Mosca rimprovera agli scrittori magiari di appoggiare la causa della rivolta

Mosca rimprovera agli scrittori magiari di appoggiare la causa della rivolta Gli intellettuali rifiutano la disciplina di partito Mosca rimprovera agli scrittori magiari di appoggiare la causa della rivolta Un minaccioso attacco della "Gazzetta Letteraria,, - Gli artisti di Budapest "seguono la falsa bandiera delle libertà di pensiero e di creazione,, - Essi hanno "venduta l'anima all'Occidente,, • Si teme che vengano deportati dai russi (Dal nostro corrispondente) • Mosca, 1 dicembre. Con irritazione appena mascherata, Mosca è costretta a rivelare che gli scrittori ungheresi non hanno nessuna intenzione di spegnere la critica, di rassegnarsi al conformismo ministeriale, né di dedicarsi al mediocre ruolo di incensatori del regime. « Da che parte sono gli scrittori ungheresi? » chiede stamane ruvidamente la Gazzetta Letteraria, tradendo la preoccupazione della capitale russa per l'indipendenza intellettuale di Budapest. Lo spirito disciplinare degli scrittori sovietici (Sciolokov, al XX Congresso, le chiamò « anime morte », giudizio che sarebbe difficile revocare in dubbio) si inquieta davanti al comportamento coraggioso delle penne magiare. Nella mente degli scrittori dell'URSS non esiste il più piccolo dubbio circa il posto che essi debbono occupare: sempre e in tutti i casi al fianco del potere costituito, del governo e dei carri armati Ed essi dunque si meravigliano anche di un semplice accenno di opposizione e se ne ritraggono inorriditi. La domanda della Gazzetta Letteraria rivela l'inguaribile mentalità sovietica per la quale o si è dalla parte dell'URSS, del potere comunista, o si è dalla parte dei reazionari e degli aggressori. Vie intermedie, sfumature, non sono nemmeno concepibili. Ecco perché con aria insinuante Alessandro Ro manov, l'articolista della Gazzetta Letteraria, scrive che « l'ideologia borghese ed un vento di decadenza occidenta le hanno fatto presa da molto tempo sugli scrittori ungheresi ». Molti di essi, accusa Romanov, da molto tempo si vanno opponendo al principio leninista, secondo il quale la let teratura deve essere impregna ta di « spirito di partito », ed agitano la c falsa bandiera della libertà di pensiero e della libertà di creazione ». Sappiamo, perché gli stessi giornali sovietici l'hanno affermato, quale scempio fu commesso nell'Unione Sovietica della indipendenza creativa degli scrittori russi durante il ventennio del «culto della personalità». Autentici talenti furono" "messi a tacere, valide opere d'arte furono buttate a) macero, sotto l'accusa che essi violavano la fedeltà allo « spirito di partito », ed agitavano la < falsa bandiera » della libertà di pensiero. Oggi nella stessa Unione Sovietica si è aperto un processo di revisione e di riabilitazione, si tende a riconoscere che fu un errore perseguitare tanti fervidi cervelli. Ma la lezione non sembra, evidentemente, matu rare I suoi frutti: si continua a chiedere piatta obbedienza Le accuse della Gazzetta Letteraria agli scrittori unghere si si susseguono a cascata. « Da molto tempo essi sono scivolati fuori dalle mani del partito e dalla guida del governo ed hanno venduto le loro anime all'Occidente ». Amareggia il disciplinato Alessandro Romanov il fatto che gli scrittori magiari, durante le tragiche giornate della rivoluzione, non furono dalla parte dei c li- G«ppu«tctrrmtrensdpulvberatorì », al contrario si allearono clandestinamente agli ipinsorti e quando la rivolta fu | ni""0!" nssunsercT un atteggia- . mento risolutamente antigo- ì vernativo. Il governativo scrittore ao- ; vietico si abbandona a confessioni assai interessanti. Egli chiama in causa un gruppo di letterati ungheresi per nome é cognome, con i quali ebbe modo di conversare durante una vìsita a Budapest La cupa aria di repressioni scesa sull'Unghe ria fa tremare per la loro sor te. Si tratta di Giulio Fekete, segretario della Unione degli Scrittori magiari, di Istvan Erken, Sandor Nagy, di Michele Mate, di Peter Kuczka, di Endre Veszi ed altri. Il sovietico Romanov racconta le! accalorate discussioni che ebbel con loro nelle fredde e fumose! stanze di un club di Budapest.1 Istvan Erken usci a dire che non si delineò mai una minaccia di controrivoluzione (è la versione di quasi tutti i. corrispondenti stranieri testimoni delle tragiche giornate dell'insurrezione); con animo scan dalizzato Koi.i^nov riferisce che gli altri scrittori o tacque ro o approvarono. E il discorso di Peter Kuczka risultò drappeggiato da parole come « nazione »» e « deportazione », afferma l'articolista' che si ! guarda bene dal farci sapere di più; noi, tuttavia, poesia mo facilmente intendere il senso di questi monchi frammenti. La conversazione toccò anche il modo col quale l'ONU trattò la questione ungherese. Improvvisamente traspari — riferisce Romanov — che gli scrittori magiari favorivano l'atteggiamento dell'Assemblea I : |\I Generale e approvavano, la «sporca» risoluzione dei rappresentanti di Cuba, preoccupati della sorte dei deportati ungheresi verso l'Oriente. Le « sozze » calunnie de) delegato cubano non suscitarono la condanna nemmeno del segretario dell'Unione degli scrittori ungheresi. Giulio Felcete — rimprovera l'autore dell'intimidatorio articolo. «La questione: Da che parte state vói, scrittori d'Ungheria? è all'ordine del giorno», egli conclude. « E' una questione aperta, a cui occorre dare subito una risposta ». Noi crediamo che ogni uomo onesto può immaginarla: gli scrittori ungheresi non erano certi dalla parte dei carri armati sovietici; erano dalla parte del popolo. ' Alfredo TodlSCO

Persone citate: Alessandro Romanov, Endre, Giulio Fekete, Peter Kuczka, Romanov, Sandor Nagy