Politica italiana di Luigi Salvatorelli

Politica italianaPolitica italiana C'è stato negli ultimi mesi in Italia un interessamento per la politica estera maggiore del consueto, dovuto in prima linea ad avvenimenti internazionali strepitosi, che ci toccavano da vicino. Ma vi hanno contribuito accenni, all'interno, di nuovi indirizzi in seno al maggior partito governativo, ed echi più o meno ingranditi e deformati di qualche disaccordo insorto, sul terreno appunto della politica estera, fra i diversi organi dello Stato. Che da codesto maggiore interessamento sia risultato un progresso cospicuo in fatto di maturità di giudizio e di orientamento esatto, non oseremo affermare. Constatiamo tuttavia con piacere come quegli spunti novatori, che furono scherzosamente battezzati « demomusulmani », non siano riusciti a deviare (nonostante qualche incertezza iniziale) lo svolgimento normale della nostra politica estera. Svolgimento che nel suo ultimo periodo, dalla conclusione degli accordi di Parigi per l'U.E.O. e dalla ammissione dell'Italia alle Nazioni Unite in poi, possiamo tracciare ricordando il viaggio di Gronchi nell'America del Nord e la sua visita a Parigi; la collaborazione con le altre potenze occidentali in difesa della libertà di navigazione nel Canale di Suez; la visita del Ministro degli Esteri britannico a Roma ; il « rilancio europeo » di Messina, e l'attività successiva sino alla firma a Roma dei trattati per il Mercato comune e l'Euratom. Dopo tutto questo, e in considerazione delle perduranti e forse anche accresciute difficoltà nel Medio Oriente e nelle relazioni occidentali con l'U.R.S.S., non è inopportuno un rapido esame di insieme della posizione internazionale dell'Italia, e dei criteri fondamentali per la politica estera italiana. * * L'Italia non è-una grande potenza: sarebbe, dunque, errato volerle attribuire una parte di primo piano nella politica internazionale. Non è il caso di pensare, per essa, a « missioni » mondiali, ad iniziative radicali di trasformazione dei rapporti internazionali. E' questo un dato di fatto preliminare di cui tutti gli italiani dovrebbero tener conto. Ma l'Italia non si può neanche dire « un piccolo Stato » : glielo vietano (se possiamo dir così) l'entità della sua popolazione, la sua posizione geografica, le sue tradizioni storiche. Essa non potrebbe rimanere estranea a nessuna delle grandi questioni del mondo internazionale, neppure se volesse; non glielo consentono le condizioni essenziali della sua vita economica, della sua sicurezza e indipendenza. La Svizzera può permettersi la neutralità assoluta e perpetua, e cioè la rinunzia ad una colitica estera; l'Italia non può. L'Italia fa parte dell'Occidente europeo; è, anzi, una delle quattro potenze maggiori di questa regione. Mettiamola pure al quarto posto, dopo Inghilterra, Francia e Germania; ma non possiamo metterla fuori quadro. L'Occidente europeo, di fronte alla formazione e alla persistenza del blocco orientala di obbedienza sovietica, ha dovuto provvedere alla sua difesa, proporsi una sua stretta associazione, che non può essere soltanto economica, ma politica e militare. Di una tale unione non solo l'Italia deve far parte, ma, come la meno forte delle quattro potenze, ha tutto l'interesse a promuoverla. Tutti i discorsi sul disarmo, sulla possibile fascia neutrale, tutte le legittime aspirazioni e iniziative per la coesistenza, la distensione, e via dicendo, debbono partire da questa premessa dell'unione e della sicurezza europea occidentale e del suo sviluppo necessario. Ma l'Unione europeo-occidentale non basta, né per la difesa, né per le altre necessità dei popoli che la compongono. Una solida amicizia e solidarietà con le due grandi federazioni libere dell'America del Nord, Stati Uniti e Canada — la quale ultima sta diventando una vera grande potenza — è indispensabile: e questa è la convinzione comune di tutti i governi della U.E.O., e della totalità virtuale delle loro sfere dirigenti. Convinzione imposta dalla realtà delle cose. Convinzione, che ne comanda un'altra: la particolare cf Te più stretta unione europee-occidentale è non solo condizione di vita interna europea, ma necessità di equilibrio organico per la comunità atlantica. Equilibrio utile a tutti; ma particolarmente all'Italia, sempre per ragione della sua forza minore. E perciò l'Italia più di ogni altra deve insistere sull'unità (anche in confronto degli Stati Uniti) della politica europeooccidentale. D porro unum necessariwm dell'Unione europeooccidentale, oltreché rispetto agli Stati Uniti, vale anche rispetto ai « popoli di colore », o ex - coloniali. E' interesse euroneo comune accettare e promuovere la loro piena entrata nella convivenza internazionale, la loro ascensione sociale-economica; e, in pari tempo, provvedere perché questa avvenga senza danno della pace, della giustizia, della solidarietà economica e morale fra tutti i popoli civili. E anche qui bisogna ripetere per la terza o quarta volta che è proprio l'Italia la maggiore interessata ad evitare simili danni, perché meno di altri provvista di « pezzi di ricambio ». Obbiettivo essenziale del nostro governo dovrebbe essere quello di provvedere — nel minimo necessario di sicurezza procuratoci dalle nostre difese, amicizie e alleanze — al consolidamento dello Stato nella libertà e nella giustizia, all'irrobustimento economico della nazione, alla sua elevazione sociale e culturale. Le direttive di politica estera sopra indicate sembrano essere, per il raggiungimento di tale obiettivo, le più adatte, 0 meglio,, le uniche possibili. Non dovrebbe riuscire tanto difficile — attraverso il leale confronto delle opinioni particolari, e il doveroso superamento di ogni contrasto personale — ottenere per esse il consenso e la collaborazione di tutte le energie nazionali, e di tutti 1 poteri costituzionali. Luigi Salvatorelli atiiiTiiiiiiiiiiiitiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiii

Persone citate: Gronchi