-= LA LINGUA PURA E IMPURA —-

-= LA LINGUA PURA E IMPURA —- -= LA LINGUA PURA E IMPURA —- Lo stile lapidario Scriver bene è sempre una faccenda seria; ma diventa serissima quando, invece che su carta peritura, si scrive su marmi e bronzi, quasi sfidando i secoli a cancellarci. Anzi si può dire la « iscrizione », come quella che ha da esprimere il pensiero nel modo più decente conciso e chiaro possibile, è la scrittura per eccellenza. Da che H corollario che i tempi linguisticamente forti, come fu il secolo scorso, onorano l'epigrafia; dove i deboli, come il nostro, la lasciano miseramente andare. E un lettore di Acqui cui è morto in questi giorni uno zio diletto, ci scrive di non aver trovato, fra tanti amici e conoscenti, chi gli sapesse suggerire un piccolo epitaffio appena un po' fuori dei soliti che sono in commercio. Per ristorare M genere epigrafico bisogna anzitutto licenziare il pregiudizio che la nostra lingua, per troppi articoli segnacasi particelle ecc., ci sia poco adatta; e secondariamente, essendo proprio dello stile lapidario somigliare a cosa non dipinta ma scolpita, leggere senza posa negli scrittori dei buoni secoli, massime nei maestri di vigorosa brevità: Dante scultore della poesia, il quale porta tant'epigraf i bell'e fatte (che cosa volete di meglio che: Ricordati di me che son la Pia; Siena mi fc, disfeccmi Maremma!), e il Davanzati, scultore delia prosa. • Dopo lungo studio venendo al comporre: il primo requisito dell'iscrizione ò di non essere bugiarda o esagerata: perché anche la più bella del mondo, se trovata falsa, non par più così bella: vendette della morale. Il secondo è la brevità. Qui i Latini sembrano davvero insuperabili: eppure un grande epigrafista toscano. Luigi Muzzi, a proposito dell'iscrizione pei murazzi di Venezia, Ausu romano acre veneto, li buggerò d'una parola: Romanamenle i Veneti. Si rammenti che nelle iscrizioni è maggior pregio il non dire che il dire; onde non sono da disprezzare, cosi assolutamente, quelle che rtoti portano che il nome del a eu u o si e il e a a pi u iil ndi ti e ti aiei o. inoli a ne n re ei ete le te e: a; mre do to re hé o, ù oà. ro ngi oa, li ati or e; e, he personaggio e le due date: perché possono essere l'onesto risultato di chi sa quanta lima. Ma un bell'esempio d'iscrizione breve è questa del Giordani: Ferdinando Cornacchia - cui furon dovuti - tutti i primi onori dello Stato - morì d'anni ecc. Si capisce che se a questo Cornacchia gli onori furon dovuti, anche li meritò. La brevità non deve nuocere alla chiarezza; e d'altra parte la prolissità non s'identifica sempre con la lunghezza: possono darsi epigrafi brevi e prolisse, lunghe e concise. Fra i vizi epigrafici il maggiore è l'improprietà perché vi spicca per sempre. Così il dire d'un medico: per certezza di prognostici - meraviglioso, non torna, giacché i pronostici non sono certi, ovvero chi è certo non pronostica. E guai all'affettazione. Non meno d'una gravità burbanzosa dispiace l'affetto, quando è molle e lezioso come nell'epigrafe se guente: Afori co»i un celeste sorriso - quasi adocchiasse lo sposo e il suo vezzosetto - venirle incontro. Lodata invece dai retori quest'altra: Pietra dolorosissima - riaperta III volte - per .Giannino Marietta e Ansclmuccio - fratelli Irlandini - qui posti con Teresa loro madre: - non m manca che Stefano - consorte e padre - infelicissimo. L'affettazione può anche venire da parole strane: Sempiternale Onnipote Splendoroso Angiolezza Inconiuge Sapienziore, Trasmigrò a celesti alleluja, Defunse e sim., o da latinismi come Veriloquio Ottimestre Sessenne e sim. Dall'abuso del figurato: Rubato ai genitori - e consegnato agli angioli. Da esclamazioni: Oh Tommaso oh Gertrude! Da traslati di termini astratti e generali: Morte ruppe la stampa - dell'amabilità - disfacendo - Nina Ussolani trilustre. Dal poetico e declamatorio, come nelle trenta epigrafi composte per una > giovane folle che si diceva innamorata del Sole: Viava col guardo - nel firmamento - come in tempio e palagio - del fiammante suo spo¬ ell so - ove gli astri eran gli uo mini - ni terrò famosi - da lui chiamati appo morte - a scintillar colassù. Marmo sciupato. Ma non sta nemmeno che l'iscrizione si rattragga a indovinello: Fui quel che sei tu - sarai quel che son io - ceneri di P. Z. Eccetto che non si vada nel burlesco, dove famosa e stupenda è quella del piovano Arlotto, a schizzo di pulce: « Questa sepoltura ii piovano A. la fece fare per sé e per chi ci vuole entrare ». Il Carducci ne dettò di belle; ma nell'epigrafia ottocentesca la palma dell'eccellenza resta al Giordani, da cui tutti volevano iscrizioni. Ora non c'è componimento ohe consumi tanto 1 nervi dello scrittore e lo renda più cattivo verso i vivi e verso i morti. Perché di solito là Città o la famiglia non si rimette; ma una volta che fa la spesa, vuole che nell'iscrizione entri tutto quello che le fa piacere. E terribili a condurre, fra le epigrafi, sono quelle che devono indicare qualche fatto o circostanza del tutto speciale. Montata su una scala a infiorare un quadretto sacro, una bambina venne di sotto e mori. Caso pietosissimo, da farne un commosso articolo di cronaca. Ma un'epigrafe! Richiesto di dettarla, il Giordani entrò in un umore bestiale; ma bisogna riconoscere che ne uscì con un piccolo capolavoro di aggiustata sveltezza: lincida Nannuzzi decenne - offerente - un mazzo di fiori c divoto bacio - a sovrapposta immagine - locata in sua parete domestica - traboccò dalla mobile scala - e la Vergine degli angeli - accolse i fiori il bacio - e l'anima soavissima il XV marzo MDCCCXXnove - Qui dorme - la pia oblatrice. In conclusione l'epigrafia è un'ottima palestra dello scrivere, e converrebbe riaprirla a pubbliche esercitazioni. Se ne emenderebbe il vizio comune dell'inutile diffusione; vizio che soltanto il Telegrafo ancora qua e là occasionalmente correggo. Leo Pestelli

Persone citate: Carducci, Davanzati, Ferdinando Cornacchia, Giannino Marietta, Leo Pestelli, Luigi Muzzi, Nannuzzi

Luoghi citati: Acqui, Siena, Venezia