Il vagabondo delle Fiandre

Il vagabondo delle Fiandre Il vagabondo delle Fiandre Damme, maggio. < Siamo in maggio, a Damme. E « a Damme, in Fiandra, quando maggio faceva schiudere i fiori dei biancospini, nacque Ulenspiegel, figlio di Clacs»: cosi, nella traduzione italiana di G. Pennino (ed. Sansohi) comincia il libro famoso di Carlo De Coster, l'Omero, l'Ariosto, il Rabelais, il Cervantes fiammingo, come venne chiamato. Ma il maggio, per il folleggiante Thyl, non sarà soltanto il mese dei biancospini; sarà il mese delle forche e dei roghi, quando i « buoni piccoli inquisitori » avanzano al canto dei fringuelli, pronti a impiccare e bruciare eretici ad ogni svoltar di strada. Tutto il libro è un miscuglio di fresca poesia e di storia truculenta, di leggenda e di realtà, come in un vastissimo coro nel quale si potrebbero di volta in volta riconoscere le voci maschie di Bertoldo, di Gargantua, di Don Chisciotte, di Sancho, di Candido, e quelle femminili di Angelica o di Armida. Ma gli atteggiamenti dei coristi e lo scenario ricorderebbero ora Bruegel ora Bosch, in un trascorrere rapido, continuo, dal gioviale al diabolico, dal mostruoso al grottesco! A questa mancanza di tessitura unitaria fanno riscontro una fantasia sempre eccitata, uno scapricciarsi del linguaggio tra l'aulico, il patetico, e il popolaresco, una grazia di accenti quasi puerile, un'esuberanza sensuale morbida e carnosa, e infine una forza caricaturale non comune; sicché, pur non considerando l'Ulenspiegel un poema epico vero e proprio, possiamo ben ritenerlo come il ritratto più vivo del paese di Fiandra: così gentile, quasi evanescente nell'aspetto esteriore, e così robusto, ridanciano, sconcertante per il carattere dei suoi abitanti. La vicenda è nota: Thyl Ulenspiegel, ragazzo tanto spa valdo quanto cordiale, si vede bruciar vivo il buon padre Clacs, ingiustamente accusato di empietà dagli sgherri di Filippo II; e allora muta la propria esistenza in quella di un alacre orditore di congiure ai danni degli spagnoli e dei clericali. Dopo cen to e cento strabilianti avventure, tra malizie d'amore e patriottiche ribalderie, sempre a fianco del grasso mangione e beone Lammc Gocdzak, egli sposerà la sua fedele Nele e intonerà un canto di gioia per la liberazio ne delle Fiandre. Nel lungo' rac conto, l'autore non si cura affatto di nascondere la propria parzialità: Filippo II vi è dipinto come un tetro masochista nutrito di funghi velenosi : « Dete stando ogni viso allegro, aveva preso in odio i nostri paesi per la loro gaiezza, in odio i nostri mercanti per il loro lusso e la loro ricchezza, in odio la nostra nobiltà per il suo franco linguaggio, le sue schiette maniere, la foga sanguigna della sua animosa giovialità ». Lo stesso Papa è accusato di aver favorito i più crudeli massacri di luterani e calvinisti; e da molte, da troppe pagine si alzano rantoli di agonizzanti e urla di torturati. Né basta, quando De Coster è costretto a riconoscere che anche i Riformati si abbandonavano a qualche eccesso, saccheggiando, incendiando, accoppando, si affretta a soggiungere che la causa era sempre da ricercarsi nell'opera subdola dei provocatori. Tale atteggiamento rese alquanto sospetta un'opera che, pubblicata verso il 1870, doveva nullo stesso Belgio aspettare la morte del suo autore per venir riconosciuta, pur attraverso quel fanatismo ispiratore, come un autentico capolavoro e, più tardi, addirittura come la « Bibbia del popolo fiammingo ». Messa da parte ogni faziosità, oggi l'Ulenspiegel attrae per le sue doti artistiche e per un significato morale che sovrasta ogni particolare contesa. Possiamo ben dire, trovandoci qui sul posto, che nessuna penna più commossa e più delicata poteva accompagnarci: «Dal calmo mare non veniva un alito di vento... »; e infatti anche gli antichi mulini erano immobili; « appena stormivano gli alberi del canale di Damme... »; e se il cielo non era « azzurro, ardente, profondo » come lo aveva visto De Coster, appariva tuttavia sopra di noi altissimo e sereno, appena turbato di quando in quando da nuvole bianche e leggere. Ritrovammo le belle fattorie sui prati verdissimi chiusi in lontananza dalle dighe, l'acqua che correva limpida fra i campi, in quell'odore misto di terra umida e di laguna che domina in tutti i Paesi Bassi. Ovunque regnava una pace umile; e pensando quanto sangue e quanto dolore era costata, capimmo quale fosse il vero significato del libro: una difesa strenua, appassionata-, estremamente sincera del diritto umano alla gioia. Un diritto, si direbbe, oggi quasi dimenticato: il diritto di cantare, di ridere, di ballare, e anche di goder la viti per tutto quanto può offrire di gradevole, dal buon cibo succulento all'amore, dalla kermesse all'osteria, e la birra scura, i tordi allo spiedo, i cosciotti arrostiti, le belle comari dalle braccia bianche e morbide, le burle dei compagnoni, le lunghe cantate per le strade al chiaror della luna, i vasti letti dove buttarsi nell'estrema felicità del sonno: la gioia, il funro nelle vene, contro la tetraggine -'.egli inquisitori, dei predicatori, dei despoti. Noi seguiamo Ulenspiegel, sempre pronto ad afferrare ogni occasione di godimento, su queste strade fiorite, verso Gand, verso Bruges, ad Anversa, a Liegi, a Bruxelles, o in riva al mare, o lungo la Schclda o la Mosa, dove egli portava col sale del buonumore l'aceto dell'odio contro gli oppressori. Sempre le ragazze gli a^iisnno le braccia, gli osti gli faranno credito, i curati lo malediranno, gli sbirri lo inseguiranno; e sempre riprenderà il suo viaggio, cantando, verseggiando, dipingendo, scolpendo, artista libero e sfrontato a dispetto di tutti gli ipocriti e misogini e misantropi dell'universo. Il diritto alla gioia: le Fiandre lo hanno conquistato e riperduto più volte; altre oppressioni, anche recenti, e altri sgherri sono venuti; ma chissà se un altro Ulenspiegel avrà cantato : « Leyda è liberata e il duca di sangue lascia i Paesi Bassi! — •Suonate, rintoccate campane! — Cariglioni, lanciate nell'aria le vostre canzoni; — tin.tinnate, bicchieri e bottiglie! ». Forse no; perché la gente, qui come ovunque, non mette più la gioia tra i propri diritti. La gente è stanca; e come per una malvagità della sorte, quando si ritrova tra le braccia la libertà la contempla con impaccio, quasi fosse una Cassandra dolente e grave, e non un'ispiratrice di spensierate allegrie. Le strade dì Ulenspiegel sono' ora percorse da grandi macchine che corrono, corrono, s'inseguono, si sorpassano ^febbrilmente, e se talvolta si fermano davanti a una trattoria dall'insegna simile a quella di tre secoli or sono, è soltanto per scaricarvi frotte di turisti che, tra un piatto e l'altro, scrivono le loro cartoline o s'interrogano trepidanti sull'ora di ripartire. E chi oserebbe mai abbracciare l'ostessa, che oggi non ride di cuore ma sempre sorride e tutto aridamente conteggia e sorveglia? Chi vorrebbe vuotar boccali e mettersi a (iiiiHiiMiliiiìiiiiiiiMiliiiiiiiuiiiiiiiiniHiiiiiiiii cantare, quando l'Esercito della Salvezza è alle porre' Non ci sono più ohneospini, a Damme: un distributore di benzina deve averli tutti divorati. Il maggio passa con poca gloria, nessun poeta lo elogia senza, nel contempo, esaltare la propria desolazione, la propria solitudine. Il giornale ci assicura che anche oggi pioverà; e quando scende la sera il rombo degli aeroplani fa tacere sugli alberi gli assioli. Per gli spiriti di Thyl, di Lamme e di Nele, che alcuni credono di sentir ragare fra queste praterie, il balsamo delle risate diventa sempre più raro. <t II sole, chiaro al mattino come la giovinezza, incanutì come un vecchio » : era nata la libertà al canto degli uomini coraggiosi, e anch'essa cantava, danzava; ora s'è fatta triste, taciturna. La follia di Ulenspiegel, sembra, è soltanto la salvezza di un tempo crudele. G. B. Angioletti

Luoghi citati: Anversa, Belgio, Bruxelles, Paesi Bassi