Parigi in contrasto con Londra e Washington sulle richieste del governo israeliano

Parigi in contrasto con Londra e Washington sulle richieste del governo israeliano Mentre la flotta dell'ONU procede allo sgombero del Canale Parigi in contrasto con Londra e Washington sulle richieste del governo israeliano Una nota di Tel Aviv alle tre capitali - Evasiva risposta degli Stati Uniti che rimandano ogni decisione al completo ristabilimento della normalità - Solo la Francia appoggia le rivendicazioni di Israele - 1 nuovi obiettivi della politica americana (Dal nostro corrispondente) Washington, 27 dicembre. Israele ha fatto appello adii Stati Uniti perché intervengano al Cairo per far cessare gli attacchi isolati di guerriglieri contro la popolazione civile ed il traffico israeliani dopo la conclusione dell'armistizio imposto dall'ONU. Appare dubbio che il Dipartimento di Stato dia seguito alla richiesta. La nota di Israele sarà studiata con attenzione, si è detto, ma occorre tener conto del fatto che anche Israele e non solo l'Egitto ha violato lo spirito e la lettera dell'armistizio del S dicembre procedendo a demolizioni di fortificazioni egiziane nei territori ancora occupati e rifiutando di ritirarsi dal corridoio di Gaza. Inoltre, si fa osservare a Washington, il governo americano non è in condizione di accertare la fondatezza dei fatti denunciati nella nota di Israele. Secondo Tel Aviv, il governo egiziano avrebbe dato apertamente ordine, per mezzo della sua radio, di riprendere gli attacchi e il giorno 11 scorso si ebbero degli scontri. La evasiva risposta americana rivela chiaramente che gli Stati Uniti non hanno intenzione di sostenere Israele finché tutto il territorio egi¬ ziano non sarà stato sgombrato dalle truppe straniere. Eguale risposta, sostanzialmente, era stata data all'Inghilterra ed alla Francia tre settimane fa quando i due Paesi alleati sollecitarono invano l'appoggio di Washington per ottenere dall' Egitto — prima del ritiro delle proprie truppe — almeno l'impegno a procedere allo sgombero del Canale per evitare all'Europa la grave crisi nell'approvvigionamento di petrolio. Per volere di Eisenhower e del Segretario di Stato venne allora rinviata l'applicazione delle disposizioni di emergenza per l'invio di petrolio americano ai mercati europei sino a quando Londra e Parigi non si fossero inchinate, senza condizio7ii, all'ordine di ritirarsi dall'Egitto. Nulla indica, si osserva oggi al Dipartimento di Stato, che un diverso atteggiamento venga adottato nei confronti di Israele. Tutto ciò conferma solo che la tendenza della politica americana a valorizzare !a insperata e impro-uuisa posizione dì prestigio ottenuta nel Medio Oriente, con l'irremotnbile atteggiamento assunto nella crisi egiziana, non è stata modificata nemmeno dopo il ritiro delle truppe alleate da Suez e malgrado l'ambigua condotta egiziana per la riapertura del Canale. Oli ambienti alleati tendono a credere che sia in corso una rivalutazione degli obiettivi della politica estera americana e pochi s'illudono che l'alleanza atlantica possa tn questo momento estendersi al campo economico e politico. La NATO, secondo questi osservatori, rimarrebbe sempre uno dei cardini della politica americana, ma gli Stati Uniti perseguirebbero attualmente anche altri importanti obiettivi in diverse varti del mondo. Entro questi limiti, quindi, Washington sarebbe disposta a ricostruire t legami di collaborazione con gli alleati, ma non oltre. Washington intenderebbe ora sviluppare sino alle massime conseguenze la « identità di veduto che si sarebbe profilata fra Stati Uniti e Paesi neutralisti o < non allineati* del blocco arabo-asiatico, nei confronti delle Potenze eurasiatiche e della Russia. Autorevoli esponenti del governo americano non ritengono però che questi allarmi siano, per il momento, interamente giustificati. La definizione della politica estera americana, essi fanno osservare, costituisce un processo assai complicato, E' possibile che alcune delle sue i fasi intermedie > possano dar re l'impressione di giustificare i timon alleati; ma quel che conta per tutti, per gli Stati Uniti e per l'Europa, deve èssere il risultato finale. Il fine giustificherebbe i mezzi, ma sarebbe vano oggi contestare che esistono alla sommità degli organi che elaborano le direttive politiche, la tendenza ad accettare come un dato di fatto la speranza di poter <agganciare> stabilmente alcuni fra i più importanti Paesi dell'Asia e dell'Africa anche a costo di allentare i legami, finora così stretti, con gli alleati europei. Gino Tomajuoli In un'intervista alla « Tass » Tornato a Washington dall'Austria, dove ha visitato 1 campi del profughi ungheresi, 11 vice Presidente degli Stati Uniti, Nlxon, ha riferito ad Eisenhower sul risultati deUa sua missione Ecco i due uomini di Stato durante il colloquio alla Casa Bianca (Telefoto)

Persone citate: Eisenhower, Gino Tomajuoli