"Un ballo in maschera,, di Verdi

"Un ballo in maschera,, di Verdi LA STAGIONE LIRICA AL TEATRO NUOVO "Un ballo in maschera,, di Verdi Fra le opere di Verdi sorte dopo II Trovatore e La Traviata alcune risentono della influenza del gusto, che spesso era un cattivo gusto, del grand' Opera. L'ideale, quindi la stesura, sembrano flettersi. Già nel Macbeth, più tardi in quelle or ora citate, l'operista era pervenuto alla sintesi drammatica, con le persone, l'ambiente, le passioni, gli episodi, condotti, attraverso densi e rapidi svolgimenti, alla catastrofe. Pochi gli eventi secondari, rare le divagazioni. E però, in tali drai.tmi vibra un «cento potènte, che irrasg'n onde di lunga risonanza. / vespri siciliani o Un ballo in maschera lasciano invece un'impressione di discontinuità, inducono a un giudizio di minor valore. Oltre le sollecitazioni dei teatri, che costrinsero Verdi ad abbandonare l'attraente Re Lear, e c assoggettarsi a un libretto fabbricato alla meglio », come confidò al Somma, un nuovo orientamento lo distoglieva momentaneamente. Gli sembrava, nel '53, che < la nostra opera pecca di soverchia monotonia >, che alcuni suoi spartiti presentassero < punti di scena interessantissimi, ma senza varietà. E' una corda sola, elevata, se volete, ma pur sempre la stessa >. Fra i soggetti preferiva quello del Rìijoletto. < Vi sono posizioni potentissime, varietà, brio, patetico.„>. Rifiutava altri, non trovandovi < tutta quella varietà >. Tale < varietà » episodica, rifletteva appunto la così detta estetica del grand'Opéra francais, nel quale Meyerbeer trionfava dezpsApdcdmfspsntdbvmucdttscfleddl, . .. - _ _.. _, 1a braccetto con Scrlbe. Ed ec ™', SU° ,mo"d<? drammatico, I dolore, malinconia, Ingiustizia, i incomprensione, destino, si di- I iU|va> mentre l'intreccio i colpi di scena, la «varietà», primeggiavano. Pericolosa, peccaminosa distrazione. In verità i libretti di un Piave o di un Cammarano gli si confacevano meglio di quelli di Scribe. Un ballo in maschera fu l'ultimo a nascere in condizioni disagiate, precipitose. Fino al '58, uno o due anni al più segnarono il ritmo della produzione. Quattro anni trascorsero fra Un ballo in maschera e La forza del destino. Il rifacimento del Macbeth ricondusse il compositore alld migliore concezione drammatica. Un estremo ritorno al gusto operistico francese, Don Carlos, poi la tendenza svani. Quando e dove il nucleo è esiguo, e le cose accessorie aumentano di numero e di volume, il valore del melodramma, anche di quello verdiano, scema. E' il caso del Ballo in maschera, benché questo sembri, e sia apparso agli occhi sorpresi degli italiani di circa cento anni or sono, alquanto svincolato dalle convenzioni formali del tempo. In realtà, i drammi di Riccardo, di Amelia, di Renato, sono meno definiti di altri, procederi e a A a a d -|tl, più ligi alle forme. E aep pur avessero recato dieci pez- -1 zi fortunati quanto «. li'scherzo -.o è follia», ottenendo perciò -iun successo dieci volte magrlgiore, La Traviata non avreb-ibe perduto, nel confronto, la i'eccellenza é o e i. roe e a Qui la < varietà » è soprat tutto digressione, effetto scenico, non contrasto necessario in seno al dramma. La profezia di Ulrica, per esempio, non diventa un elemento sentimentale, (si ripensi alla «maledizione» nel Rigolctto), è utile a preparare l'atto seguente e i seguenti colpi di scena. In altri casi Verdi incideva all'acqua forte la stessa Ulrica, pagine degne del Macbeth, o coloriva di tenue rosa e azzurro, all'acquarello, quella di Oscar. Ma chi vorrebbe affermare che 1 personaggi siano scultorei, e le passioni specificatamente espresse? Basti esaltare l'intrinseca bellezza puramente musicale di diecine di pagine le ,6 ,3 ,2 ,2 ,2 ,4 ,2 ,1 ,3 ,5 ,2 sparse nel primo e nel terzo atto, e tutto il secondo attosmirabilmente fuso e coerente. Neppur qui personaggi sculto- rei ma o «svolgimento di un rei. ma lo svolgimento di in dramma intenso, un espressio- ne calda, toccante, nei conflit-ti delle passioni; e le passionilampeggiano improvvise perl'essenziale umanità. . . . . .. Appunto nel secondo attodivampa quel fuoco, quel « di-sordine estremo », che Verdi sollecitava al Somma. Disor- l dine, poiché gli animi sono esagitati, e gli eventi, incalzandosi, sconvolgono i diversi propositi di ciascuna persona. Qui sono liricamente rappresentate le allucinazioni di Amelia, smarrita nel campo pauroso. <Ma dall'arido stelo divulsa » è un'aria, che comincia, e finisce come la -romanza d'una qualsiasi innamorata, ma sviluppa a mano a mano formidabili stati d'animo, ansie, angoscle e terrori, prorompe e culmina nello straziante soatto meyerbeeriano < Deh, mi reggi, m'aita, o Signor». Più avanti, nel duetto di Amelia con Riccardo, s'avvicendano le espressioni dell'amore travolgente e del compresso desiderio sensuale, l'orrore del peccato e il sospiro della purezza. Casta ed ebbra, la cabaletta <Oh! qual soave brivido», che accoglie e amplia i contrasti, è il limite d'un momento psicologico e l'inizio di un altro momento, più acceso, convulso, c disordinato ». Il dramma prosegue con evidente concatenazione drammatica, tale da far scordare i colpi di scena. II sopraggiungere di Renato s'innesta nell'agitazione e la moltiplica. Al bel recitativo: € Amico, gelosa t'affido una cura... » s'aggiungono le « sei bellissime strofe », come le giudicò lo stesso Verdi, echeggianti il tumulto del cuori, l'ansia di tre anime palpitanti per opposti patemi. E dopo la scoperta di Amelia (un altro colpo di scena, redento dall'arte verace), quella misurata satira di rossinia- na abilità, « E che baccano... », tanto pungente ed elegante ed efficace. E un altro culmine, patetico e intimo, è quello della tragica feste; ; nel- ritmo della danza Vérdi insinuò una sottile malinconia» - si che la gioconda atmosfera a poco a poco si vela ■ di mestizia nell'addio amarisBimo. Opere, come questa, seppur difettose, sono in. ogni caso Istruttive, proprio perché avvertono come gli artisti, pure i grandi, possono errare; e sono anche tonificanti, con l'energia del perenne e necessario vigore drammatico. E non sarà mai abbastanza esortato il pubblico a sentire opere siffatte, lasciando da parte certe esigenze che, non sempre attuate neppure nei teatri ben attrezzati, finanziati, sostenuti dal pubblico e dal Governo, sono in altre e minori condizioni Irrealizzabili. Come sempre, bisogna mirare soprattutto all'opera d'arte in sé. Non -mancò iersera un notevole affollamento; e così avvenga anche alle repliche. Diretta dal competente e vigoroso maestro De Fabritiis, l'esecuzione si valse del contributo di gagliardi e noti cantanti, Anna Maria Rovere, Dora Mlnarchi, Carlo Bergonzi, Enzo Mascherini, Odilia Rech, Lido Maffeo, Fabio Glongo, Giuliano Ferrcin, A. Gatti, e del coro bene istruito dal mac tro Adolfo Fanfani. Decorosa l'inscenatura. Scroscio di applausi ai più belli e popolari pezzi, e alla fine di ciascun quadro. a. d. c.

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