Infarto cardiaco e lesioni cerebrali di Angelo Viziano

Infarto cardiaco e lesioni cerebrali Importante convegno medico a Stretta Infarto cardiaco e lesioni cerebrali Talvolta i vasi sanguigni coronarici e del cervello sono colpiti contemporaneamente - Il fenomeno è spiegato dagli specialisti, ma non deve suscitare allarme (Dal nostro inviato speciale) Strega, 23 aprile. Molto tempo non è ancora passato da quando un nostro ministro è caduto vittima di un singolare morbo al Senato, dopo d'avervi voluto portare a stento a termine un lungo, impegnativo discorso, nonostante che già all'inizio fosse stato colpito da una afflizione ai precordi. < Infarto cardiaco > fu la prima indiscrezione diagnostica diffusa dai giornali della sera. Ma sull'onda della radio sembrò stridente la correzione in « colpo apopletico cerebrale >, suggerita da una paralisi e da altri fenomeni insorti poco prima della fine. Chi era nel vero? Un po' tutti, in quanto non fu certo soluzione di compromesso la diagnosi formulata nell'immediato consulto e che si lesse poi nei giornali del mattino: «sindrome associata coronaiico-cerebrale >. E' da un po' che ha fatto capolino l'inquadramento clinico di questo binomio associativo a delinquere; ma poiché fortunatamente esso non ricorre che assai raramente nella sua estrema gravità (il che va sottolineato per non incrementare ancor più la già eccessiva infarto-fobia), il caso del parlamentare avrà posto nella storia medica, come per altro verso il suo nome non è inobliato dal pubblico comune. Eccezionali i casi mortali, rarissimi quelli di media gravità, ma forse non tanto rari quelli appena larvati, nei quali cioè, quando l'infarto cardiaco si palesa, entrano in campo pure certi sintomi che arieggiano alla compromissione cerebrale e si limitano a lievi stati di inquietudine, di ansietà, dunque senza arrivare a quegli stati deliranti e persino comatosi, che denunciano ben più chiaramente la concomitanza di lesioni vere e proprie a focolaio cerebrale, consistano esse in emorragia o trombosi o embolìa. La conoscenza di queste possibilità associative è di importanza per la condotta di cura non solo, ma anche per la prevenzione di complicazioni o nella ripetizione del male. Bene ha fatto quindi oggi a chiarirne i quadri clinici e la genesi il convegno di Stresa sulle « vasculopatie > cerebrali e coronariche. Dire «vasculopatie» in generale, significa parlare di malanni oggi in crescendo 1 e che si compendiano in forme morbose che, per quanto di svariata natura e meccanismo di insediamento, ledono i vasi sanguigni, minorandone la funzionalità, quindi apportando sofferenze nei territori da essi irrigati. E' lapalissiano che ogni tessuto, ogni organo, costruito da natura per rispondere alle varie esigenze, non può vivere e funzionare se non a patto di ricevere materiale nutritivo e innanzitutto il nettare dell'ossigeno. Orbene, se insorgono imbarazzi o intoppi nelle vie vasali deputate a convogliare col sangue tali sostanze, è naturale che essi si ripercuotano sul terreno di loro giurisdizione. Ma il danno è pure relativo all'importanza del vaso colpito e a quella della funzione dell'organo interessato. L'entità della lesione vasale gradua evidentemente la portata del disturbo. Ora è, difatti, una occlusione totale o parziale per embolo o per trombo (caglletto di sangue arrivato di botto nel canale sanguigno nel primo caso, o formatosi più o meno lentamente in sede nella seconda evenienza), ora è una contrattura' temporanea, altre volte si tratta di emorragia. Ci sono poi rimpicciolimenti dei canali sanguigni dovuti a fatti sclerotici, che limitano l'apporto di ossigeno ad un certo punto, sicché — quando l'aumentato lavoro dell'organo ne richiederebbe di più — se ne rivela l'insufficienza con zoppicamenti nella funzione. Se ciò è talvolta soltanto dispettoso per modeste vasculopatie periferiche insediatesi agli arti, è allarmante, invece, qualora i vasi sanguigni interessati siano cerebrali oppure cardiaci, come le coronarie. Ben si sa che le cellule del cervello non tollerano lunga mancanza di ossigeno senza alterarsi, per cui sono lesti i loro dannosi echeggiamenti alla periferia. Né è il caso di ripetere come un'occlusione di un ramo delle arterie coronarie porta all'asfissia e quindi alla degenerazione di qualche angoluccio di cuore, con diversa gravità, tuttavia, non tanto per l'estensione quanto per il vasto choc che accompagna l'improvvisa trombosi. Proprio l'accertamento dello choc, che si configura in un collasso circolatorio con una im-1 provvisa netta caduta della pressione arteriosa al momento dell'infarto, può evitare di ritenere come isolata l'apoplessia cerebrale, allorché non solo essa si associ nel complesso quadro, ma i suoi sintomi prendano il sopravvento. Lo choc circolatorio può essere non solo d'ordine generale, ma anche cerebrale in senso specifico, ed è a tale evenienza che si tende ad attribuire la eventuale cncomitante lesione a focolaio nel cervello. Secondo una studiosa russa, la Menikowa, ogni caso di grave infarto cardiaco comporterebbe almeno microscopiche lesioni cerebrali, non gravi per sa stesse, ma che spieghereb¬ bgcn(dstpPCnrflpcrcndctzhlzddhidgaMcLm1nsa bero la eventuale sintomatologia nervosa. Ma allora perché così rara è l'associazione coronarlco-cerebrale in pratica? (Naturalmente non entrano in discorso i casi in cui l'apoplessia cerebrale si presenta più tardi in giuoco, per emboli sopravvenuti quali complicanze). Per rispondere il professor V. Chini, clinico medico di Bari, nella suadotta ed approfondita relazione, 'assai apprezzata dal foltissimo uditorio, ha da un lato analizzato i fattori principali analogici che possono far concordare lesioni associate coronarico-cerebrali (tra cui la contemporanea alterazione di natura aterosclerotlca dei vasi del cuore e del cervello, tanto che pare esista una simpatia tra essi, oltre a fattori costituzionali e familiari), e dall'altro ha chiarito la possibilità dell'intervento di meccanismi funzionali di difesa della circola¬ zione cerebrale, e ne ha ipotizzata la natura. Solo in individui, nei quali essi siano insufficienti o sopraffatti, nascerebbe la « sindrome > morbosa associata. Nella laboriosa giornata i professori Fazio e Loeb, di Genova, con alta competenza hanno successivamente aggiornato il problema della genesi della apoplessia cerebrale, ed il prof. Lunedei, di Firenze, ha brillantemente dissertato su casi fortunatamente rarissimi in cui, ad echeggiare sulle coronarie o sulle arterie cefaliche, si presta una forma artrosica del collo. CI riserviamo di riferirne con l'ampiezza necessaria. Per ora sia detto che hanno acutamente interloquito sulle varie relazioni i professori De Matteis, Visentin!, Pratesi, Calabrino, Pinelli, Scarzella, Bianchi, Torre, Bellonl, Colombo. Angelo Viziano

Persone citate: De Matteis, Loeb, Lunedei, Pinelli, Pratesi, Scarzella, Visentin

Luoghi citati: Bari, Firenze, Genova, Stresa