Il P.M. rileva molte e gravi contraddizioni della affittacamere che sostiene la Caglio di Francesco Rosso

Il P.M. rileva molte e gravi contraddizioni della affittacamere che sostiene la Caglio Il Tribunale di tiene udienza a Roma in una caserma dei carabinieri Il P.M. rileva molte e gravi contraddizioni della affittacamere che sostiene la Caglio La testimone ha ritrattato quanto disse al processo Muto pur di non smentire il racconto della ragazza - Il Presidente esclama: «iVoi siamo convinti che il iamoso testamento non tu scritto il 30 ottobre », ma la donna insiste in questa data - Violento scontro tra l'avvocato Cassinelli patrono dei Muntesi e il rappresentante dell'Accusa: è stato necessario sospendere l'udienza - Oggi altri interrogatori a Roma (Dal nostro inviato speciale) ■ Roma, 4 aprile. Dove fosse oggi Anna Maria Caglio non so, ma fosse chiusa nella monacale pensione fiorentina, o incognita cliente in un albergo romano, le ore di questa giornata sono trascorse per lei con la pesante lentezza di un incubo. Oggi, lei assente, magistrati e difensori hanno sferrato l'attacco più massiccio alla fantastica fortezza in cui la profumata Marianna si arrocca per sostenere le sue accuse contro Piccioni e Montagna ed alla fine, anche se qualche pietra è rimasta in piedi, l'intero edificio accusatorio appariva alquanto sbertucciato. Trascurando il gran rumore e la curiosità destata nella capitale dall'esplicita accusa contro Giuseppe Montesi dal giornalista Fabrizio Menghini, a cui si è associato 11 collega Luciano Doddoli, il Tribunale ha continuato a sviluppare gli argomenti, già troppo numerosi, che si aggrovigliano attorno a questa singolare vicenda giudiziaria. Fino a che non si verificherà un fatto nuovo, imputato per la morte di Wilma Montesi è Fiero Piccioni, Cd Ugo Montagna con Saverio Polito sono i suoi favoreggiatori. La caserma dei carabinieri « Pastrengo » ha vissuto un'avventura inconsueta a partire dalle nove di questa mattina, quando è giunto il cancelliere Michele Destino per offrire la sua consulenza nella preparazione dell'udienza. La sala di soggiorno del Circolo Ufficiali è stata rapidamente trasformata in aula con alcuni tavoli recuperati nei vari uffici ed alcune sedie di stile savonaroliano un po' scomode ma scenografiche. Il Tribunale è arrivato alle dieci, seguito a rispettosa distanza dal collegio dei difensori, oggi al gran completo. Anche l'anziano avv. Carnelutti non ha voluto mancare all'udienza che avrebbe potuto portare Anna Maria Caglio diritta sul banco degli imputati. Come fa da qualche giorno, il cielo di Roma era arruffato da nuvole tempestose che rovesciavano ad intervalli scrosci violenti di pioggia. Il Comandante la caserma dei carabinieri ebbe pietà di noi che stavamo a goderci quei mezzi uragani, e mise a nostra disposizione una saletta attigua a quella in cui si svolgeva l'udienza. L'opera dei due stenografi ammessi in aula, ad un certo momento, divenne pressoché superflua: dal sottile uscio potevamo seguire con le -orecchie, non con gli occhi, ciò che accadeva oltre la parete. E' stata un'Udienza variatissima, la sottigliezza degli avvocati era sovente sommersa dalle esplosioni quasi colleriche del Pubblico Ministero e dei difensori dinanzi alla più sconcertante cardiopatica di questo processo che, minacciando di morire ad ogni istante, riusciva ad eludere !e domande imbarazzanti. Com'è noto, la vicenda Montesi prese un concreto avvio il 22 marzo 1954, mentre si svolgeva il processo contro Silvano Muto. Indicata' dalla Caglio come testimone delle sue affermazioni accusatrici contro Montagna e Piccioni il giorno precedente la signora Adelmina Marri era entrata in aula per deporre su circostanze di scarsissimo rilievo, doveva presentare alcune lettere che la Caglio le aveva scritto da Milano che, però non contenevano argomenti di eccessivo interesse. Ma con un < crescendo > concertato alla perfezione, l'allora difensore di Silvano Muto, l'aw. Giuseppe Sotgiu, era riuscito a far confessare alla signora Marrl che proprio la mattina aveva spedito una lettera che Anna Maria le aveva lasciato alcuni mesi prima, una lettera che divenne, quando fu trovata, la chiave di volta dell'accusa contro Piccioni e Montagna. E' la famosa lettera-testamento in cui tra l'altro, la Caglio afferma: «Ho saputo che 11 capobanda del traffico di stupefacenti è Ugo Montagna con annessa scomparsa di molte donne. Egli è il cervello di questa organizzazione, mentre Piero Piccioni è l'assassino >. La lettera-testamento La signora Marri, per quanto dispiaciuta, non poteva però esibirla al Tribunale perché sua figlia l'aveva rispedita alla Caglio. Due agenti montarono in motocicletta, girarono alcuni uffici postali di Roma ed alla fine scovarono il plico nell'ufficio Prati. La lettera era diretta a suor Maria Clemente del convento di via Pineta Sacchetti dove la Caglio era ospite in quei giorni. Il modo con cui quel documento era giunto sul tavolo dei giudici era stato abilmente architettato. Divenendo di dominio pubblico senza !a precisa volontà della Caglio, la ragazza sfuggiva all'accusa di calunnia ma nello stesso tempo poteva scatenare la più frenetica campagna di stampa e far riaprire l'istruttoria sulla morte di Wilma Montesi già archiviata due volte, Infatti, dopo quelle precise accuse contro Piccioni e Montagna, il processo Muto fu sospeso e fu riaperta una terza istruttoria, quella conclusa dal presidente della Sezione istruttoria dott. Raffaele Sepe. In un primo momento, quella lettera fu considerata di indubbia attendibilità, fu anzi il perno attorno a cui ruotò l'intera istruttoria Sepe, soprattutto per la data in cui era stata scritta, 30 ottobre 1953, data non sospetta perché se le voci già circolavano su Piero Piccioni, nessuno aveva ancora accoppiato al nome del figlio del ministro quello di Ugo Montagna. C'era, tuttavia, un elemento che avrebbe dovuto lasciar perplessi coloro che a quel tempo saggiavano la grande accusatrice, la data scritta in testa alla lettera era sì 30 ottobre 1953, ma poteva essere considerata autentica? Interrogata dal presidente Surdo, che giudicava Silvano Muto, sul giorno in cui aveva ricevuto in consegna quella lettera tremenda, Adelmina Marri aveva detto: < La Caglio me la lasciò quando stava per partire per Milano a causa del malessere che l'aveva dilaniata tutta la notte obbligandomi a darle continuamente camomilla e limonate. La ragazza rimase lungamente nel | bagno con la bava alla bocca dicendo: « Io muoio, io muoio >. Presidente — E quando le consegnò la lettera? Afarri — Non ricordo, ma sempre in quella notte. Presidente — E lei conosceva il contenuto della lettera? Marri — L'ho letta mentre la signorina la scriveva. Abbiamo riportato questo brano della deposizione resa da Adelmina Marri il 21 marzo 1954 perché chiarisce molto ia diversa situazione in cui si trova oggi la testimone, che ha capovolto totalmente le sue dichiarazioni. La notte in cui la Caglio asserisce di essersi sentita male, accadde il 22 novembre 1953, dopo una cena con Montagna alla trattoria «Amatriciana>. Se consegnò la lettera in quella notte, dopo aver sospettato che il suo amante avesse tentato di avvelenarla, il sospetto che non sia stata scritta il 30 ottobre prende sempre maggior consistenza e, soprattutto, prende consistenza il dubbio che la Caglio l'abbia scritta quando già era sotto l'influenza di personaggi che la consigliavano scaltramente a muoversi. Parvenza di verità Poiché si sostiene che la lettera fu scritta dalla Caglio dopo aver letto l'articolo scritto da Silvano Muto su Attualità nel quale tanto lei che Muto affermano che in esso vi è adombrato Ugo Montagna come grande spacciatore di stupefacenti, i difensori attuali vogliono dimostrare che quella lettera fu architettata per dare parvenza di verità ad un articolo costruito sul nulla e che fu la Caglio ad informare Muto, e non viceversa, per vendicarsi di Montagna che l'aveva abbandonata. La data 30 ottobre, perciò, sarebbe falsa e non sono soltanto i difensori degli imputati a pensarlo, ma anche il Presidente che stamane, interrogando la Marrl, ha dichiarato: « Signora, noi slamo convinti che quella lettera non è stata scritta 11 30 ottobre >. Il castello di accuse contro Montagna e Piccioni è basato su tre pietre angolari che sono state posate con successione cronologica quasi perfetta. La prima è costituita d>.' presunto colloquio al Viminale dove il 29 aprile 1953 Piero Piccioni e Ugo Montagna sì sarebbero recati a chiedere l'aiuto del capo della polizia Pavone per soffocare lo scandalo e insabbiare le indagini. Come si vedrà più avanti, il Pubblico Ministero dott. Palminteri ha dimostrato matematicamente che Adelmina Marri, unica testimone su tale circostanza, non è attendibile. La seconda pietra angolare della vicenda, è il biglietto che la Caglio avrebbe scritto, sempre il 30 ottobre, prima di recarsi ad un convegno d'amore con Montagna a Capocotta. I difensori, sulla scorta delle testimonianze, hanno dimostrato che quella sera la Caglio non andò a Capocotta, ma che trascorse la notte non si sa bene dove sotto la protezione di Silvano- Muto La terza pietra angolare è la lettera-testamento di cui abbiamo già parlato, anch'essa datata 30 ottobre 1953 e consegnata contemporaneamente all'enigmatico biglietto che suona esattamente così: «Ore 16,30, esco, vado alla Capocotta con Ugo Montagna. Mi dice che mi porta alla Capocotta e staremo là stanotte. Come finirò? Marianna Moneta Caglio ». Sempre sulla scorta delle testimonianze, Pubblico Ministero e difensori hanno sostenuto che anche la letteratestamento, come il biglietto, fu scritto in epoca posteriore. Per giungere a queste conclusioni, hanno sostenuto una dura battaglia con Adelmina Marri. Avvolta nel soprabitino grigio, coi capelli arricciati dalla permanente ed a cui, in vano, la osslgenatura tentava di dare toni giovanili, l'ex-afflttacamere di Anna Maria Caglio si è riparata dietro ai mal di cuore che l'affligge per sfuggire alle domande troppo pericolose, ma non sempre è riuscita ad eluderle. Interrompendo sovente la sua deposizione per ingoiare qualcosa che aveva portato dentro un termos, o una pillola, la signora Marri ha dovuto fare alcune ammissioni piuttosto gravi. Prima di partire per Capocotta con Montagna, la Caglio le avrebbe lasciato la lettera-testamento, ma soprattutto il biglietto da cui traspariva il terrore di fare una fine poco lieta. Sollecitata dalla Caglio, la signora Marri sarebbe uscita ed avrebbe telefonato a Silvano Muto da un bar per avvertirlo del pericolo a cui andava incontro la ragazza. Muto le avrebbe risposto: « Stia tranquilla signora, staremo attenti noi e la signorina tornerà a casa ». La mattina dopo, Silvano Muto le avrebbe telefonato per annunciarle che di lì a poco Anna Maria sarebbe arrivata a casa, cosa che si sarebbe verificata puntualmente. Le notizie a Muto A questo punto ci si domanda come mal Silvano Muto, che aveva conosciuto il giorno prima la Caglio, era così informato sui movimenti della ragazza. A quanto sostengono i difensori, ciò fa parte di una messa in scena per distruggere una lettera troppo compromettente che la Caglio avrebbe scritto alla sua affittacamere il 29 maggio del 1953 in cui, rispondendo alle voci che parlavano di < piccioni viaggiatori > la futura « figlia del secolo » pare abbia affermato che' si trattava di calunnie perché Piccioni era estraneo alla morte della Montesi. A sostenere che questa lettera fu davvero scritta, vi sono due testimoni, Renzo Trionferà ed Enzo Fogliati ai quali ne avrebbe parlato direttamente la signora Marri qualche tempo prima di deporre al processo Muto. Oggi, la Marri nega di aver mai fatto un cenno di tale lettera che, se fosse stata veramente scritta, distruggerebbe di colpo l'affermazione della Caglio sul colloquio al Viminale tra Piccioni, Montagna e Pavone avvenuto esattamente un mese prima, il 29 aprile. Presidente •— Le ha mai scritto la Caglio che tutto ciò che si diceva contro Piccioni erano calunnie? Marri — Non ricordo. P. M. — Che cosa c'era scritto nella lettera di cui mostrò la busta al giornalista Trionferà? ■Marri — A Trionferà io non ho detto nulla. Presidente — La signorina Caglio le ha parlato del colloquio al Viminale? Marri — Me lo raccontò la sera stessa in cui .avvenne. P. M. — Non è vero. Quella sera la Caglio non dormì in casa sua, il giorno dopo partì per Milano e quando passò a ritirare la valigia lei era al cinema. Lei vide la Caglio soltanto il 5 o il 6 giugno, quando venne a ritirare la scheda elet- torale. Perciò, nella lettera che lei le scrisse a Milano il 30 maggio, non poteva parlare di circostanze che potrebbe aver conosciuto soltanto sei giorni dopo. Ci dica piuttosto quando la Caglio le consegnò la letteratestamento, prima o dopo il supposto avvelenamento nella cena con Montagna? ìlfarri — Molto tempo prima. P. M. — E perché durante il processo Muto lei ha affermato invece che glie la consegnò quella notte in cui si sentì male, cioè il 22 novembre? Marri — Mi sarò confusa. P. M. — Lei conosceva il contenuto di quella lettera? Marri — Non lo conoscevo. P. M. — Al processo Muto ha affermato di conoscerlo. Inoltre, se non sapeva quale valore avesse, perché ha sentito il bisogno di affidarla in custodia all'aw. Loriedo? Marri — Non mi piaceva tenerla in casa, venivano troppi giornalisti. Ho la testa confusa, questa mattina sarei dovuta rimanere a letto, non venire qui. P. M. — Non faccia troppo affidamento sulla sua malattia, noi vogliamo la verità. Marri — Dico la verità. Presidente — Ma la verità è quella che afferma oggi o quella che ha affermato al processo Muto? Marri — Ma non lo so. Presidente — Perché al processo Muto ha riferito circostanze che sono in netto contrasto con quelle di oggi? Marri — Ho la mente troppo confusa. Presidente — Signora, noi siamo convinti che quella let- e a l a . l ò o . e i , . o è i - o a a e a o i e si i o o o ao ia inla e e al a e là roo, an rla otera non fu scritta il 30 ottobre. P. M. — Perché non portò direttamente quel testamento al processo Muto? Marri — La Caglio mi aveva detto di renderlo noto soltanto se fosse morta. Presidente — Quando disse che sarebbe andata a Capocotta la signorina Caglio le lasciò quel biglietto? Mairi — Prima di uscire Io scrisse e me lo consegnò. P. M. — E che bisogno aveva di scrivere se poteva riferirle a voce 1 suoi timori? Marri — Evidentemente voleva lasciare un documento. Poiché alla consegna del biglietto e della lettera doveva essere presente anche la figlia della signora Marri è stato spedito d'urgenza un carabiniere a prelevare la signora Lola Marri in Procopio che ha già deposto a Venezia. Durante quell'agitata udienza Lola Marri aveva sostenuto che la Caglio aveva consegnato prima il biglietto, e che la letteratestamento l'avrebbe scritta e consegnata in un secondo tempo. Oggi, davanti ai giudici, ha sostenuto il contrario affermando che biglietto e testamento furono scritti e consegnati contemporaneamente. Il P. M. si irrita Il Pubblico Ministero si è irrigidito e d'improvviso, perduta la pazienza, ha prima ammonito la teste che sovente affermava di non ricordare circostanze con la frase: « Signora, lei non ha l'arteriosclerosi come sua madre, deve ricordare > e poiché Lola Marri insisteva nella sua forma di larvata reticenza è scattato gridando: c Ma lei si sta prendendo gioco di noi >. L'aw. Cassinelli è intervenuto gridando a sua volta che il rappresentante della Pubblica Accusa, con quei sistemi voleva intimidire i testimoni ed il Pubblico Ministero gli ha ribattuto: «Lei faccia l'avvocato di Parte civile >. D'improvviso tutto il collegio di difesa è insorto, ognuno gridava per proprio conto frasi che si sentivano fin dalla strada e il Presidente per riportare un po' di calma ha sospeso l'udienza. Quando sono ritornati in aula i giudici hanno ascoltato la deposizione di Renzo Trionferà il quale narrando che L'Europeo versò alla Marri 250 mila lire per ottenere un suo memorialino sulla « figlia del secolo > confermò la circostanza della lettera che la Caglio avrebbe scritto alla sua affittacamere il 29 maggio e in cui diceva che le voci su Piccioni erano pure calunnie. La Marri avrebbe poi distrutto la lettera per non creare dei guaì alla Caglio; ma per convincere meglio il Trionferà ed ottenere quelle 250 mila lire gli fece vedere la busta che recava appunto la data del 29 maggio 1953 nel timbro postale. Presente alla conversazione c'era Enzo Fogliati. Poiché le posizioni sembravano irreducibili, il Pubblico Ministero ha chiesto un confronto tra Renzo Trionferà e Adelmina Marri, confronto che ha avuto qualche fase emozionante, ma che non ha risolto i dubbi. Invano Renzo Trionferà ha invitato la Marri a dire la verità. « Si metta la mano alla coscienza e pensi un po' a quella Madonna che durante :! nostro colloquio lei invocava ad ogni istante > le ha detto. E la Marri: «Si rivolga lei alla Madonna, che ne ha più bisogno >. La donna, dimenticando il mal di cuore, si è trovata più a suo agio nel rispondere ad altro testimone, ma non è riu scita a convincere che Trion fera abbia inventato la circostanza della lettera ricevuta il 29 maggio dalla Caglio. Sempre su questa circostanza il Tribunale ha deciso di sentire Enzo Fogliati e il marito di Lola Marri il brigadiere Procopio che andò dall'avv. Loriedo a ritirare la lettera-testamen to. Essi però saranno sentiti domani mattina. Era ormai tardi e l'udienza volgeva al termine, ma prima che si concludesse riferendosi alla lettera che Fabrizio Menghini ha inviato a Giusep pe Montesi e pubblicata sull'Espresso, l'aw. Cassinelli ha chiesto che siano immediatamente esperite tutte le indagini sulla posizione del giovane zio dì Wilma. II Tribunale ha respinto l'istanza. Domani, sempre nella caserma dei carabinieri, saranno sentiti altri testimoni; il giornalista Ermanno Contini, i portinai di via Tagliamento, il brigadiere Procopio, Enzo Fogliati e se ci sarà tempo il prof. Ascarelli, il terzo dei superperiti che per malattia non potè venire a Venezia e che dirà qui a Roma le sue precisazioni sulle perizie svolte in collaborazione con i proff. Canuto e Maccaggi. Francesco Rosso W&Bm Adelmina Marrl (in centro) affittacamere e depositarla del testamento della Caglio. (tel.) Fabrizio Menglilnl, il giornalista autore delle lettere. a Giuseppe Moritesi (Telefoto)