Se non si provvede i tesori andranno in rovina

Se non si provvede i tesori andranno in rovina INCREDIBILE SITUAZIONE DEI MUSEI ITALIANI Se non si provvede i tesori andranno in rovina Ci vorrebbero cinquantatre miliardi (tra spese indilazionabili, ur genti e meno urgenti) e in pratica si dispone di pochi milioni Ci sono in Italia, per quanto concerne l'arte, oltre 150 grandi Musei e Gallerie statali d'ec- cezionale importanza: per fareun esempio, dall'Egizio e dalla Sabauda di Torino agli Uffizi ed al Bargello di Firenze, daBrera di Milano al Nazionale eal S. Martino di Napoli, dall'Accademia e dal Palazzo Ducale di Venezia al Nazionale Romano e alla Borghese di Roma, dalla Estense di Modena al Palazzo Ducale di Mantova, dalla Pinacoteca di Bologna alla Galleria di Perugia, dall'Antiquarium di Pompei e di Paéstum al Museo di Palermo. Ci sono Inoltre più dì 400 Musei e Gallerie comunali su cui lo Stato deve esercitare la tutela. Ci sono poi gli Scavi, i Monumenti e gli ambienti storici, le bellezze naturali e via dicendo. Tutela questo stermi¬ nato patrimonio artistico culturale il Ministero della Pubblica Istruzione attraverso la Direzione Generale delle An tuptichità e Belle Arti, dalla qua- l le dipendono 58 Soprintendenze p alle Antichità, ai Monumenti, dalle Gallerie. | m Quanto spende lo Stato ita-i gnano per la conservazione, la j gvalorizzazione e il reddito (si tvedrà ora perché usiamo que sta parola) di codesto patrimonio? La previsione delle spese per l'esercizio finanziario 1955-56 è stata di sei miliardi e 760 milioni: di cui 4 miliardi e 400 milioni corrispondenti a stipendi, salari, indennità ecc. al personale di amministrazione; e un miliardo e 343 milioni alle Accademie di Belle Arti, Conservatori musicali, accademie drammatiche e di danza, istituti d'arte e simili. Ne consegue che la spesa effettiva per i monumenti, i Musei, le Gallerie gli scavi, 1 restauri e tutto quanto riguarda in concreto il tesoro artistico e archeologico italiano, si riduce ad un miliardo ed una quindicina di milioni. Per fortuna |a questa cifra irrisoria (nei confronti della sua destinazione) son da aggiungere forse quattro miliardi provenienti, per gli edifici pubblici, dai Provveditorati regionali alle vtvp«tgnaslzgllvSsttllgtcdsOpere Pubbliche, e per le cose i ed'arte, da Enti come la Cassa ddel Mezzogiorno e dai governi nregionali. aUn po' più di un miliardo,! ddunque, è la somma che il Mi-I e i a e a e nistero della P.I. pone in bilancio in un anno per tenere in piedi, in questo nostro straordinario Paese, tutto ciò che nel corso di millenni gli uomini sChanno creato con intendimenti Cartistici. Abbiamo questa in- credibile precisazione dal prò-! dfessore Carlo L. Ragghienti, ; docente universitario, insigne! critico e storico d'arte, al qua-; le si deve una strenua ed or-, zmai annosa campagna — atti-: vata anche nell'ambito parlamentare — per la riforma dell'amministrazione artistica italiana, per" la difesa di un meraviglioso patrimonio che vai in rovina. | èE la parola non è troppo for-. te, se si considera che la ri- '. chiesta di fondi delle Soprin- ! tender.ze — in base a un re-| cente referendum fra 1 respon-' labili di queste — contempla! una spesa cosi ripartita: spese! indilazionabili, diciotto miliar-\ di; spese urgenti, ventidue mi-;liardi c mezzo; spese meno urgenti, tredici miHardi. Sono I dati raccolti e pubblicati in «Comunità» dal RagghientiI con un preciso, documentatis- ; simo e addirittura implacabile i esame della situazione impres- ' sionante in cui si trovano il nostri Musei, le nostre Galle-1 rie, i nostri monumenti, e gliI scavi, i restauri e tutto quan-i to l'apparato scientifico, coiti-! presa la compilazione e pub-i biicazione degli inventari e dei: ca tnloirhi delle cose artistiche catalogni delle cose artistiche; esistenti sul territorio nazio-j naie, relativo alle Antichità eiBeile Arti italiane; e basti in-1 dicare il fondo annuo per ili funzionamento e l'incremento i dell'Istituto Centrale del Re-1 stauro, ch'è di un milione e\ „H \ mezzo. Contro questi stanziamenti I miserabili, inconcepibili il. un Paese civile che fra tutti i Pae si tradizione artistica, stanno al tre cifre edificanti (e confor tanti) che riguardano il turismo. Nel 1955 sono entrati in Italia 10 milioni e 786 mila stranieri, i quali vi hanno speso 230 miliardi. Tenendo conto delle presenze nelle città cosi dette « d'arte », le statistiche ci accertano che il patrimonio ar- istico italiano ha procurato In un anno al bilancio dello Stato, er entrate turistiche, 112 raiiardi e 600 milioni in valuta regiata. E si potrebbe dilatare 'assai la cifra, perché — come giustamente scrive il Rag- ghianti — la scelta del « Viag- gio d'Italia » non è dovuta solanto alle bellezze naturali, ai vantaggi climatici, alle acque erapeutiche, alle distrazioni di ario genere che si trovano del pari in altri Paesi dei mondo, ma soprattutto al fatto che utte queste cose si accompagnano con quella natura umanizzata e con quel patrimonio artistico e civile che motivano, enza nessun dubbio possibile, 'ultima decisione di preferenza ». E' chiaro perciò che il rigoglio del turismo italiano è per a metà debitore dell'arte itaiana. In qual modo — attraverso l'amministrazione , dello Stato — se ne sdebita? In questo modo: la spesa per le Anichità e Belle Arti rappresena un sedicesimo (il 6%) del'introito turistico connesso con 'apprezzamento esclusivo o di gran lunga prevalente del parimonio artistico nazionale, e circa un trentaduesimo (il 3%) dell'introito turistico totale. Se si tiene conto poi della spesa effettiva — come s'è visto dello Stato per questo patrimoni0, il rapporto diventa di cento ad unC)i di duecento a meno di uno. Non 'basta. Nel 1954 gli aluti statali ad alcuni Enti lirici hanno oltrepassato i tre miliardi: alla Scala sono andati 790 miioni, all'Opera di Roma 780, al Comunale di Firenze 495, al San Carlo di Napoli 605, al ComunaIe di Bologna 130, all'Acoademia di S. Cecilia a Roma 315. si puo oaicoiare che lo Stato eroga tra t sei e i dieci miliardi annui per provvedere alla funzione culturale dell'opera lirica, dei concerti, del teatro di pro¬ sa (quest'ultimo in sale spesso mezzo vuote). Al patrimonio artistico, che rende quel che si è detto, ne destina poco più di uno. Sta bene che impresari, apocomici, cantanti, scenogra- fi, professori d'orchestra, atto ri, ecc. devono mangiare, mentre Tiziano, Raffaello, Michelangelo non mangiano più. Ma tutto ciò in definitiva significa che nella considerazione dei reggitori la cosa pubblica Teseeuzaone di una qualsiasi opera 'inca.' di una qualsiasi coramedia, è sei o dieci volte più im portante di Tiziano, Raffaello, „ teatro bisogna sostenerlo. Quegli altri se ne stian quietl nell'ombra dei Musei gelidi, Tanto gli stranieri vengon solo nella bella stagione, E si vuole una giunta? Il paio di miliardi d'introiti dei maggiori teatri lirici italiani restano a favore dei bilanci sin «olì degli Enti lirici. Ma i 9 mil,oni annui che f- Galleria Bor?hes« raggranella coi Michelangelo e loro compagni. bi¬ Saetti d'ingresso a 50 lire son ver3atl Centrata generale del,„ gtat ohe a„a GalIerla Bor. gnese dà iu d.un millone an'anno. Questi pochi dati (e cento altri, incredibili, che si potrebbero citare) denunciano l'insostenibile situazione del nostro patrimonio artistico, la cui gestione, diceva anni fa un eminente economista italiano, sarebbe meglio fosse data in ap- «n manager americano. Il Raggiranti propone rimedi var'. Ma il primo, secondo noi, è creare in proposito, come intende l'associazione « Italia nostra », una coscienza nazionale; il secondo costituire un Ministero del Turismo, Belle Arti e Spettacolo. Se non lo si fa in Italia, dove lo si vuol fare? Marziano Bernard!

Persone citate: Carlo L. Ragghienti, Marziano Bernard