L'on. Dante Gorreri: "Mai visto il tesoro di Dongo,, Pietro Terzi: "Decidemmo di consegnarlo al PCI,, di Giovanni Giovannini

L'on. Dante Gorreri: "Mai visto il tesoro di Dongo,, Pietro Terzi: "Decidemmo di consegnarlo al PCI,, Parlano e si contraddicono i maggiori imputati dei processo L'on. Dante Gorreri: "Mai visto il tesoro di Dongo,, Pietro Terzi: "Decidemmo di consegnarlo al PCI,, Per alcuni le favolose ricchezze dovevano essere affidate in modo definitivo; per altri, come il partigiano «Neri; poi assassinato, solo temporaneamente - La storia di uno scrigno colmo di 4 o 5 chili di valute pregiate - Pietro Vergani ammette che la lotta partigiana fa finanziata dal CLN ma che il partito comunista provvedeva almeno in parte alle sue formazioni - La vedova del ministro Zerbino e altri parenti dei gerarchi fucilati negano che i loro congiunti disponessero di valori personali (Dal nostro inviato speciale) Padova, 2 maggio. Dopo la cattura del gerarchi fascisti e delle loro ricchezze, avvenuta nella mattinata del 27 aprile 1945> un fiume d'oro parve, nel giro di poche ore, straripare fra Musso e Dongo, dividersi in mille rivoletti. Uno del più cospicui fu forse quello che con la vedova del ministro repubblichino Romano, giunse fino alla frontiera svizzera oltre Chlavenna e del quale" provvide a procurarsi una parte da leone l'ispettore garibaldino Rosi, prima di ritirarsi all'estero nel più assoluto incognito; ma altri infiniti svanirono in tutte le direzioni, lasciando tracce nel posti più impensati, in fondo al lago di Como (tanto che quando l'inventore Vassena faceva 1 suoi esperimenti di immersione si disse che in realtà stava anche lui cercando l'oro),- in innumerevoli borse, vallge, armadi e persino cassette di medicinali. Di tutti questi rivoletti si è occupata, nei giorni scorsi, la Corte d'Assise di Padova attraverso l'interrogatorio di personaggi minori ai quali si muove l'imputazione di essersi appropriati di qualche oggetto più o meno prezioso, di qualche più o meno sottile pacco di biglietti da mille. Stamattina si è arrivati all'esame della vicenda principale dell'oro di Dongo, del tesoro vero e proprio che in massima parte i partigiani erano riusciti — sottraendolo a private iniziative — ad ammassare nella sala del Comune. Che la stanza desse una impressione da mille e unanotte è accertato attraverso le deposizioni di numerosi testi, che, davanti al giudice istruttore, hanno parlato d'oro e di gioielli, di banconote e di pellicce: 11 difficile è arrivare ad una valutazione anche soltanto approssimativa del tesoro. Tra l'altro, secondo le dichiarazioni del danneggiato doveva trovarsi anche la somma (109 milioni) versata a Mussolini come compenso per la cessione dell'azienda tipografica del « Popolo d'Italia >. Com'è noto, ai era detto che tale cifra era stata pagata dal conte Cella di Milano, il quale si era costituito P.C. Si precisa invece, che nel processo in corso si è costituito P.C. 11 signor Giancarlo Cella di Milano, lo stesso che acquistò la tipografia, che non ha rapporti né di parentela, né di altro genere con 11 conte Franco Cella, notissima personalità milanese. Meno di 24 ore dopo la cattura del tesoro, i partigiani si accinsero ad un inventario. In principio erano in molti ad occuparsi diligentemente dei preziosi, poi ci si accorse che era sparita una valigia e si pensò bene di restringere il numero degli scrutatori a pochi esponenti: Pietro Terzi «Francesco!, commissario politico di zona giunto appositamente a Dongo, Bellini delle Stelle < Pedro >, comandante la brigata garibaldina, il suo commissario politico Michele Moretti « Gatti >, il suo capo di stato maggiore Luigi Canali « Neri >, la staffetta Giuseppina Tuissi < Gianna ». Furono loro a stendere l'inventarlo che fu battuto a macchina in diverse copie dalla dattilografa del comune Bianca Bosisio. Questo documento, a lungo e inutilmente ricercato dalle autorità Inquirenti, venne presentato dagli attuali imputati solo all'ultimo momento, prima dell'emanazione della sentenza di rinvio a giudizio. Nell'inventario il tesoro si riduceva a modeste proporzioni: 76 mila franchi svizzeri, 99 sterline, 72 mila lire in assegni, 1 milione e 357 mila lire, una penna, una medaglietta, una catenina d'oro. Tanto modeste che 11 giudice Istruttore lo definì: « Sicuramente e gravemente manchevole >. Ora, scomparsi il < Neri » e la < Gianna >, prosciolto da que¬ sta particolare imputazione il « Gatti » e In attesa di sentire come uno del testi più importanti « Pedro », non resta sul banco degli accusati, fra coloro che assistettero all'inventarlo, che Pietro Terzi « Francesco >, il quale era del resto 11 principale incaricato e responsabile dell'operazione. Il Terzi, prosciolto in istruttoria dalla imputazione di concorso nell'omicidio della e Gianna >, si presenta con grande disinvoltura e parla sciolto, Intercalando frequenti risatine come a sottolineare la inconfutabile evidenza delle sue asserzioni, ma proprio per la troppa sicurezza offre più d'una volta il fianco alle puntate del presidente Zen. Comincia col dire che lui personalmente non ha preso parto all'Inventario. Presidente — Eppure in calce ai documenti c'è anche la sua firma. Tersi — Firmai perché firmavano tutti. Presidente — Ma se è stato nella sala tutto il tempo qualcosa avrà visto. Terzi — Niente di particolare. Mi ricordo che le valige disponibili non bastavano e che si dovette cercarne delle altre e dovemmo mandare a prendere uno scrigno per le cose più preziose. Presidente — Per esempio? Terzi — Non saprei... C'era una collana.... Presidente — Ecco una col lana che non risulta dall'inventario esibito: e così orologi, oggetti d'oro. insieme all'inventario, 1 pre senti nella sala del comune di Dongo firmarono un altro do cumento in cui si stabiliva di c affidare > il tesoro al partito comunista che aveva finanziato la lotta partigiana In seguito Bellini delle Stelle « Pedro > (e, secondo lui, anche il « Neri >) sostenne che * affidare > significava semplicemente dare in deposito temporaneo; il Terzi, invece, ha ripetuto oggi che tutti unanimemente avevano inteso la espressione nel senso di consegnare definitivamente. Presidente — Lei parla ora di decisione unanime dei presenti, mentre in istruttoria aveva accennato ad ttna discussione. Terzi — Una discussione molto relativa. Presidente — E sempre In istruttoria lei aveva detto della Intenzione di consegnare il tesoro metà al partito comu nista e metà al C.L.N. . Terzi: (con una risatina) Più o meno era la stessa cosa Presidente — Veniamo al trasporto dei valori da Dongo alla federazione comunista di Como. E' vero che qualcuno prop<»se di affidare 11 compito a del partigiani da far fuori a metà strada? Terzi: (tranquillo, come se gli si fosse prospettata la più innocente delle ipotesi). — No, signor Presidente. Di questo non ho sentito parlare. Presidente — Lei ha assisti to all'inventario e ha presieduto al trasporto del tesoro; eppure al giudice istruttore disse di essere salito sulla macchina guidata da Carlo Maderna insieme alla « Gianna > come semplice passegge ro e ignorando cosa contenessero le famose valige. Quale versione è vera? Terzi — L'attuale. Presidente — Quindi ammette di avere deposto il falso. L'autista Maderna, che purtroppo è ammalato e solo domani spera di essere a Padova, riferì di avere sentito il Terzi e la « Gianna » parlare durante il viaggio delle im mense ricchezze che stavano trasportando. L'imputato ammette che la cosa è vera, ma che lui e la staffetta faceva no quei discorsi soltanto, per impressionare l'autista e indurlo ad andare plano. Presidente — Veniamo alla consegna delle vallee e dello scrigno alla federazione comunista: chi fu a riceverli? Terzi — Non lo so, signor Presidente. Furono il Maderna ad andare su con le valige e la < Gianna > con lo «scrigno rosso; io rimasi sotto e non vidi nessuno. Secondo la deposizione del Maderna, a prendere in consegna il tesoro fu personalmente il Gorreri. Ecco quindi a rispondere alle ucmande del Presidente su questo punto specifico il deputato comunista: piccolo distinto, grigio di capelli e d'abito, Dante Gorreri tocca il microfono per accertarsi che funzioni col gesto tipico del comiziante prima di cominciare un discorso dal tono patetico. Ricorda di avere fatto la prima guerra mondiale e di avere sofferto dieci anni di confino per antifascismo e ben quattro anni e mezzo di carcere nel corso, dell'istruttoria per questo processo : « Ma il popolo — dice a conclusione del suo esordio — mi ha mandato alla Camera con 93 mila voti ». Ciononostante — riprende dopo un attimo di sosta — è bene che questo processo si faccia una volta per sempre. Quanto al tesoro, egli non ne sa assolutamente niente: forse — non ricorda esattamente — in quei giorni era ancora in Svizzera, dove era fuggito In febbraio; presenta un documento dal quale risulta che il 27 aprile era ancora a Lugano; assunse la carica di federale a Como solo il primo maggio. Gorreri — Comunque, non sto cercando un alibi per il 29 aprile, giorno in cui mi sarebbero stati consegnati valige e scrigni che invece non vidi mai. Presidente — Possibile che nessuno le riferisse subito e che lei non fosse informato d'un movimento così ingente? Gorreri — Avevamo altro da fare in quei giorni, avevamo da ricostruire un Paese. Presidente — Quindi lei non sa assolutamente niente delle valige portate dal Maderna e dello scrigno (lo « scrigno rosso >) della < Gianna >; sa qualcosa in particolare di un pacchetto di 15 mila franchi svizzeri ohe un valigiaio comunista di Como, Remo Mentasti, dichiara di avere ricevuto in quei giorni dalla « Gianna » e di avere consegnato personalmente a lei? Gorreri — Assolutamente niente, 11 avrà incassati l'amministratore della federazione Cerruti. Si chiama a deporre il Mentasti che prima insiste nella sua versione, poi sostiene di averli consegnati a tutt'e due, Gorreri e Cerruti. Ha comunque un foglio con la firma di Cerruti «per ricevuta:» e la sigla « G > per « conoscenza >, che aveva depositato presso un notalo. Procuratore Generale — Perché addirittura presso un notaio? . Stentasti — Insieme ad altre carte.. Sà, erano tempi curiosi. Il Mentasti era stato accusato di avere consegnato a Maria Jelmini — allora fidanzata e poi moglie del Gorreri — uno scrigno di preziosi (l'ennesimo, ma non ancora l'ultimo di questa storia) e molta « biancheria finissima >, presumibilmente di Claretta Potacci. Per la biancheria l'imputazione è stata mantenuta nelle conclusioni istruttorie: il Mentasti nega, Maria Jelmini non è in aula, Gorreri, interrogato su un orologio d'oro che avrebbe ricevuto dalla < Gianna », si limita ad un gesto secco di diniego. Con l'interrogatorio dell'imputato Luigi Venetozzi torna di scena uno scrigno, anche questo pieno di preziosi, anche questo portato da Dongo alla federazione comunista di Como a cura della solita zelantissima « Gianna >. (La difesa cercherà di dimostrare che si tratta dello stesso cofanetto portato dal Maderna e dal Terzi il 29 aprile). Dalle mani della « Gianna > lo ricevette certo Giovanni Aglletto, reggente la federazione prima del rientro in carica del Gorreri: messolo in cassaforte, egli lo consegnò nello stesso giorno (quale?) a Luigi Venetozzi, Ispettore del comando regionale garibaldino, il quale ha sostenuto oggi di averlo a sua volta passato (ma manca qualsiasi ricevuta: «A quei tempi, hanno ripetuto diversi imputati —, non si usava di mettere nero su bianco, poteva essere pericoloso >) a certo Pastori, del C.L.N. milanese. Presidente — Cosa c'era nello scrigno? Venetozzi — Era di legno, pesava quattro o cinque chili, era lungo circa trentatré centimetri, largo e alto venti. Presidente — Va bene, ma cosa c'era dentro? Venetozzi — Io non controllai, diedi solo un'occhiata e vidi franchi svizzeri, pesetas, banconote. Presidente — C'erano del gioielli? Venetozzi — No. Presidente — Come fa a saperlo, se ha dato solo una occhiata? Venetozzi (un po' incerto) — Li avrei viBti. Il Presidente e il Procuratore Generale insistono, ma l'imputato si trincera sulla negativa e sui non ricordo. Dagli scrigni favolosi si passa ad un semplice orologio che sarebbe stato della Petacci e che Luigi Corbetta (colui che, secondo quanto ha deposto ieri l'altro, avrebbe avuto lunghi colloqui politici con Mussolini mentre vegliava sulle sue ultime ore) avrebbe preso e donato alla moglie. Carmen Corbetta Casartellì viene a negare tutto, anche di avere mai posseduto un orologio qualsiasi: deve trattarsi — dice — di spiate di gente invidiosa. Per cercare di seguire un certo filo cronologico nell'arruffarsi delle domande, delle risposte, delle contestazioni, abbiamo stralciato dall'interro gatorio del Terzi una parte che si riferiva a fatti precedenti a quelli in esame. All'affermazione di questo imputato che il tesoro del municipio di Dongo doveva andare al partito comunista perché questo aveva finanziato la lotta, il Presiden te ha replicato chiedendo qualche delucidazione in merito. L'imputato ha detto che lui ad esempio, aveva ricevuto i fondi all'inizio dal Gorreri e alla fine dal Vergani; poi si è un po' confuso ed ha precisato che dal primo soldi non ne aveva mai avuti. Al dottor Zen pe rò, interessa soprattutto avere un'idea dell'entità delle cifre spese, ma Terzi si dichiara incapace di fornire qualsiasi indicazione anche estremamente approssimativa e davanti alle insistenti domande del Presidente continua a ripetere di non essere in grado di rispondere. Dal suo banco il difensore avv. Degli Occhi lo incoraggia con impazienti brontolìi. Presidente — Avvocato, in INIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIItlIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII questo modo non riusciremo a fare il processo, Avv. Degli Occhi — Perfettamente d'accordo: è un processo che non si sarebbe dovu to fare A fornire elementi viene chla- mato il Vergani che è imputato, come è noto, di concorso in omicidio sia di « Neri > che di « Gianna >, che nella sua qualità di ex-comandante della brigata garibaldina Lombardia, deve essere più al corrente in tema di finanziamenti della guerra partigiana. L'inizio lascia sperare bene, perché l'imputato, disinvolto ma con aria professorale, comincia spiegando che tre erano le fonti: quelle fornite dal C-L.N.; quelle autoprocuratesi dalle formazioni; quelle, infine, assicurate ai propri combattenti dal P.C., soprattutto attraverso le centinaia di migliaia di cartelle del <_ Prestito partigiano >. Purtroppo l'intéressante esposizione si tronca di colpo. Alla rinnovata richiesta del Presidente, anche il Vergani dichiara di non avere la minima idea delle cifre versate per alimentare la lotta. Ha chiuso l'udienza la triste sfilata di alcuni familiari del fucilati a Dongo. Costantino Romano, figlio del ministro repubblichino dei DL. PP., si tro- Ullllllllltllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllltl a vava quindicenne nella colonna; afferma che il padre aveva con sé poco o niente (ma la madre è quella signora Mittag Rose che riuscì ad arrivare alla frontiera svizzera con un vero tesoro, c fu respinta dalle autorità elvetiche). Un partigiano, al momento della cattura, prese a Costantino Romano il portafoglio con 50 mila lire, ma un comandante glielo fece subito restituire. Con voce commossa la vedova del ministro Zerbino depone che suo marito alla partenza da Como aveva con sé molta roba personale ma non valori, « almeno come dottor Zerbino ». Presidente — E come « ministro Zerbino»? Signora Zerbino — Nemmeno, a quanto mi risulta. Daquanno, direttore della Stefani, anch'egli fucilato a Dongo, aveva invece con sé — secondo quanto dichiarano la vedova e. li figlio — mezzo milione in Buoni del tesoro. La vedova del generale della Mi lizia Utimpergher, si limita t pronunciare tre parole: « Non aveva niente». Anche la signora Llverani ritiene che suo marito, ministro delle Comunicazioni, non aveva niente o pochissimo: dichiara di non avere mai saputo nulla della storia di due valige che, su richiesta del Liverani, l'imputato Beltrami avrebbe nascosto, — come già abbiamo narrato — in un negozio di Dongo insieme a un pacco di franchi svizzeri senza poi riuscire a ritrovarle. H fratello del ministro Ciro conferma pe- - ro' che " Beltrami ebbe a suo o e a lrti ra ne ; e iti rdi ate o. el ni ir e l o - tempo a informarlo della cosa. L'assenza di Carlo Maderna ha impedito che si concludesse entro oggi l'interrogatorio degli imputati per fatti attinenti al traffico del tesoro: il suo arrivo è importante in quanto si tratta del principale accusatore del Gorreri al quale — secondo la sua deposizione — sarebbero Btate personalmente consegnate nella federazione comunista di Como le valige e lo-< scrigno rosso» con 1 pezzi più preziosi. Ad ogni modo già domani la parola passerà agli imputati per gli omicidi di < Neri », di < Gianna », di Anna Maria ElanchI; il Gorreri e il Vergani come mandanti, Bernasconi (detenuto) e Negri (se verrà) come esecutori (di altri due supposti «giustizieri», Gambaruto e Pasquali, si è persa da tempo ogni traccia). La Corte di Assise di Milano ha assolto Dionisio Gambaruto dall'accusa di aver ucciso j-ll giornalista Franco De Agazio, con formula ampia, cioè per non aver commesso il fatto. Giovanni Giovannini tllllltllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll m fi l* vedove Zerbino e Llverani prima del processo. (Telef.)