"Novità,, sociali dell' Egitto di Enrico Emanuelli

"Novità,, sociali dell' Egitto —mm ORIGINI DEL FERMENTO NEL MEDIO ORIENTE "Novità,, sociali dell' Egitto La rivoluzione di Nasser ha mosso le acque di una vita che da secoli si era stratificata - Punto di partenza la riforma agraria - Si volle creare la nuova classe dei piccoli proprietari, e trasferire dal settore agricolo a quello industriale il denaro dei latifondisti espropriati Questi sogni hanno patito duri colpi a contatto con la realtà - Tuttavia qualcosa si ripercuote dall'Egitto su tutto il mondo arabo (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, maggio. Pochi giorni fa, al Cairo, si celebrava la Festa della Primavera o, come dicono loro, Sciam ci Ncssim. E' forse la più grande festa degli egiziani, un avvenimento che per tradizione vuole tutti fuori dt casa. Quel giorno intorno alle Piramidi c'era un viavai intenso: gli abitanti del Cairo vi facevano una scampagnata. Veniva sera. I tram e gli autobus tornavano carichi verso la città. Pochi s'azzardavano ad entrare net giardini del Mena House, un vecchio grosso albergo, sino a pochi anni fa frequentato dagli effendi, dai pascià, dai bey e dagli stranieri ricchi. Quei pochi entravano con passo incerto, sedevano ai tavoli in pose non del tutto naturali e spontanee. Era gente « nuova », venuta a galla con la rivoluzione e che prendeva il posto lasciato vuoto dall'altra, scomparsa o in prudente ritiro. Allora mi ricordai delle parole sentite,il giorno prima e dette da un amico egiziano: < Voi altri europei 71011 volete vedere quel che succede in casa nostra. State alla facciata. Che cosa farà Nasser t E la crisi del canale verrà risolta? Saremo con l'Occidente o con l'Orientet Più nessuno mette lo sguardo su quello che succede nell'intimo della nostra vita ». Un poco di questa vita la vedtvo nei giardini del Mena House, ed era appunto quella dei nuovi ufficiali, dei nuovi amministratori, dei nuovi funzionari. Chi ha un minimo di curiosità per quanto sta succedendo al dt fuori dei nostri confini, non può dimenticare questa parte, di mondo; ma, osservandolo, non deve lasciarsi soltanto attirare dalle cose vistose e contingenti. I fatti di Giordania, il chiaro atteggiamento dell'Arabia Saudita, la salvaguardia americana d'una pace ancora pericolatile sono appunto da mettersi tra le cose vistose, ma del momento: esse segnalano brutalmente, ora con una sparatoria, ora con una minaccia, ora con uno scoperto giuoco diplomatico . altre vicende più sottili e sconosciute. C'è un lato inafferrabile della psicologia egiziana, così come si rivela nelle mosse del suo dittatore. Mi sono sentito dire, da un suo compatriota che lo conosce bene: <.Egii non ha giocato la carta russa, ma ha giocato la carta russa contro quella anglo-francese ». E da un altro, che già guardava nel futuro: <Non mi sorprenderei che si riavvicinasse, prima commercialmente e poi diplomaticamente, all'Inghilterra per giocare la carta inglese contro quella americana ». Oggi sembra affermazione avventata, ma non lo è: la riprova sta nel fatto che mentre Commissioni tecniche egiziane ed inglesi si riuniscono a Ginevra per allacciare rapporti d'affari, ,l signor Ahmed Abboud va in America, dopo di aver preso accordi con Nasser, per la stessa ragione. Agli italiani il nome di Ahmed Abboud dice poco o, forse, nulla; ma in Egitto ha sull'istante un'eco precisa. Di Abboud si può dire che è stato il cittadino più « nazionalizzato». Possedeva raffinerie dt petrolio, una società di navigazione, cinque zuccherifici e gran parte di queste aziende, che costituivano una roccaforte economica privata, è stata smantellata dal nuovo ordine rivoluzionario: eppure proprio lui, d'accordo con Nasser, va a Nuova York per concludere affari con gli americani. Gli amici che vi forniscono simili notizie, contenti per un attimo di sconcertarvi, sono poi pronti a dtmen ticarle per spingervi su _. . binari. Non è d> certo attraverso questi spiragli sulla vita egiziana che si può vedere quel che succede nel suo intimo ed a quale trasformazione è sottoposta. Faccio visita, per esempio, ad una famiglia un tempo proprietaria di terre e, da quel che osservo, devo dire che nulla è cambiato: i suoi membri vivono come cinque anni fa, con le stesse abitudini, lo stesso tono. Ma se vi succede d'andare in visita alla direzione d'una fabbrica, o a parlare con qualche direttore di banca, o se vi informate per sapere del tale o del tal'altro, che una volta avete conosciuto corno consigliere di qualche amministrazione, allora avrete grosse meraviglie: qui tutto è cambiato. < Bene — vi sentirete dire — da simili piccole osservazioni potrete capire che cosa è capitato in Egitto ». . Non bisogna lasciarsi fuorviare vedendo che vecchi finanzieri sul tipo di Ahmed Abboud vengono riadoperati dal nuovo regime o se la vita d'una famiglia un tempo latifondista, almeno osservata dall'esterno, non e mutata. I cambiamenti ci sono stati e la rivoluzione, o quel che qua si chiama tale, ha mosso te acque di una vita che da secoli si era stratificata in caste molto precise. Punto di partenza, anzi fulcro dell'unica vera azione rivoluzionaria è stata la Riforma agraria, suggerita da motivi in parte davvero sociali ed in parte demagogici, come sempre succede e che ha dato una va- ga intonazione socialista alla « filosofia » di Nasser. Questa riforma, limitando a duecento feddan (So ettari) la quota massima della proprietà, ha mandato all'aria quel che, in termini nostri, si poteva chiamare grassa e retriva classe terriera; tanto all'aria che si è anche pensato di annullare i titoli di pascià e di bey. In quanto ad un'altra novità rivoluzionaria, è possibile trovare la sua origine in una legge curiosa, che forzatamente schematizzo per renderla più evidente. Questa legge, che ridico curiosa, fa obbligo a tutti i .dirigenti, amministratori, consiglieri, che abbiano superato il sessantesimo anno d'età di ritirarsi, d'andare a riposo. Naturale cho siano contemplate varie eccezioni, ma il fatto non cambia ed è quello che è: un regime, qualunque esso sia, deve sempre trovare migliaia di poltrone per i suoi fedeli, per i sostenitori, insomma per t giovani. Se domandate chi sono costoro, vi rispondono: « Ma sono i militari, i capitani, i maggiori, i colonnelli ». In tutto ciò non bisogna vedere l'intento unico di favorire i seguaci del nuovo ordine e garantirsi cosi molte fedeltà interessate; ma c'era, e ancora c'è il desiderio di far nascere una classe di industriali, di finanzieri, di amministratori e per di più fresca, senza legami con ti passato. Se la rivoluzione, vagamente sindacalista, vagamente sinistrorsa, e in sostanza nazionalista, ha raggiunto qualche risultato, soltanto qua è visibile; nel resto tutto appare più oscuro e contraddittorio. Un pomeriggio, parlando con alcuni egiziani, dissi che mi avevano proposto di visitare le zone agricole di Ras Matarna e nella nuova provincia di Tahrir. Sorridevano diffidenti: « Belle cose, ma sperimentali — dicevano — e costosissime. Tecnici americani hanno costruito fattorie modello, i raccomandati sono diventati contadini di lusso. Andate piuttosto in un qualsiasi villaggio per vedere i risultati reali d'una riforma giusta in teoria e molto incerta nella pratica ». E' un'esperienza che bisogna faro ed ho compreso dopo che cosa contiene di positivo 0 di negativo. Il sogno del gruppo d'ufficiali, che costrinse Faruk a partire, era all'inizio molto informe e lo è stato sino al giorno in cui fu decisa la Riforma agraria. Da essa tutti si ripromettevano molte cose: e cioè, non soltanto di rompere il cerchio delle trecento famiglie che dominavano la vita egiziana con i prodotti della terra (cotone, cipolle, canna da zucchero), ma anche di creare una nuova classe sociale, quella dei piccoli proprietari terrieri. Essa doveva servire ad articolare meglio la vita della nazione e doveva costituire una « base » per il regime. Infine questo sogno aveva, per così dire, un codicillo: far trasferire dal settore agricolo a quello industriale il danaro dei latifondisti espropriati. Guardando questo quadro d'insieme bisogna riconoscere che t sogni non erano sciocchi; ma anche si deve aggiungere che a contatto con la realtà hanno patito colpi duri. Mi è capitato di rivisitare, m questo viaggio, qualche piccolo paese: è difficile darne presto l'immagine perché spesso, anche se numeroso d'abitanti, il paese egiziano appare ai nostri occhi soltanto come un agglomerato di casette fatte con terra secca Al primo sguardo la vita risultava quella d'un tempo, la miseria e la limitazione dei bisogni quelle di sempre, la fatica non di certo fotta meno penosa per la presenza di macchine e di nuovi utensiti. Eppure, dopo migliata d'anni di stasi, per cui si diceva che da secoli ti fellah, il contadino egiziano, non mutava un pensiero ed una abitudine, qualche cosa di nuovo è capitato. Qualcuno ha avuto un po' di terra; è diventato proprietario. Ma quando chiedete se, dunque, la nuova classe sociale de» piccoit proprietari abbia già fisionomia, sempre vi rispondono che è troppo presto e che poi bisognava condurre J'innouazione con maggiore coraggio. Per un motivo 0 per un uitro molti adesso brontolano. Certuni dicono che la riforma escludendo i betti Wakfs (quelli religioso è stata troppo limitata e che l'assegnazione dì cinque feddan (2 ettari) per ognt famiglia è stata misera. Chi ha avuto la terra, da pagarsi in trent'anni, si lamenta che è poca, che non basta per viverci sopra; chi non l'ha avuta si lamenta per l'esclusione. D'altro canto chi è stato espropriato, e che doveva essere rimborsato in trent'anni mediante una specie di Buoni del Tesoro, non negoziabili, col reddito del 3 per cento, mormora scontento perché non gli si paga l'interesse. Ma scardinato il vecchio capitalismo agrario, non si è riusciti a formare quello nuovo e industriale, com'era net sogni. E fatti sorgere i nuovi piccoli proprietari, non si è rtuscitt a farli diventare autonomi, e già da tempo si ricorre alla formazione delle cooperative. Vecchia storta: è stato cosi in Cina, è così in Egitto. Anche dette alla svelta, come informazione generale, queste notizie fanno però capire che nella vita egiziana qualche cosa è stato messo in moto. Il dittatore Nasser può passare 0 rimanere risolvendo le difficoltà con compromessi forse oggi ritenuti impensabili; ma ciò non toglie che ti fermento nel Medio Oriente (se non si considera Israele, d'altronde non arabo) è di origine egiziana ed ha carattere di nuova sistemaztone sociale. Qua dunque è l'epicentro; quel che succede in Giordania o nella Siria o nell'Arabia Saudita è soltanto un contraccolpo. Enrico Emanuelli