Un inviato di Nehru a Budapest chiede a Kadar notizie di Imre Nagy di Massimo Conti

Un inviato di Nehru a Budapest chiede a Kadar notizie di Imre Nagy SS' atteso per domani l'ambasciatore indiano I£x*isMana Menomi Un inviato di Nehru a Budapest chiede a Kadar notizie di Imre Nagy 11 dott. Khosla, capo di una missione diplomatica, compirà un'inchiesta sulla rivolta popolare - Oli operai tornano al lavoro per non aggravare la situazione economica del Paese - 85 mila profughi in Austria (Dal nostro inviato speciale) Vienna, 26 novembre. Janos Kadar ha ricevuto l'in viato straordinario di Nehru, il dott. Jagan Natii Khosla, giunto a Budapest per un'inchiesta sulla situazione in Ungheria. Non si è avuto alcun comunicato ufficiale dopo l'incontro, ma si è appreso poi da buona fonte che, fra l'altro, il dott. Khosla ha chiesto a Kadar esaurienti informazioni sullo deportazioni sovietiche e in particolare sulla scomparsa di Imre Nagy, fatto prigioniero dai russi insieme con 47 persono che s'erano rifugiate nell'Ambasciata jugoslava di Budapest. Il dott. Khosla, capo della missione diplomatica indiana a Praga, si fermerà nella capitale quattro giorni e forse gli sarà possibile prendere contatti con rappresentanti degli operai magiari. Dopodomani arriverà a Budapest l'ambasciatore straordinario dell'India Menon, anch'agli incaricato dal Pandit Nehru, di condurre una inda¬ gine sugli avvenimenti d'Un111111111:1 i111111 ri n 11111111 e 1111111111 ; 111111 r11111111 m > gherxa. La presenza nella capitale di due osservatori neutrali è un fatto di notevole interesse. Per la prima volta dal SS ottobre, inizio della sollevazione popolare, 1 russi hanno offerto a due osservatori neutrali la possibilità di Indagare sulla situazione nel Paese. Tutti i precedenti tentativi m questo senso fatti dalle Nazioni Unito erano stati sempre respinti. Evidentemente i sovietici considerano la situazione abbastanza «normalizzata»: quel tanto che basta alinolo per affrontare il rivelilo di un'inchiesta di giudici imparziali e per mitigare di conseguenza la brutta impressione determinata dai precedenti rifiuti di far entrare in Ungheria i rappresentanti dell'ONU. Si spera a Budapest — non sappiamo se con troppo ottimismo — che l'inchiesta indiana possa contribuire al chiarimento del caso Nagy. L'ex-Primo Ministro è diventato il simbolo del < nazionalcomunismo » ?ici Paesi assoggettati all'URSS, accanto a Tito e a Gomulka, anzi su posizioni molto viìi avanzate degli altri due. L'accusa rivolta a Nagy dai comunisti ortodossi di avere superato gli stessi limiti del < titoismo > o del « gomulkismo ». passando al di là della barricata socialista, non e considerata evidentemente valida né in Jugoslavia né in Polonia. La protezione accordata da Tito all'e.c-Premier magiaro e le manifestazioni di simpatia dei giornalisti e degli studenti polacchi, 1 quali hanno chiesto < che si ripari all'ingiustizia dell'arresto di Nagy », sono segni non trascurabili. Trybuna Volnosci, un importante settimanale comunista polacco, scrive stamane ohe « il giudizio di Tito sui più recenti avvenimenti d'Ungheria coincide pienamente con quello di Varsavia». Ed è molto signijicatwo il favorevole atteggiamento dei comunisti polacchi e jugoslavi nei confronti di Nagy, considerato ora la vittima di Mosci. La Borba, organo del partito comunista jugoslavo, sostiene che Janos Kadar faccia diffondere voci atte a convalidare la tesi del rapimento come un complotto fra Mosca e Belgrado. Che cosa dicono infine i sovietici? tNon sappiamo nulla della faccenda — ha dichiarato il generale Laschenko, comandante della piazza di Budapest, all'inviato del giornali comunista danese Land og Folk. — Al nostro quartier generale Nagy non si è visto ». Può darsi che questa dichiarazione sta stata dettata esclusivamente ad uso e consumo dei lettori comunisti danesi. Le presunte affermazioni del ge¬ nerale russo sono in contrasto con quelle dello stesso Goman do sovietico a un'altra delegazione di opera* magiari, incaricata dal Consiglio rivoluzionario di chiarire il caso. Agli operai i portavoce del Comando hanno lasciato intendere che il « trasferimento » di Nagy e dei suoi otto ministri 111 fiomiiHo, è colpa di Kadar, il quale negò loro il permesso di soggiornare a Budapest (per ragioni di sicurezza del capo del governo comunista). Quindi i russi non avrebbero fatto altro che scortare Nagy durante il viaggio verso ti vicino Paese socialista. Lo stesso Nagy avrebbe accettato di buon grado la soiuziune, visto che Kadar non gli consentiva — dicono 1 sovietici — di andare in Jugoslavia. Tanto Kadar quanto i russi temono la reazione degli operai ungheresi al rapimento, e quindi, di comune accordo, si palleggiano le responsabilità, trincerandosi dietro l'equivoco. Aliti 1 russi sì sono spinti sino al punto di dire agli stessi operai che se i governi di Budapest e di Bucarest danno loro il permesso, essi sono liberi di andare a trovare in Romania i prediletti ministri. Nonostante le poco soddisfacenti risposte di Kadar e del Comando sovietico sul caso Nagy, i Consigli degli operai di Budapest hanno deciso di non continuare lo sciopero generale per non aggravare maggiormente la situazione economica del Puesc. Nessuna delle richieste dei lavoratori è stata' accolta dal governo e gli operai hanno dovuto accontentarsi] delle promesse fatte da Kadar, quali le trattative future per il ritiro dell'Armata Rossa dall'Ungheria, e 1 rimpasti mini cc1sBdfolCsalccdtpsterialt con la partecipazione < di « non comunisti» e di tecni ci. Così oggi gli operai ungheresi hanno ripreso il lavoro in tutto il Paese. Ciò non significa che si sia lavorato in tutte le fabbriche, che i danni prodotti dai combattimenti e dai bombardamenti, nonché ta mancanza di energia elettrica hanno consentito solo una parziale ripresa della produzione, difettano inoltre t mezzi di trasporto, treni e tram, cosicché molti operai non possono raggiungere in tempo utile ie fabbriche. Nelle miniere sono mancati all'appello molti lavoratori, specialmente giovani, caduti nei combattimenti 0 fuggiti m Austria per tema di rappresaglie. (I minatori furono fra i più accaniti combattenti della rivoluzione). Si può dire insomma che oggi a oltre un mese dalla sollevazione è stato compiuto il primo passo verso la normalità. Come si prevedeva, la resistenza passiva è finita per < autocombustione ». (Anche lo afflusso dei profughi in Austria è diminuito: oggi hanno var- \ cato il confine 2.200 persone contro le 5.500 di ieri. In totale 1 rifugiati unqheresi in Austria sono finora circa 85.000). I carri armati russi chi stasera a Budapest trascinavano a rimorchio le vetture tranviarie danneggiate, sano l'ultimo quadro della tragedia di Ungheria. Massimo Conti