», le signore Adelmina e Jole Marri, le affittacamere romane di Anna Maria. Dalle reticenze e dalle contraddizioni in cui sono cadute le due testimoni, il dott. Palminteri ha tratto la convinzione che il famoso testamento con cui la Caglio accusava Montagna di essere «il capobanda con annessa sparizione di molte donne » e Piero Piccioni l'assassino è stato scritto non il 30 ottobre '53, ma parecchi- mesi dopo, addirittura nel febbraio, o nel marzo del '54, quando già era in pieno svolgimento il processo contro Silvano Muto. L'astuta, macchinosa costruzione accusatoria incomincia nel periodo in cui Ugo Montagna, ormai sazio, intende sbarazzarsi della tròppo ingombrante amica; lospirito di vendetta mise in azione quell'inquieto cervello di ragazza abbandonata da cui scaturirono le più fantastiche avventure. Luna di miele ad Amalfi La Caglio, ha detto 11 dott. Palminteri, ha una tattica particolare, rivela circostanze vere, ma di nessuna importanza, per poter contrabbandare per vere le accuse false. <Da quanto vi ho detto, risulta chiaramente che non vi è assolutamente alcun elemento di prova contro Piero Piccioni tale da farci pensare che egli coìioscesse Wilma Montesi prima del 9 aprile 1953. Vi è assoluta mancanza di prove che Piccioni e Wilma Montesi fossero insieme a Tor Vaianica il 10 aprile, vi è assoluta mancanza di prove che possano scaturire dalle dichiarazioni della Caglio, teste chiaramente falsa. « Ma siamo schietti e logici. Piccioni era stato ad Amalfi quasi in luna di miele per molti giorni, era stato ammalato, era tornato a casa nelle prime ore del pomeriggio del 9 aprile, si può pensare che fosse stanco. Invece si vuole che sia andato di corsa all'appuntamento con Wilma. Questa non è una considerazione giuridica, ma umana, e noi giudichiamo degli uomini- >. Dopo aver analizzato la totale assenza di prove dirette contro Piccioni, il dott. Palminteri si è soffermato sulle eventuali prove indirette esaminando la.posizione dei due presunti favoreggiatori, incominciando da Ugo Montagna il quale, per stornare i sospetti dal capo dell'amico, avrebbe inventato la < operazione d'Assia > in modo da far credere che Wilma Montesi era a Capocotta con il giovane principe. Secondo il dott. Palminteri, questa operazione, semmai, potrebbe essere diretta contro i guardiani di Capocotta, non per favorire Piccioni. Con rapida sintesi, egli ha anche dilaniato il romanzo della cocaina, lasciando la responsabilità di queste fantasie alla mente sovraccitata della Caglio, a quella non meno eccitata di Adriana Bisaccia* ai deliri della suicida Corinna Versolatto. La telefonata da Venezia tra Piccioni e Alida Valli, riferita dal Torresin, non è nemmeno un indizio. I giornali avevano già lanciato le accuse contro Piccioni ed è naturale che due persone amiche, come il musicista e l'attrice, parlando di sé, abbiano fatto riferimento a quelle notizie. Si dice che Montagna ha fa¬ vorito Piccioni a nascondere il delitto e, assurdità incommensurabile, egli l'accontava a tutti il suo reato. c Non credo che Montagna sia uno sciocco così grosso — ha detto il P. M. — da confidare al Natili, al Gualdi, a Spataro e alla Caglio soprattutto, segreti che avrebbe avuto interesse a mantenere gelosamente. Il reato di favoreggiamento sarebbe raggiunto se Mon- tagna, andando dal capo della ■ìiiiiiiitiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiii polizia, avesse ottenuto lo scopo di proteggere Piccioni. Ma in questo caso, anche il Pavone, dovrebbe essere incriminato di favoreggiamento. < Mi pare, modestamente, di aver dimostrato che nei confronti di Piccto?ii c'è assoluta mancanza di prove dirette ed indirette. Non sono solito essere presuntuoso e, per un P. M., è assai più cocente giungere a questo risultalo. Ma con assoluta onestà, tn piena coscienza, nonostante abbia cercato fra le pieghe più riposte del processo, debbo dire che non sono riuscito a trovare un solo elemento che possa essere messo a carico di Piero Piccioni. L'aver concluso in questo senso, signori giudici, vi dà la misura della piena, coscienziosa convinzione del P. M:>. Dopo avere affermato che la assenza di prove dirette e indirette contro Piccioni potrebbe acquietarlo, egli ha preso ancora in esame l'alibi, non per provarne la consistenza, ma per un fatto di costume. Egli si è dichiarato convinto che un gran numero di professionisti, con il prof. Filipo alla testa, non possono avere mentito. « Se così fosse — egli ha detto — saremmo caduti bene in basso. Dovremmo malinconicamente concludere che il secolo XX non può dare nulla, che siamo tutti figli del secolo». Il prezzo dell'amicizia Riprendendo in esame la posizione di Ugo Montagna, il P. M. ha espresso un punto che lo tormentò inizialmente. Egli sospettò che Giuseppe Montesi, lo spregiudicato « zio Giuseppe;», fosse in relazione con il marchese di San Bartolomeo. Guadagnava forse settantamila lire al mese il giovane zio di Wilma, ma aveva l'automobile, continua a vestire con eleganza, conduce una vita certo superiore ai suoi mezzi. Alla fine, dopo aver analizzato tutti gli elementi, il P. M. ha però concluso che tra Montagna e zio Giuseppe non vi sono mai stati rapporti. Per favorire Piccioni, Monta¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMtiiiiiiiiiii gna si sarebbe dovuto Bervlre dell'ex-capo della Polizia, Pavone, o dell'ex-questorp Polito. Con Pavone egli era molto amico, lo aveva aiutato mentre l'ex capo della Polizia era in carcere, arrestato dai tedeschi, in un momento in cui tutti pensavano a se stessi. Pavone non ha mal dimenticato quel gesto, è rimasto amico di Montagna anche quando giunse a scoprire qualcosa. «Pavone ha pagato cara quella sua costanza nell'amicizia » — ha concluso il dott. Palminteri. Di Polito il Montagna non poteva servirsi, i due si sono conosciuti nell'ottobre del '53, quando ormai era impossibile intervenire per indurre il questore ad aiutare Piccioni, la pratica Montesi essendo da mesi nelle mani del magistrato. A questo punto, parlando di Polito, il P. M. ha detto che crede al rapporto del generale Pompei ed al pranzo dell'exquestore in casa di Montagna nel luglio '54, e ciò ha provocato parecchio malumore nell'exfunzionario e nel suo difensore, l'aw. Ungaro, il quale ha tenuto a precisare che in quel rapporto si riferiscono voci messe in circolazione nel -1942, quando Polito era perseguitato dal fascismo. Esaminando la tesi del pediluvio, che sarebbe stata inventata da Polito per stornare i sospetti da Piccioni, il dott. Palminteri ha sottolineato che questa ipotesi fu varata in casa Montesi, alla presenza delia dottoressa Passarelli. Polito, perciò, non ha alcuna responsabilità in questa insostenibile impostazione. Ciò non esclude che, tanto lui quanto i suoi funzionari, ha sostenuto il P. M., abbiano dimostrato pochezza di acume e fretta di concludere le indagini avvalorando una tesi che per la sola assenza del reggicalze, appariva insostenibile. La discussione sul reggicalze è servita al dott. Palminteri per affermare il desiderio che egli ebbe dì chiedere la incriminazione per falsa testimonianza di Natalino Del Duca e Francesco Servello, 1 due antagonisti sulla circostanza, iiiiiiiiiiiitiiiiiiiniiiiiiiiiituiiifiiniiiiiiiiiiHim piuttosto ridicola, di Piero Piccioni che si recava in Questura con gli indumenti di Wilma per farli bruciare nel caminetto del comandante la Squadra Mobile. «Signori giudici, al lume delle considerazioni fin qui fatte, mi pare di non dover nulla aggiungere sulla posizione dei tre imputati principali. Debbo ora esaminare gli altri imputati ma chiedo al Tribunale di rinviare a domani mattina, se possibile, questo esame » ha detto il P. M. che appariva stanco. Il presidente ha accolto la richiesta ed ha rinviato l'udienza a domani mattina per la conclusione della requisitoria. E' opinione generale che il dott. Palminteri chiederà la assoluzione per non aver commesso il fatto, di Picqioni, Montagna, Polito e di tutti i guardiani di Capocotta. Francesco Rosso Anna Maria Caglio, che dovrà ora affrontare una denuncia per falsa testimonianza (Tel.) Accusato, arrestato, rilasciato Piccioni ha ascoltato ieri la ha definito del tutto estraneo e rinviato a giudizio, Piero requisitoria del P.M. che 16 al caso Montesi (Telefoto)