Un giovane monarca in un grande intrigo

Un giovane monarca in un grande intrigo Un giovane monarca in un grande intrigo H colpo di forza di re Hussein (condotto insieme con energia e moderazione) sembra essere riuscito ed avere momentaneamente risolto la grave crisi che da tempo travaglia la Giordania. La situazione, tuttavia, rimane sempre suscettibile di brusche modificazioni, perfino di capovolgimento, da un momento all'altro; l'intervento di Hussein potrebbe riuscire felicemente, come accadde allo scià di Persia con Mossadeq,' ma potrebbe anche costargli il trono, come invece toccò a Faruk con Neghib e Nasser. lì fatto che il giovane e inesperto sovrano si sia deciso a prendere l'iniziativa, mettendo a maggior rischio il già vacillante trono di Amman, dimostra quanto alta sia la posta in gioco : la sorte stessa della Giordania, su cui incombe la minaccia di essere cancellata dalla carta geografica. La causa remota della crisi presente va infatti cercata nell'atto di nascita della Transgiordania : un'entità artificiale creata nel 1921 dall'Inghilterra, allo scopo essenziale di assicurarsi una base vitale per il controllo militare del Medio Oriente. Da allora fino all'anno scorso il regno hascemita fu, piuttosto che uno Stato, la sede di quella Legione araba che, organizzata da Glubb Pascià, rappresentava l'unica forza militare araba degna del nome, ti vecchio Abdullah, nonno di Hussein, governava patriarcalmente i suoi quattrocentomila beduini; Londra forniva, - in cambio delle basi, un cospicuo sussidio, che rappresentava più che la metà delle entrate del Paese. Questo pacifico stato di cose fu sovvertito nel 194748 dalla creazione di Israele e dalla sua guerra con i vicini arabi. La Transgiordania si annette il piccolo territorio palestinese sulla riva occidentale del Giordano e divenne così la Giordania; ma vide più che triplicata la propria popolazione, per l'aggiunta di circa un milione di nuovi cittadini, in parte abitanti stabili della zona palestinese, in parte profughi arabi da Israele. Più preoccupanti del numero ingente erano le condizioni sociali di costoro: i profughi costituivano una massa miserabile senza tetto, senza pane, senza lavoro; i palestinesi rappresentavano invece un gruppo di gran lunga più evoluto dei beduini d'oltre Giordano. ' Da • questo squilibrio sociale deriva direttamente la crisi della Giordania, poiché i palestinesi non si sono adattati al governo della vecchia classe dirigente transgiordana, conservatrice ed arretrata; l'hanno invece combattuta, con l'impeto di un gruppo mojto più giovane ed ambizioso, e infine sono giunti al potere con Nabulsi. La molla che anima i palestinesi è il rancore per essere stati privati della patria d'origine e quindi l'odio feroce contro Israele; in altre parole, un nazionalismo esasperato, naturalmente sensibile alle gesta e alla propaganda di Nasser. Con una simile pesante situazione interna, la Giordania si è trovata presa nel vivo della crisi del Medio Oriente. Data la sua posizione geografica, doveva fatalmente diventare la meta ambita dei due schieramenti opposti: quello filo-occidentale, raccolto intorno al Patto di Bagdad, e quello proposto dall'Egitto, ostentatamente neutralista ma sostanzialmente anti-occidentale e incline ad ascoltare la voce di Mosca. "Dagli ultimi del '55 questo secondo gruppo aveva continuato a segnare punti a proprio favore: violente dimostrazioni popolari ad Amman avevano annullato le pressioni inglesi per l'accesso al Patto di Bagdad; di conseguenza il re era stato costretto, tredici mesi fa, a licenziare Glubb Pascià. Così la Giordania sembrava passata definitivamente nel campo anti-occidentale. L'intervento anglofrancese in Egitto aveva naturalmente giocato in fa¬ vore dei nazionalisti; finché questi, che intanto avevano vinto le elezioni alleandosi con i progressisti e con gli stessi comunisti, ottenevano lo scopo principale dei loro sforzi: il 13 febbraio Nabulsi firmava con l'ambasciatore inglese per abrogare il trattato anglo-giordano del '48. Vengono così a scomparire le invise basi militari inglesi, ma cessa contemporaneamente il sussidio annuo di venti miliardi di lire; ed è molto dubbio che l'Egitto, la Siria e l'Arabia Saudita siano realmente in grado di sostituirli con le proprie \=.CREM =z TqI ilBANOjpv .BgirulPrbamasco ■ e* l figO X Kermanshah Bagdad K. ^ "^^CrJorio1 Said Cairo O egitto 1 Pozzi petroliferi Oleodotti O Baisi occidentali STUDIO CONTI !

Persone citate: Baisi, Faruk, Nasser, Said