Nessuna autopsia sulla salma dell'agricoltore morto a Vignale

Nessuna autopsia sulla salma dell'agricoltore morto a Vignale Nessuna autopsia sulla salma dell'agricoltore morto a Vignale La figlia del defunto, indicata come presunta accusatrice, nega che il fratello possa avere compiuto il parricidio (Dal nostro Uiviato speciale) Vignale Monf., 11 dicembre. Domenica, a Vignale, cominciò a circolare la voce che ieri o. al massimo, oggi sarebbe stata esumata la salma del l'agricoltore Giovanni Battista Foresti, perché la morte di lui avvenuta il 7 settembre u. s. sembrava imputabile a vene fìcio. Il veleno gli sarebbe stato propinato ne] vino da suo figlio Remigio. Va subito detto che la voce trovò scarso credito, soprattutto nella frazione di San Lo renzo, residenza dello scomparso e del figlio, dove quest'ultimo è considerato assolutamente incapace di un ge sto simile. Tuttavia, essendo egli sta*" arrestato in seguito «per mal*, attamenti » alla vec chia madre (82 anni) e dato che la denuncia di supposto veneficio partiva — a quanto si diceva — da sua sorella Evasi na, si attendeva il seguito con una certa curiosità. Ieri l'esumazione non ebbe luogo. Oggi, nemmeno, e non già per il tempo piuttosto cattivo. Presumibilmente, non avverrà neppure in seguito. Il medico dott. Leone Gatti che ebbe in cura il vecchio, ne attribuì la morte a miocardiosclerosi. Egli aveva 85-86 anni, ed era dato come «spacciato » da due o tre anni. Ai disturbi del cuore, si univa anche un pessimo funzionamento dei reni. — Nella sintomatologia della morte — ci dice il dott. Gatti — non appariva alcun sospetto di veneficio. Pare che questo sia venuto fuori dalla scoperta di un vino acido e torbido trovato in casa del defunto. Ma sembra pure che la causa dei due difetti sia imputabile a un'eccessiva presenza di iposolfito... Sentiamo la signora Evasina. E' furente contro « le cose ch'à fé nen giuste ». Secondo lei. il fratello « l'è nen bon » ma mai fino a un punto simile. Anche su i « maltrattamenti » alla madre, bisogna intendersi. Essi si limitavano a « farla mangiar malamente », mine¬ stra « slavata » o che «la spuzzava » mentre lui e sua moglie, che abitavano in un'altra casa, consumavano « il più bello e il più buono ». Di tutto quanto poi, l'Evasina incolpa, più che il fratello, la moglie di lui. A lui, andrebbe rimproverata un'acquiescenza di debole, una complicità indiretta. « Non era dunque capace — ci dice letteralmente la signora Evasina — di prenderla per 1 capelli? » Quanto al vino, se fu lei oppure no a insospettirsi, ci risponde: — Io non so come abbiano fatto a dire così. Io non c'entro niente. Giovanni Battista Foresti aveva tre figlie, tutt'e tre sposate, due a Torino, una a Legnano e un figlio, sposato anche lui e residente a San Lorenzo. Nel testamento, egli ha lasciato la « legittima » alle donne e il grosso ai tre nipotini avuti dal maschio, con usufrutto per i loro genitori. Evasina dice che « se volemo guarda », ciò non è completamente giusto ma, all'origine di tutta la faccenda, l'eredità non c'entrerebbe affatto. a. a.

Persone citate: Gatti, Giovanni Battista, Leone Gatti

Luoghi citati: Legnano, Torino, Vignale