L'autista che trasportò il tesoro al PCI dice che lo volevano uccidere con sua madre

L'autista che trasportò il tesoro al PCI dice che lo volevano uccidere con sua madre JVzmovo colpo di scena al processo per l'oa*o di JDoMMffo L'autista che trasportò il tesoro al PCI dice che lo volevano uccidere con sua madre L'episodio narrato da Carlo Moderna - Il misterioso equipaggio della "1500,, che conteneva i valori - Vivace confronto tra la sorella di «Neri», Mentasti e Cerutti a proposito d'un pacco di gioielli che sarebbe stato consegnato alla moglie dell'on. Gorreri - Un teste minacciato d'incriminazione per l'episodio del cofano di «Gianna» (Dal nostro inviato speciale) Padova, 18 maggio. Anche nell'udienza di stamane si è parlato del grosso dei valori: chi lo trasportò da Dongo, chi lo ricevette alla federazione comunista, di Como. Ma prima di continuare in questo complesso episodio, già affrontato ieri, la Corte si è occupata del « pacco » di gioielli che Remo Montasti consegnò a Maria Jelmini, allora fidanzata e ora moglie di Dante Gorreri. Tanto la Jelmini quanto Mentasti per quel pacco di gioielli sono imputati di ricettazione, e principale accusatrice è la signora Alice Canali, sorella di Neri, il capo partigiano misteriosamente ucciso l'8 maggio '45. Per lo stesso episodio l'on. Gorreri, mandatario del pacco, è ir. .utato di peculato. Nuovi chiarimenti sono venuti alla Corte in un confronto tra la signora Canali e Remo Mentasti. I chiarimenti noli sono, in realtà, molto appariscenti. Il contrasto fra i due contendenti è stato inflessibile, entrambi sono rimasti sulle rispettive posizioni, ma tra le pacate affermazioni della Canali e le iros.e denegazioni del Mentasti, la Corte ha potuto certamente trarre chiarificatori elementi di giudizio. Canali — In quel pranzo in casa mia, sul finire del '15, con lei e con Cerutti si parlò di tente cose, ma anche d'un certo pacco. Cerutti le ricordò che lei lo aveva consegnato alla Jelmini, e lei non lo smentì. Mentasti — Niente affatto. Lei sbaglia, ricorda male. Non è per nulla vero che Gorreri mi abbia consegnato un pacco da recapitare alla fidanzata. E quella sera a casa sua non si parlò di nessun pacco. Canali — Si parlò anche di biancheria che andò a finire alla Jelmini, e d'una pelliccia che fu data a una partigiana. Il Presidente ha chiamato Cerutti, il confronto a due è diventato un confronto a tre. Presidente — Ricorda che si parlò anche d'una pelliccia? Cerutti — No, lo escludo. Canali — Ma sì, lei parlò, anche di quello, e Mentasti continuava a star zitto. Mentasti — Escludo che si sia parlato di pacchi con gioielli e di biancheria. Ho portato soltanto, ma prima della Liberazione, pacchi con giornali e medicine. Cerutti — Questo lo posso confermare. Pacchi di giornali e medicine sì, ma non di gioielli; e prima della Liberazione non dopo. Le parole dei due uomini avevano un tono aspro e violento, che maggiormente faceva risaltare l'accento sereno e convincente della donna. « C'è una ragione per la quale la signora dica una cosa del genere?» ha chiesto il Presidente. « Non credo. Ritengo che si sia confusa > ha risposto Mentasti. Desiderando chia ire la sorte di quel misterioso sacchetto contenente un chilo e sei etti di brillanti, il Presidente ha chiesto a Mentasti se l'avesse ritirato lui dalla banca alla quale era stato depositato. Mentasti ha negato: < Il pomeriggio del 28 aprile, Gianna mi Alice Canali, sorella del partigiano « Neri » (Telefoto) chiese d'accompagnarla a una banca di Dongo. Prelevò qualcosa che non vidi, e poi andammo via». E' stato poi ripreso l'argo mento del trasporto dei valori. Il Presidente ha chiamato Maderna, gli ha chiesto se c'era anche Mentasti; l'altro ha detto di sì, e Mentasti ha prote stato: < Ma scherziamo?». Maderna — Davanti, nella < 1500 », eravamo seduti io al volante, Gianna e Terzi. Dietro stavano, pigiati con le va lige, la moglie di Moretti e Mentasti. Il carico era così pesante che le balestre scricchiolavano. La moglie di Moretti scese prima di arrivare a Co mo, e Mentasti scese a Como in piazza Cavour, prima della consegna delle valige alla federazione comunista* Mentasti — Nego assolutamente.' Non ho fatto quel viaggio. Terzi, chiamato a sua volta a confronto, ha affermato: « Eravamo soltanto io, Gianna • Maderna». Maderna — Arrivati alla federazione abbiamo scaricato le valige e le abbiamo portate su, aiutati da Cerutti e Gorreri. Terzi — Io non sono affatto salito in federazione. Madcrna — Allora ho fatto tutto io, che non . conoscevo nessuno. P. M. — Da chi Terzi ricevette l'ordine di fare la consegna dei valori? Terzi — Dal Comando. P. M. — Allora lei non lo ha eseguito come doveva, se nega d'esser salito. Terzi — E' andata Gianna. P. M. — Non le chiese a chi fece la consegna? Terzi — C'era la ricevuta che bastava. • Presidente — Da chi era firmata? Terzi — Non ricordo. Presidente — Capisco, è un argomento scottante, dire il nome del firmatario. Sulla consegna dei valori al partito comunista c'è un grosso equivoco. Nella dichiarazione posta in calce all'inventario è usato il termine « affidare ». Secondo Terzi, esso significava che i valori venivano « dati » quale ricompensa per gli aiuti che il partito comunista aveva dato ai partigiani nella lotta di Liberazione. « Un bel modo di interpretare le parole — ha detto il Presidente — e di assegnare ricompense con i denari dello Stato ». Si è tornati a parlare del trasporto: chi c'era in realtà sulla macchina? Mentasti (a Maderna) — Perché non l'hai detto subito al giudice istruttore che c'ero io? Maderna — Perché quel giorno, prima che io fossi interrogato, mi hai incontrato sulle scale e mi hai detto: « Bada bene che tu non mi hai visto ». Mentasti — Ma sei pazzo. Maderna — Ah, sono pazzo? E chi voleva far fuori mia madre e me? Egli allora ha raccontato un oscuro episodio del '47. Uscito dal carcere militare dì Milano, si recò a trovare uno zio e poi proseguì per Gravedona. Arrivato a casa, il padre si mostrò stupito di vederlo: < Ma non dovevano portarti a. Roma? >. E raccontò che nella notte era arrivata una telefonata in cui si diceva che egli doveva essere trasferito al carcere di Roma, e che se la madre voleva vederlo si trovasse all'una di notte in fondo al quarto binario. La madre era partita immediatamente per Milano. Ma poiché era presto si recò a trovare il fratello. Questi stupì di vederla: < Ti sei sbagliata dì poco con Carlo. E' stato liberato, è passato da me ed è partito qualche minuto fa per Gravedona ». La madre comprese che c'era qualcosa di losco, e non si recò alla stazione L'attentato fu denunziato ai carabinieri, i quali poterono accertare che la telefonata era partita da un posto pubblico di Lecco. Il piano dell'agguato risultò chiaro. Attirare la madre al quarto binario per catturare il figlio, il quale sicuramente si sarebbe precipitato al luogo del finto appuntamento, e sarebbe stato < fatto fuori > in un modo o nell'altro. Un episodio non riuscito, che comunque si inquadra nell'atmosfera dell'epoca. Il resto dell'udienza si è risolto in uno sterile confronto fra Terzi e Tuissl, e in confusa deposizione di un ■indetto alla federazione comunista di Como. Tuissi — Il 9 maggio mia sorella Gianna mi mandò da Terzi per consegnargli la chiave del cofanetto che lei aveva lasciato in deposito a Gorreri. Terzi mi mandò da Gorreri per ritirarlo. Terzi — Non è vero che abbia incaricato Tuissi di ritirare il cofanetto Tuissl — In quell'occasione Terzi, avendogli io chiesto notizie di Neri, mi disse che si trovava ammalato a Lecco. Terzi — Non è vero. Non sapevo nulla di Neri. E del resto, non conoscevo nemmeno Tuissi. Giuseppe Sassi, addetto alla federazione comunista di Como, ha riferito d'aver visto Gianna quando portò il cofanetto. Non fu consegnato né a Cerutti né a Gorreri, ma ad Aglietto. Questi sollevò il coperchio diede un'occhiata al contenuto, e lo chiuse in cassaforte. La deposizione ha destato dubbi per il fatto che il cofanetto era chiuso a chiave, e la chiave l'aveva trattenuta Gianna. Una minaccia d'incriminazione per falsa testimonianza stava per far cadere in deliquio il teste, che è ammalato di cuore; e in considerazione di ciò il Presidente non ha insistito. Sull'argomento « tesoro di Dongo e sua destinazione », mercoledì sentiremo il gen. Raffaele Cadorna e gli onorevoli Luigi Longo, Enrico Mattei, Ciancarlo Pajetta. Giuseppe Paraci Gorreri (da sinistra a destra), Cerutti e Mentasti entrano nell'anla della Corte (Telef.) amiiiiiimiMimiiiiiiiiiiiiiniiiiiNiiHiniN