Deportati i giovani di Bucarest dopo i primi sintomi di rivolta di Vittorio Gorresio

Deportati i giovani di Bucarest dopo i primi sintomi di rivolta Drammatiche testimonianze alla frontiera romena Deportati i giovani di Bucarest dopo i primi sintomi di rivolta La capitale circondata da forze sovietiche - "In quattro giorni non ho visto uomini con meno di 35 anni,, - Disarmato l'esercito nazionale - Trecento studenti prime vittime della repressione (Dal nostro inviato speciale) Bela Crkva (frontiera romena) 17 dicembre. Ecco davanti a noi la frontiera romena: una linea di demarcazione che appare tracciata in modo tutto convenzionale attraverso una campagna piatta, dove non spicca una siepe, non si erge un albero, non si nota un fossato. Pure, la presenza fisica di una frontiera si sente qui e si vede come forse in nessun altro punto della fascia confinaria jugoslava, in virtù dei massicci apprestamenti militari che da parte romena' sono stati allestiti a fronte della Jugoslavia. Fin dove riesce all'occhio di spingersi lungo la linea del confine, la si vede segnata da una serie di torrette di legno alte quindici metri, collocate a distanza di trecento metri l'una dall'altra. In vetta è un miliziano romeno, armato di mitra, che vigila i passaggi tra i due Paesi. Non v'è certo jugoslavo che pensi di sconfinare, ma la sorveglianza è stabilita per impedire ai romeni di cercrre rifugio da questa parte. Non c'è quindi speranza, né a Bela Crkva, né nella retrostante cittadina di Vrsac che abbiamo attraversato per raggiungere la frontiera, di avvicinare un povero romeno che fornisca notizie del suo diIsgraziato Paese: bisogna ac- contentarsi dei racconti di qualche viaggiatore che, protetto da un passaporto occidentale, di quando in quando filtra fra le torri di legno e lascia qui, con i suoi racconti, testimonianze del terrore che regna a Bucarest. Sono le sole fonti dì informazione, poiché a nessun giornalista del mondo libero è consentito di varcare la frontiera. Le nostre richieste di visti sono infatti, più che respinte, lasciate negligentemente cadere dai funzionari del Consolato romeno di Belgrado senza spiegazioni né la minima blanda espressione di rammarico. Ci viene detto semplicemente: «Non siamo autorizzati a farvi entrare ». Nel frattempo, e a conferma della rigida chiusura, veniamo a sapere che il solo giornalista occidentale che risiedeva a Bucarest, l'americano P. W. Hangen, corrispondente del New York Times, è stato espulso senza motivo dalla Romania il giorno stesso, 4 novembre, del secondo intervento sovietico in Ungheria. La Romania — e ciò serve a dare una ragione dell'inesorabile sbarramento posto in atto — è al tempo stesso la grande base strategica e il corridoio tattico per l'accesso dei russi in Ungheria. Ancora l'altro giorno, ci racconta uno svizzero passato ieri sera attraverso 11 confine, lunghi convogli ferroviari hanno transitato da Timisoara con un carico di autocarri pesanti « Molotov » per le divisioni sovietiche motorizzate di stanza In Ungheria. Il flusso delle truppe è costante, e tutto il Paese è presidiato in maniera esclusiva da reggimenti russi. I soU romeni che ancora portino le armi sono quei miliziani di scolta sulle torrette confinarie, appartenenti a formazioni di polizia rigorosamente scelte e considerate di sicura obbedienza alle autorità russe di occupazione. La stessa Bucarest si pre senta d'altra parte ad un visitatore occasionale, qualt era il nostro svizzero commerciante in cotoni, corue una città del tutto 3milltarizzata. Non soldati, non ufficiali romeni; e quanto ai russi, costoro sono accantonati nelle vicinanze della città che essi stringono in un cerchio di ferro come per un assedio, dominandone tutte le vie d'accesso e di sortita. I due Quislmg romeni Gheorghlu Dej. segretario del locale partito comunista, e Chivu Stoica, presidente del Consi¬ gtqrpttamn glio, hanno sancito con ostentato volonteroso entusiasmo questo stato di fatto, dichiarando pubblicamente che « la permanenza delle truppe sovietiche in Romania è giustificata dall'esistenza di un blocco aggressivo occidentale, dalla militarizzazione della Germania di Bonn, dall'installazione di basi americane in territorio europeo e dal rifiuto degli Occidentali di regolare il problema del disarmo». Sono povere scuse, come si vede, ma in Romania non c'è nessuno che si arrischi a contestarle. «Per quattro giorni sono stato in giro a Bucarest — ci dice il nostro informatore svizzero — e mai mi è capitato di incontrare un uomo valido, diciamo un uomo giovane Ano ai trentacinque anni ». Sono tutti scomparsi dalla circolazione, deportati in massa clandestinamente, probabilmente al seguito, del primo convoglio che dopo la dimostrazione di Cluj condusse dalla Trunsilvania in Bessarabia a « rieducarli » 1 trecento studenti, prime vittime della repressione sovietica. Si dimisero allora il Ministro dell'Educazione Nazionale e i suoi tre sottosegretari, ma il gesto di protesta civile non ottenne l'effetto di arrestare la macchina militare poliziesca Paese senza giovani, ridotto a mancare di braccia valide e di cervelli attivi, la Romania del resto è stata presa anche per fame dalla Russia. Le condizioni elementari della sua sopravvivenza sono di fatto garantite solo in virtù delle 450 mila tonnellate di frumento e delle 60 mila tonnellate di altri cereali che il governo sovietico ha «prestato» in questi giorni al governo Stoica, compiendo un'operazione che tra il militare e l'economico consente adesso a Mosca di disporre in assoluto delle sorti romene. Vittorio Gorresio

Persone citate: Chivu, Consi, Molotov, Stoica