Raffiche di mitra contro i partigiani «Bill» e «Pedro» che s'erano opposti alla consegna del tesoro al PCI

Raffiche di mitra contro i partigiani «Bill» e «Pedro» che s'erano opposti alla consegna del tesoro al PCI n^€Mmmutieu rivelazione ul processo per Vara flf ff#*»ItffO Raffiche di mitra contro i partigiani «Bill» e «Pedro» che s'erano opposti alla consegna del tesoro al PCI L'episodio raccontato da Bill: "Ci dissero di non protestare, salvo a finire nel las;o„ - Il fratello di Gianna accusa l'on. Gorreri d'aver ritirato i valori per destinarli al partito comunista - Cesare Tuissi Ricacciato perché chiedeva la restituzione d'un cofanetto di preziosi appartenente alla Petacci e finito alla federazione di Como - Come avvenne il trasporto del bottino - Era stata preparata una imboscata per fermare la macchina col carico (Dal nostro inviato speciale) Padova, 17 maggio. Nel tardo pomeriggio si è avuta, notizia, quasi per caso, d'un drammatico dissenso scoppiato fra i capi partigiani a causa dell'arbitraria destinazione di parte del tesoro di Dongo al partito comunista di Como. Un dissenso così grave, da esser concluso da rabbiose, e tuttavia incruente, raffiche di mitra. La sparatoria ebbe un seguito con un attacco a Bill e un altro ancora con un agguato a Pedro. Sono episodi di cui non si aveva traccia nel processo. Autore delle rivelazioni è Bill, ed ecco a lui la parola. Bill — La sera del 28 maggio '45, alcuni capi partigiani, fra cui Pedro e Pietro Terzi, ci riunimmo all'albergo Turismo di Gravedona allo scopo di discutere sulla destinazione dei valori sequestrati un mese prima ai gerarchi e spediti a Como. Sul tardi venne Moretti, 11 quale ci presentò la ricevu- ta dei valori consegnati al partito comunista di Como. Pedro e io protestammo, perché, l'accordo del 29 aprile, in base alla dichiarazione firmata in calce all'inventario, era che i valori dovevano essere « affidati > al partito comunista, e non « dati >. Ci fu detto che noi dovevamo accettare la consegna senza dissentire, salvo a finire nel lago, ma Pedro e lo continuammo a protestare, e tutti quanti impugnammo i mitra. Da ambo le parti furono sparate delle raffiche, che però finirono contro i muri dell'albergo. A questo incidente clamoroso ne seguì un altro. Alcuni giorni dopo, mi si presentarono quattro partigiani (Bill ha detto di non' ricordarne nomi), i quali si rimisero a parlare della cosa. In quell'occasione Pedro, che era con me, mi salvò audacemente la vita, Venni a diverbio con quei quattro, sempre per la destinazione dei valori. Io insistevo che era stato alterato l'accordo esisten te fra tutti i firmatari della di chiarazione. Uno di essi mi puntò la pistola in faccia dicendo : « Se non la smetti ti sparo ». < Spara pure » ribattei. L'altro sparò, ma Pedro era stato pronto a dargli un pugno al braccio, e il colpo finì in aria. Alcune'sere appresso Pedro mentre dormiva venne svegliato da gente che lo chiamava dalla strada. Egli, prevedendo un agguato, spalancò le imposte e si tirò indietro di scatto. A questo dovette la salvezza, perché In quell'istante dalla strada furono sparati alcuni colpi di pistola, che però bucarono soltanto le imposte. Notizia della sparatoria ne ebbe, alla fine del '45, il giornalista Giulio Bergamo, che svolgeva un'inchiesta sui fatti di Dongo. Gli furono mostrati i segni delle pallottole sui muri dell'albergo Turismo di Gravedona con questa spiegazione eloquentissima anche per lui: «Questo è avvenuto perché qualcuno voleva parlare troppo ». La rivelazione di Bill ha praticamente concluso là lunga e complessa udienza di oggi, che ha avuto termine poco prima delle venti. Protagonista di essa è stato l'episodio centrale del tesoro di Dongo: il trasporto delle valige con una macchina guidata da Carlo Maderna, sulla quale si trovavano i partigiani Pietro Terzi (Francesco) e Giuseppina Tuissi (Gianna), e la consegna alla federazione comunista di Como, nelle mani del segretario Dante Gorreri e del tesoriere Dante Cerutti. Appunto sul trasporto aveva avuto inizio l'udienza di stamane, col teste Leonello Borsetta, che nel 1947, essendo addetto al carcere militare di Milano quale tenente, fu presente a un colloquio in cui Carlo Maderna parlava alla madre di un memoriale che egli aveva scritto il 4 maggio '46 affidandone copia ai fratelli Giuseppe e Danilo Tenchio, di Gravedona, con l'ordine di renderlo pubblico nel caso che egli fosse stato ucciso. Nel memoriale era appunto detto che egli aveva fatto il trasporto e che i valori erano stati consegnati al partito comunista di Como, e che Michele Moretti lo aveva miIMeciato di farlo finire nel lago e e i i r e e e a l o a ) , e a o e u n l a o n o o i e o se egli avesse cambiato la versione che gli era stata imposta, quella cioè d'un misterioso trafugamento di 30 milioni e di 36 chili d'oro. Giuseppe Tenchio (anche per il fratello Danilo assente) oggi è venuto a deporre su tale circostanza, affermando che Maderna li informò dei fatti prima ancora d'avere scritto il memoriale, e cioè subito dopo il trasporto. La signorina Giuliana Fattucci ci ha portati all'episodio del cofanetto che Gianna mandò a Gorreri e che costui rifiutò di consegnare al fratello Cesare Tuissi. La Fattucci, per questioni razziali, era stata messa in carcere dai fasciati, dove conobbe Cesare Tuissi. Dopo la liberazione essi s'incontrarono, e il 10 maggio parteciparono a Dongo a un pranzo di partigiani. Il giorno successivo Tuissi si recò a Como da Gorreri, e la volle per testimone del colloquio. Gianna aveva avuto richiesto da Terzi il cofanetto da lei affidato a Gorreri, e che Terzi intendeva dare al CLN. Fattucci — Alla richiesta di Tuissi, Gorreri categoricamente rispose che il cofanetto apparteneva al partito, e che egli avrebbe fatto bene a non parlarne più. Gorreri — Può darsi che siano venuti Tuissi e la signorina Fattucci, a quell'epoca veniva tanta gente. Ma non ricordo che mi sia stata fatta una richiesta def genere. Del resto, come poteva essermi fatta, se il cofanetto non era stato consegnato a me? E' risultato che i cofanetti di cui Gianna parlò al fratello erano due. Uno conteneva gioielli, sterline d'oro, franchi svizzeri, nonché una sveglietta d'oro di Mussolini; nell'altro ci erano 37 mila franchi svizzeri, che Gianna il 18 giugno, dopo averlo affidato per poche ore In custodia al partigiano < Ardente >, vide ridurre a 15 mila: esso fu consegnato a Gorreri tramite Meritasti. Anche il primo era finito a Gorreri; e Tuissi ha ricordato che recatosi tempo dopo dal Gorreri, vide sulla sua scrivania la sveglietta di Mussolini. Cesare Tuissi ha narrato, inoltre, che Gianna gli parlò d'un' chilo' e"s'éi 'ettidi brillanti chiusi in sacchetti di pelle di daino che sarebbero stati affidati à una banca. Circa il trasporto del grosso dei valori avvenuto il 29 aprile* il Tuissi ha raccontato che 1 comunisti, secondo quanto gli racconto la sorella Gianna, per ^impadronirsene avevano deciso di simulare una rapina uccidendo in un'imboscata i tre partigiani che dovevano eseguire li trasporto. Ma Gianna si oppose al plano affermando che, la vita di tre uomini valeva molto di più del tesoro. Fu allora deciso il trasporto esplicito alla federazione comunista di Como. Un altro particolare ha svelato Tuissi. Il 10 maggio egli chiese a Terzi, per incarico della sorella, ohe non credeva alla morte di Neri, dove si trovasse costui. Terzi gli disse che si trovava a Lecco. Stupore per tale affermazione, poiché. Neri, sparito il giorno 8, il 10 era stato ucciso già da due giorni, e appunto il 9 Vergani ne aveva annunziato la morte a Gianna. Un chiarimento ha portato Bill sul portafoglio di Paolo Porta: esso non conteneva che cinquecento lire. Altro suo chiarimento riguarda la borsetta di Zita Ritossa. Secondo Bill, essa finì a Pedro, che la mise insieme, con gli altri valori, dal cui mucchio tu sottratta da qualcuno. < Trattandosi di una borsetta da donna, ritengo che sia' stata una donna a prenderla >. Chiara allusione a Gianna, che effettivamente, nella catena di mani per le quali la borsetta passò, ne fu l'ultimo anello. Altro teste importante è stato Dante Cerutti, tesoriere della Federazione comunista di Como. CerUtti è stato interrogato anzitutto su un certo pacco contenente valori impreclsatl ch'egli avrebbe portato, per incarico: di Gorreri, in casa della fidanzata di costui, Maria Jelmini (oggi sua moglie). L'episodio è stato riferito con-accento di fermezza dalla signora Alice Canali, sorella di Neri. ' Cerutti. — Verso la fine di giugno sono stato a pranzo con Mentasti in casa della signora Canali, si parlò di politica e di altro, ma non dì un pacco che io avrei portato in casa di Maria Jelmini. Non ho mai portato nessun pacco. Canali — Il pranzo è avvenuto in inverno, e si parlò del tesoro di Dongo. Mentasti ad un certo punto disse, dando la baia a Cerutti: «E di quel pacco che hai portato in casa della Jelmini che cosa ne dici?». Cerutti se ne stette zitto, non disse né sì né no. Cerutti ha negato il particolare del pacco, e il contrasto fra ì due non è stato risolto. A un certo punto la signora Canali ha avuto un commosso accenno alla fine del fratello: « Quando fui chiamata dal generale Zlngales, credevo che fosse per la morte di mio fratello. Invece- venni interrogata sull'oro. Soltanto l'oro interessava ». Su quell'episodio è stata anche sentita la madre di Neri, signora Maddalena Zanoni, !a quale però ha potuto dire poco, non avendo partecipato al pranzo. Il Presidente ha poi chiesto a Cerutti di parlargli della consegna dei valori aMspqfrhczzvdpigenfTdcnfqMqCvstgmapv alla federazione. E' noto che Maderna afferma d'aver consegnato a lui e a Gorreri le preziose valige, alcune delle quali furono chiuse in cassaforte. Il Cerutti ha negato d'avere ricevuto in consegna le valige, ha negato d'averle messe in cassaforte, ha negato l'esistenza d'una cassaforte abbastanza ampia da accogliere delle valige. Ha addirittura negato di essere presente a Como il pomeriggio del 29 aprile. E' stato chiamato Maderna, il quale ha ribadito: < Le valige le ho consegnate a Gorreri e a Cerutti, il quale le chiuse nella cassaforte. Nel trasporto fui aiutato da loro, e anche da Terzi e da Gianna. Anzi ricordo che scaricate le valige ci consegnarono un pacco di manifestini di propaganda, che furono trovati dai partigiani, i quali, all'arrivo di Gianna a Milano, ci arrestarono tutti quanti ». Sui sistemi contabili, Dante Cerutti ha detto che non venivano rilasciate ricevute, esistendo una reciproca e assoluta fiducia tra coloro che eseguivano le operazioni. mdigicocimmncolifelivotipdnmdlannscPpe Presidente — Non vi veniva mai in mente che si trattava di denaro dello Stato, di cui un giorno avreste dovuto render conto? Cerutti (allargando le braccia) — Non ci venne mal In mente. P. M. — Non vi è venuto in mente nemmeno dopo che venne a cessare la clandestinità? Cerutti — Infatti il 2 maggio cominciai a tenere la contabilità delle operazioni. Avo. Luzzani — Nel '46 la federazione consegnò 105 mila lire alla vedova di Neri, a favore della sua bambina. A che titolo fu versata tale somma? Cerutti — La decisione fu presa da Mentasti. Si trattava d'un sussidio come ne venivano assegnati tanti a quell'epoca. Avv. Luzzani — Era il rimorso per averle ucciso il padre, che vi fece pensare a quella bambina. Poi vi sono state le rivelazioni dt Bill, altri testi infine hanno deposto su circostanze di scarso rilievo, e alle 19,50 il Presidente ha tolto la lunga e pesante udienza. Giuseppe Faraci Maddalena Zanoni, madre d el partigiano « Neri » fra Cesare e Maria Tuissi, rispettivamente fratello e madre della partigiana « Gianna », fotog rafati dopo l'udienza (Telef.) Carletto Maderna che trasportò il tesoro (Telefoto)