Il decisivo intervento di Ibn Saud di Gino Tomajuoli

Il decisivo intervento di Ibn Saud Il decisivo intervento di Ibn Saud Cauta soddisfazione a Washington - 1 retroscena della crisi (Dal nostro corrispondente) Washington, 15 aprile. La soluzione della crisi giordana rincuora gli ambienti dirigenti americani soprattutto perché da essa re Hussein esce con un prestigio assai rafforzato. Egli ha osato sfidare apertamente la prepotente personalità- di Nasser e, schierandosi con fermezza ed abilità' nel campo del nazionalismo arabo anticomunista capeggiato da re Saud dell'Arabia Saudita, ha sferrato il primo e forse fatale colpo alle tendenze tllorusse degli intellettuali e delle fanatiche masse del Medio Oriente. La soddisfazione è però temperata da molta cautela. 11 nuovo Gabinetto di Khalidi e indubbiamente favorevole agli occidentali, ma include anche Suleiman Nabulsi, il deposto Primo Ministro di tendenze nasseriane e filosovietiche. Per apprezzare seriamente la situazione bisognerà quindi attendere di conoscere quanta influenza egli conserverà nel paese e soprattutto fra quei due terzi della popolazione che essendo rifugiati palestinesi, considerano come traditori coloro che non si impegnano a fondo e senza concessioni nella campagna panaraba per la distruzione di Israele. E' opportuno ricordare che il nonno dell'attuale regnante venne assassinato nel 1951 proprio perché gli estremisti palestinesi sospettavano che fosse favorevole ad una intesa di compromesso con Israele. Secondo le fonti bene informate americane, quindi, la situazione potrà dirsi davvero chiarita solo quando si saprà con quali impegni ed intenti Nabulsi ha accettato di far parte di un governo che ha il compito di riportare il Paese nel campo occidentale e quindi se le masse che lo hanno seguito finora rimarranno tranquille anche dopo l'espulsione e l'esilio del gruppo di giovani ufficiali amici di Nasser. Tutto dunque si è svolto secondo le previsioni, si afferma a Washington: Nasser e gli estremisti arabi cosi indifferenti al pericolo della infiltrazione sovietica, hanno subito uno scacco decisivo. Dopo una lunga serie di rovesci costosi, questa è la prima buona notizia che viene dal Mediò Oriente. Essa sarà ponderata con estrema attenzione al Cairo ed a Damasco ove, si afferma non sarà facile nascondere alle masse nazionaliste che re Hussein ha saputo destreggiarsi con grande abilità e coraggio in situazioni disperate, riuscendo alla Sne ad assicurarsi l'appoggio dei due fattori decisivi: la fedeltà alla dinastia dei capi beduini che costituiscono il grosso delle forze armate, e l'appoggio, presumibilmente concreto, del re dell'Arabia Saudita. La forza ed il successo hanno in Oriente un prestigio incontestabile. Le fonti americane mettono discretamente l'accento su il « miliardario > re Saud. Con l'aria di sapere come si sia svolta esattamente la confusa crisi giordana, le fonti suddette ricordano che le forze armate giordane non avevano potuto esser pagate da un -mese. Egitto, Sìria, Iraq ed Arabia Saudita non erano riuscite a versare alla Giordania, come avevano promesso, il sussidio di trentacinque milioni di dollari all'anno pagato sinora dall'Inghilterra ed al quale Nabulsi ed i giovani ufficiali filosovietici avevano rinunciato per piacere a Nasser. Re Saud, l'unico che avrebbe potuto dare l'aiuto, aveva rifiutato di farlo finché il governo e le forze armate rimanevano in mano ad elementi filocomunisti. E' possibile che dopo aver chiesto un'ultima volta a Egitto e Siria di mantenere l'impegno, il giovane re Hussein abbia dimostrato ai capi beduini che militano nella famosa Legione araba creata da Glubb Pascià che la salvezza del Paese oltreché la loro personale prosperità dipendevano da un concreto avvicinamento alla posizione assunta nel mondo arabo ed a Washington dal re dell'Arabia Saudita: nazionalismo arabo, intransigen- za verso loraele, ma esplicito anticomunismo. E' da notare che esattamente il giorno dopo aver deposto Nabulsi, re Saud e l'inviato speciale del presidente Eisenhower, Richards, dichiaravano a Riyad che la « dottrina » era accettabile proprio perché proteggeva i Paesi arabi dal comunismo senza imporre loro alcuna servitù politica. Le prospettive immediate per l'adesione della Giordania alla «dottrina Eisenhower» sono però oscure, ha dichiarato questa sera il portavoce del Dipartimento di Stato, prima di tutto perché si ignora ancora che atteggiamento prenderà il gpverno moderato dì Khalidi ed in secondo luogo perché nessuno ha interesse a forzare la promettente situazione in questa fase ancora assai delicata. Per il momento si ricorda sottovoce, gli appoggi, le promesse e gli aiuti di re Saud hanno funzionato a meravìglia. La sua visita a Washington comincia a dare i risultati sperati. E' probabile che ora il potente e ricco sovrano assoluto della Arabia Saudita, che ha saputo superare l'ostilità dinastica che lo ha diviso sinora dai regni di Iraq e di Giordania, sia in grado di farsi ascoltare con nuova autorità anche a Damasco ed al Cairo. Gino Tomajuoli