"Noi impugneremo le armi anche se non abbiamo speranza" di Vittorio Gorresio

"Noi impugneremo le armi anche se non abbiamo speranza""Noi impugneremo le armi anche se non abbiamo speranza" L'eroico appello radio degli insorti magiari ascoltato in Jugoslavia - Aperte accuse sovietiche a Tito di fomentare la rivolta nei Paesi satelliti - Belgrado sospende la restituzione dei profughi ungheresi a (Dal nostro inviato speciale) Belgrado, lo dicembre. Trentadue morti, ottantadue feriti, duemilaquattrocento arresti. Combattimenti in corso a Komaron, a Szombately, a Magyarorvar. Dalle miniere di uranio di Pecs viene la segnalazione di altri sette, morti e di quattordici feriti in un con¬ crovKsrtDiflitto che avrebbe avuto mo-|fmenti di acutissimo, dramma- ?ficissimo impegno. E poi per dodici minuti, dalle 9,20 alle 9,32, ripetuta stamane da una radio clandestina ungherese, la trasmissione di un annuncio autenticamente eroico nella sua follia disperata: < Non abbiamo paura di nessuno, non abbiamo paura di nessuno. Se la causa della nostra libertà ci impone di prendere per la terza volta le armi, noi prenderemo le armi anche senza speranza di successo. Non abbiamo paura di nessuno, nessuno. Viva la libertà, viva gli operai ungheresi, viva i contadini ungheresi, viva gli studenti ungheresi ». Così stamane sono giunte a Belgrado le notizie della terza insurrezione ungherese. I circoli ufficiali jugoslavi sono stati colti da un senso di vero sgomento. La prima conseguenza immediatamente prodottasi pare sia stata la revoca dell'ordine di consegna alle autorità ungheresi di frontiera del secondo gruppo di rifugiati che, In numero di novanta, avrebbe dovuto tornare in patria attraverso il valico di Rotoriba; i primi cinquantuno erano passati all'alba di venerdì da Horgosc e il contr'ordlne per la seconda spedizione sarebbe venuto ieri sera non appena si seppe dei primi, nuovi fatti d'arme. < Non è nostra intenzione ingerirci nella situazione interna ungherese — ha dichia rato un portavoce — ma se possiamo evitare di esporre a nuovi pericoli novanta persone, siamo in dovere di ascoltare la voce imperativa della coscienza umana >. Il problema che si pone alla Jugoslavia è in questo momento di estrema delicatezza: fonti comuniste dì ubbidienza staliniana hanno difetti già formulato una specie di condanna contro Belgrado, afferman do che la responsabilità di quanto sta accadendo in Ungheria ricade tutta su Tito. Tito ha ispirato il discorso di Kardelj venerdì scorso, facendogli dichiarare che la migliore soluzione del problema politico ungherese si poteva trovare sulla linea dei metodi jugoslavi: Kardelj aveva Infatti raccomandato l'adozione del sistema vigente in Jugoslavia dei Consigli operai di gestione e in perfetta coincidenza con le sue dichiarazioni alla Scupcina, venerdì scorso il Consiglio centrale operaio di Budapest presentava le sue richieste al presidente del < Praesidium » della 'repubbli- lj ca ungherese, Istvan Dobi. Le richieste del Consiglio centrale operaio ungherese riproducevano esattamente i concetti di Kardelj, e l'identità non è sfuggita alle sospettose autorità sovietiche che non hanno tardato ad ottenere da Istvan Dobi che ponesse una Arma in calce al decreto che mette |fuori legge i Consigli operai e ?he ordina lo scioglimento del¬ e a a i i o a la milizia popolare La motivazione che ne è stata data è che il governo jugoslavo continua con la solita protervia ad interferire nella situazione interna ungherese, sempre tentando d'influire ideologicamente sui lavoratori di un altro partito: cosicché per salvare la purezza dottrinaria degli operai di Pecs, le forze sovietiche hanno ricominciato a sparare. Condro una così truce risoluzione, Radio Belgrado è stata prontissima ad elevare la sua protesta, dando aperta conferma di quanto stesse a cuore al governo jugoslavo la sorte dei consigli operai tanto caldeggiati da Kardelj. In una sua emissione di questa sera, la radio jugoslava ha dichiarato infatti che la messa fuori legge dei consigli operai è «un durissimo colpo inferto contro la democrazia socialista, e l'avvenire prossimo dimostrerà tutta la gravità della decisione. I consigli operai ha continuato Radio Belgrado — erano la sola forza sulla quale si potesse contare per un ritorno alla normalità nella vita politica ungherese, che invece il governo Kadar mostra con i fatti di non voler o non potere perseguire >. Il senso essenziale della protesta, che è assai lunga e circostanziata, è insomma una nuova — r» la più dura sino ad ora — sconfessione di Kadar, e qui ha destato qualche stupore il fatto che essa sia stata formulata con tanta immediatezza. In genere la ra dio jugoslava non aveva mal preso posizioni simili se non dopo avere lasciato trascorrere non poche ore, ma piuttosto diversi giorni o settimane La spiegazione della insolita prontezza è tuttavia nel fatto che la Jugoslavia è stata mes sa questa volta direttamente sotto accusa, essendole stato attribuito il ruolo di provocazione che fino ad ora era stato riservato alle « guardie bianche» di Horthy e alle forze oscure del capitalismo reazionario. Vittorio Gorresio

Persone citate: Horthy, Kadar