La prima riunione degli esponenti del tripartito terminata senza un accordo per i patti agrari di Enzo Forcella

La prima riunione degli esponenti del tripartito terminata senza un accordo per i patti agrari Ancora nessuna decisione sulla sorte del governo La prima riunione degli esponenti del tripartito terminata senza un accordo per i patti agrari Sette ore di trattative a Villa Madama - Fanfani appoggia le richieste di emendamenti presentate dai sindacalisti democristiani e dai socialdemocratici - I liberali si riservano di discutere le proposte con i membri della direzione - Stasera la risposta finale in un nuovo incontro H»ma, 2 aprile. Le sorti del governo rimangono in sospeso per altre 24 ore, legate al filo del compromesso sui « patti agrari » e del contrasto di fondo che si è delineato tra i liberali, i sindacalisti d.c. ed i socialdemocratici. Oggi doveva essere la giornata decisiva, ma dalla riunione dei maggiorenti del tripartito convocati da Segni a Villa Madama (c'erano, oltre al Presidente del Consiglio, Saragat e De Caro, Fanfani, Malagodi e Matteotti, Piccioni, Simonini e Colitto oltre al ministro dell'Agricoltura Colombo in qualità di esperto) dopo sette ore di discussione non è uscito né l'accordo né la rottura. La sola intesa raggiunta è stata quella di rivedersi domani sera per dare una risposta definitiva alle proposte di compromesso. Quando i dieci protagonisti della vicenda hanno lasciato la sala dove erano entrati alle 6 del pomeriggio, era passata l'una di notte. Segni appariva molto scuro in volto, nervoso. Fanfani, ermetico e sicuro come al solito, ha annunziato con un sorriso : « Continua domani sera, anzi stasera ormai ». Saragat ha fatto notare: « Il fatto che la riunione prosegua domani vuol dire che c'è materia di discussione » mentre Matteotti — che a quanto si è poi saputo aveva sostenuto il maggior peso della riunione battendosi duramente in difesa degli emendamenti presentati dai sindacalisti democristiani — a chi gli chiedeva se ritiene possibile il salvataggio del governo ha risposte stringendosi nelle spalle : « Non mi pronuncio ». Gli ultimi a lasciare Villa Madama sono stati i tre rappresentanti liberali ed è da loro che si sono potute raccogliere le prime indiscrezioni sull'andamento della riunione. « Dopo un esame particolareggiato di tutti i punti del contrasto — ha spiegato De Caro— ci sono state fatte proposte che ora sottoporremo ai membri della nostra direzione. Domani sera porteremo le nostre conclusioni ai colleghi della maggioranza e vedremo cosa si può fare ». Restava così stabilito un punto importante. Sono i liberali che debbono rispondere; d.c. e socialdemocratici avevano finito perciò per trovarsi d'accordo nell'esigere un certo numero di modifiche alla stesura originaria del progetto governativo, di cui Malagodi, come si sa, esige il rispetto integrale. Il segretario della d.c. ha assunto un atteggiamento che le dichiarazioni della vigilia hanno reso per molti versi inaspettato. Si sapeva che Malagodi si sarebbe battuto ad oltranza per. il rispetto del compromesso approvato a suo tempo dai tre partiti del governo. Si sapeva anche che Matteotti avrebbe difeso con eguale fermezza la tesi opposta forzando anche la mano a Saragat, il quale non aveva, invece, fatto mistero di essere disposto a molti sacrifici pur di salvare il governo. Di Fanfani era noto che sarebbe stato dalla parte di Segni e di Saragat. Se Malagodi avesse fatto del progetto governativo una questione essenziale per il mantenimento della coalizione, non si sarebbe irrigidito ed avrebbe trovato modo di imporre la disciplina di partito ai sindacalisti d.c. L'atteggiamento di Pastore, che stamane dopo un colloquio con Matteotti aveva dichiarato di rimanere fermo sulle sue note posizioni, gli deve aver consigliato una maggior cautela. O forse le di chiarazioni dei giorni scorsi rispondono soltanto ad una preoccupazione di ordine tattico-propagandistico. Fatto si è che stasera, quando i socialdemocratici hanno ripetuto a Malagodi che non potevano accettare il vecchio compromesso senza modifiche ed hanno via via respinto i lievi ritocchi con cui il ministro Colombo aveva cercato di rendere più accettabile la sua legge, il segretario della D.C. ha dichiarato che non poteva prescindere dal punto di vista della CISL e, in poche parole, ha dato ragione a Matteotti e torto a Malago¬ dthssrbrgdm«cdrctmldpcbsb Adi. « Non mi aspettavo di trovare in lui un alleato » ha poi confidato agli amici, sorpreso e compiaciuto, il segretario del PSDI. La parola sta, quindi, ora ai liberali. Per coloro che si interessano ai particolari aggiungiamo che d.c. e socialdemocratici sono disposti a mantenere tra i motivi di « giusta causa » il caso di conduzione diretta del fondo da parte del proprietario, ma insistono nella richiesta di elevare la ripartizione dei prodotti nelle mezzadrie povere e di allungare i termini di scadenza dei vecchi contratti previsti dall'art. 65; specialmente su quest'ultimo punto i liberali non sembrano disposti a transigere. E' il caso tuttavia di ripetere, a conclusione, quanto si è già avuto ripetute occasioni di illustrare. I « patti agrari » ed i relativi emendamenti sono una- cosa abbastanza importante. Interessano un settore notevole della popolazione agricola, coinvolgono interessi non trascurabili, di ordine economico e di ordine elettorale. Per quanto importante, tuttavia, il problema non basta a spiegare le estenuanti trattative che si stanno trascinando da anni. Non giustifica da solo una crisi di governo. La battaglia che si svolge dietro lo schermo dei « patti agrari » è di diverso tipo e di assai più ampia portata. Enzo Forcella tncdszfspcpvgcnttffRiiiMTiiiiitiiiniiiiiiiiiEiiiiMiiiiiiisiiiiiiiiiiiiiMu