Trovata morente la domestica che assassinò la sua padrona di Carlo Moriondo

Trovata morente la domestica che assassinò la sua padrona Fuggita da Milano per avvelenarsi in una loeanda di Livorno Ferraris Trovata morente la domestica che assassinò la sua padrona Ila ingerito una forte dose di sonnifero - Accanto a sé nel letto teneva una statuetta di Sant'Antonio - Riconosciuta dai carabinieri attraverso una foto pubblicata dai giornali (Dal nostro inviato speciale) Vercelli, 27 aprile. La domestica Ines Morirti è all'ospedale di Vercelli fra la vita e la morte. La donna ohe uccise la padrona, {'ottantunenne' Irina Loevi Cimadori, crivellandola con una ventina di coltellate, si è avvelenata ieri in un piccolo albergo di Livorno Ferraris con una dose di barbiturici pari ad almeno quaranta vòlte quella che si può prendere come sonnifero. E' stata scoperta soltanto questa mattina dalla padrona del locale, quando già era troppo tardi per intervenire in modo risolutivo: ora Id salvezza della donna è affidata più che alle cure (poiché già il veleno è entrato irrimediabilmente in circolazione) alla robustezza della sua fibra. Date le sue condizioni, non è stato possibile interrogarla. Il mistero più fitto avvolge quindi ìe sue azioni dopo il delitto, fino al momento in cui giunse a Livorno Ferraris per chiedere riposo al letto di una locanda. È' presumibile che abbia girovagato per Milano tutta la notte fra giovedì e venerdì, come sospinta dalle urla della povera padrona massacrata; poi, quando venne l'alba, salì su un treno. Non si spiega perché abbia scelto proprio la linea MilanoTorino; a qualcuno aveva bensì detto che nei dintorni di Novara vivevano suoi lontani parenti, ma il fatto non è accertato. Erano quasi le- undici di ieri mattina, quando la signora Ippolita Vicentini, di SS anni, proprietaria della locanda < Tre colombe », in via Martiri, della Libertà 52 a Livorno Ferraris, se la vide davanti nell'ampia stanza al pianterreno, che serve anche da bar. I giornali non parlavano ancora del delitto, nessuno avrebbe potuto sospettare che quella donna fosse un'assassina. Vestiva un soprabito grigio, sotto il quale si intravedevano una camicetta pure grigia ed una sottana nera; stringeva sotto braccio una borsa di pelle scura. Era molto calma; la signora Vicentini, anzi, la qualifica <pàsia>: una parola piemontese difficile da tradurre, che ha sfumature di tranquilla, mansueta rassegnazione. La donna — non alta, quadrata di spalle e di volto, con una fitta- chioma corvina probabilmente tinta perché, nonostante i quarantatre anni, non mostra un filo grigio — disse di essere molto stanca: c'era una stanza che non costasse molto? La stanza c'era, certamente: al primo piano, con un letto da una piazza e mezzo, e costava soltanto trecento lire per notte. Disse che andava proprio bene, pagò una notte in anticipo, presentò la carta d'identità; richiesta di dove venisse, rispose che giungeva da Rimini. Poi si fece accompagnare di sopra. La camera dove l'assassina si è avvelenata è tipica di tanti locali piemontesi di terz'ordine: lo pareti imbiancate a calce, il pavimento di mattonelle rosse, la brocca ed il catino, il monumentale letto in ferro con quattro luccicanti pomi d'ottone agli angoli. Un'atmosfera che sa di pulito, ma non certo di benessere, tanto meno di intimità. Qui la Morini si chiuse per un'oretta; poco dopo mezzogiorno era di nuovo di sotto, dalla padrona: « Non riesco proprio a prendere sonno, devo avere qualche cosa di pesante sullo stomaco... P,uò darmi un calmante un po' forte? ». La signora Vicentini (ancora adesso rabbrividisce quando pensa di aver parlato con una assassina) la consigliò di rivolgersi ad un farmacista. E così quella fece: pochi minuti dopo era di ritorno, dicendo che aveva trovato un rimedio che andava bene, pregò la signora di non svegliarla per alcun motivo e salì di sopra. Per tutto il pomeriggio non si fece più vedere; verso le otto la proprietaria salì per chiederle se desiderava la cena e la vide immersa in un sonno profondissimo. Secondo le disposizioni ricevute, si guardò bene dal destarla. Soltanto questa mattina poco prima delle "ove, non udendola muoversi, andò di nuovo a bussare alla sua porta: ed ancora la donna non rispose. Entrò, la scosse ripetutamente. La Morini si era messa sotto le lenzuola, ma senza spogliarsi. Soltanto il cappotto era ripiegato sull'unica sedia sotto alla borsetta nera, e sul tavolino da notte c'erano due flaconcini vuoti su cui si leggeva « Sonnifero ». Spaventatissima, la Vicentini corso a chiamare i carabinieri, questi fecero intervenire il dottore. Fino a questo momento pareva di essere di fronte ad uno dei tanti casi di tentato suicidio, senza retroscena particolari. L'esame della borsetta non rivelò molto: c'erano sessantamila lire in denaro liquido, settecentomila in buoni fruttiferi, un libretto di preghiere, una statuetta di Sant'Antonio, una corona del rosario. Un'altra statuetta di Sant'Antonio se l'era messa accanto, sotto le coperte. Su consiglio elei medico, la Morini fu spedita all'ospedale di Vercelli in autoambulanza ed i carabinieri dì Livorno si apprestarono a redigere il verbale. Fu a questo punto che avvenne la sorpresa clamorosa. Sul tavolo dell'ufficio ora abbandonato un giornale, ripiegato proprio come per mettere in mostra la fotografia della sciagurata; l'occhio di un graduato corse a questa: non v'era dubbio, la fotografia, prima che le generalità, rivelò che la donna della locanda era la cameriera assassina, a cui in quel.momento la polizia di Milano e di tanti altri centri dava vanamente la caccia. Probabilmente la Morini aveva ingerito i barbiturici nel primo pomeriggio di ieri; ormai era passato un giorno intero. La lavatura gastrica era inutile, i sanitari hanno dovuto limitarsi ad iniezioni cardiotoniche e, ad attendere. La qcsncdszoplaIdgbdntzgcnpvstactcrs quantità assorbita dal sangue, ome abbiamo detto, è fortisima: circa quaranta volte una normale dose di sonnifero. E' pazza? Oppure ha agito on lucida coscienza per vendicarsi, come ella stessa ha critto, di essere stata liceniata? Impossibile dirlo, per ra. O forse anche per sempre, se la morte suggellerà le abbra dell'assassina. Carlo Moriondo La domestica omicida all'ospedale di Vercelli (Teletolo)

Persone citate: Ippolita Vicentini, Irina Loevi Cimadori, Morini, Vicentini