La condanna del comunismo

La condanna del comunismo Dall'aggressione all'Ungheria alle deportazioni La condanna del comunismo Discorsi di Fanfani, Eumor e Matteotti Domani si inizia al Senato la discusBione sulla situazione internazionale Soma, lunedi mattina. Domani, al Senato, si riapre la discussione parlamentare sul fatti Internazionali e presto alla Camera la discussione si farà addirittura incandescente per la mozione dei d.c. sulle deportazioni dei patrioti ungheresi. Al Senato, l'on. Martino concluderà il dibattito mercoledì sera e viva è l'attesa per il quadro che egli farà di questo « momento di ansietà », come egli lo ha definito. Naturalmente, nei discorsi di ieri, domenica, gli oratori hanno parlato appunto dell'Ungheria, del tradimento della Unione Sovietica con l'arresto di Nagy, della posizione del vari partiti comunisti di fronte alla nuova intransigente politica sovietica, tornata al «pugno di ferro ». Fanfani ha aperto a Gorizia la campagna elettorale, che si concluderà il 16 dicembre con H rinnovo di ventitré Consigli comunali e del Consiglio provinciale di quella terra di confine; elezioni forse più interessanti di quelle svoltesi recentemente nel Trentino e nell'Alto Adige, data la vicinanza di una repubblica comunista, sia pure ribelle come quella jugoslava; esse potranno Indicare in che modo i partiti democratici reagiscono alla crisi del comunismo internazionale, e di quello italiano In particolare. « La via del socialismo voluta dal comunisti — ha detto Fanfani, rispondendo agli estremisti locali che gli avevano posto una serie di domande — non la lasceranno costruire. L'arrivo dei carri armati russi a Budapest ha sorpreso l'on. Nenni, non la D.C. che da dieci anni proclama che il regime comunista significa tirannia, disoccupazione, fame e sangue». «E' inutile — ha detto ancore Fanfani — che ci chiediate perché chiudiamo a sinistra. Sono dodici anni che abbiamo chiuso a sinistra, per risparmiare al popolo italiano il « benessere » contro cui sono insorti 1 lavoratori ungheresi E se l'on. Nenni vuole aprire, prima garantisca a se stesso e a tutti che non si aprano contemporaneamente le tombe in cui, come in Ungheria, si seppellisce la libertà. Una cosa è certa: la via del socialismo, voluta dai comunisti, gli italiani non la lasceranno costruire ». Rumor si è rivòlto, invece, « ai giovani italiani da dieci anni suggestionati dall'estremismo che ha agitato miti e utopie e li ha eccitati a forme chiuse c violente di nazionalismo esasperato o di classismo totalitario». In tal modo, li vice-segretario della D.C. ha accomunato i due estremismi proprio mentre a Milano erano riuniti a congresso i resti del neo-fascismo. Quanto alla crisi in atto nel comunismo, Rumor ha detto che « una volta aperta, essa non si chiude; non basta 11 ritorno alla violenza, alla deportazione, alla menzogna; alla lunga 11 mito crolla ». Anche Matteotti ha documentato a Milano il crollo della Impalcature sovietiche e delle Ideologie comuniste. Chi parlava di seppellire in una settimana l'Occidente, per una tragica ironia della storia sta impiegando i suoi carri armati a Berlino come a Poznan, come a Budapest, per massacrare 1 lavoratori. La condanna della politica sovietica — ha sottolineato Matteotti — non è venuta soltanto da quell'Occidente che si voleva seppellire, ma anche dal gruppo delle potenze di Bandung. Il comunismo è dittatura di minoranza e perciò c'è da augurarsi che, alla fine, questa minoranza non possa continuare a dominare con l'oppressione. Il segretario socialdemocratico ha poi detto che la condanna che va ai comunisti non può essere estesa a quei socialisti che hanno sempre visto giusto, né si può parlare di un < comunismo democratico» in quanto democratizzare il comunismo significherebbe farlo diventare un'altra cosa. ' Polemizzando con Thorez e con Togliatti, Matteotti rileva che bisogna prendere atto — come dicono i capi comunisti occidentali — che non ci possono essere diversi centri del movimento comunista e che anche Tito è nel torto quando afferma che la dittatura del proletariato è obbligatoriamente comune. Della battuta d'arresto nel processo di unificazione socialista, Matteotti ha preferito non parlare. E come già Nenni aveva detto domenica (< la guerra fredda ripiomba su noi con i suoi dogmi, i suoi fanatismi e oltranzismi, 11 suo culto della forza; è un compito non facile ma è proprio questo il compito del socialisti: superare e abbattere la guerra fredda») anche il segretario socialdemocratico si è mantenuto sulle generali: < I socialisti italiani debbono unirsi per creare una .alternativa veramente democratica che, contro ogni demagogismo e contro la politica estera sovietica, possa conseguire l'unità di classe nella democrazia e nel socialismo ». L'unico oratore di parte comunista è stato Amendola, che ha ribadito la posizione dei co munisti italiani condannando le rivolte di Polonia e di Ungheria: « Un movimento di lotta armata in un Paese socialista non può ohe indebolire la posizione del regime socialista». Non una parola Amendola ha avuto per la repressione dell'esercito sovietico. Anche nella condanna di Tito, ha ripetuto la tesi sovietica: non si può accettare la c semplicistica divisione fatta dal compagno Tito, che divide i comunisti in staliniani e democratici». E ha concluso affermando che « la lotta all'interno del partito comunista, contro 11 settarismo e il riformismo, va fatta con azioni concrete», ma sotto la guida di Togliatti («garanzia e difesa dell'unità politica del partito»). Pellecchia