"Quando i russi discutono gli albanesi cominciano a fucilare" di Vittorio Gorresio

"Quando i russi discutono gli albanesi cominciano a fucilare" FERMA RISPOSTA DE RXSXmGRJLJDO MOSCA. "Quando i russi discutono gli albanesi cominciano a fucilare" Il Maresciallo è tornato nella capitale - I segni di crisi nel mondo comunista (Dal nostro inviato speciale) Belgrado, 26 novembre. La Borba di domani darà agli ultimi attacchi -della Pravda una risposta che sarà insieme energica e sarcastica. Il testo della lunga risposta — quattro colonne del giornale — porta la firma di uno dei più autorevoli editorialisti del quotidiano ufficioso, ma nessuno dubita che la prosa sia dovuta allo stesso Tito, il quale ritornato ieri nella capitale, si sarebbe dedicato, come primo compito, a rispondere ai russi. E risponde così: «Lo stile polemico della " Pravda " è ancora tutto Intriso di metodi staliniani, e nel suo lungo articolo, fra le cinquemila e cinquecento parole che lo compongono, formicolano interpretazioni arbitrarle e grossolane falsificazioni delle nostre tesi. Va tanto oltre 11 limite normale della polemica, che ci verrebbe davvero voglia di domandare se il sistema sociale e politico vigente in Russia è un sistema socialista o no. <Noi siamo comunque molto lieti che la Pravda si sia questa volta mostrata pronta e disposta alla discussione, e consideriamo questo fatto come un fatto positivo, poiché crediamo sinceramente che se nel passato ci fosse stata questa abitudine alla discussione su un piede di uguaglianza, non sarebbe mai accaduto quello che, per esempio, è successo in Ungheria. « Ciò nonostante la Pravda pure mettendosi a discutere, sembra voler ribadire la tesi che poiché esistono internazionalmente i reazionari, noi che siamo nel campo socialista ci dovremmo astenere da ogni critica costruttiva per non fare il gioco dei reazionari. Ciò non altro significa se non che dovrebbe essere proibito di guardare in faccia la realtà. Ma proprio pei avere seguito questo nefasto sistema è accaduto che taluni partiti comunisti non hanno mai corretto gli errori del passato, mancando di applicare coraggiosamente le deliberazioni del XX Congresso ». Venendo a un caso che eccita particolarmente la sensibilità di Tito, la Borba prosegue: « Parliamo, per esempio, di Emre Hohya, perché non dovremmo citare, a suo riguardo, il precedente di Rakosi e di Geroe, uomini ai quali la Russia ha continuato a dare il suo appoggio anche quando era evidente che tutto il popolo era contro di loro? E in ogni modo, tenendo conto della dimostrata buona disposizione della Pravda a una critica costruttiva e in pari tempo dei recenti avvenimenti logistl'eundustdinail esstgrcofo< Igitraritatpudrvl'opaPrdi Tirana, non possiamo im- Copedirdi di trarre questa con clusione morale: «c Quando 1 compagni sovietici cominciano a discutere, 1 compagni albanesi cominciano a fucilare ». In questa battuta di genere atroce culmina il senso polemico della risposta della Borba., la quale poi si addentra a confutare una per una le accuse della Pravda, scendendo comunque a disquisizioni ideologiche che qui interessano poco. Interessa di più il senso generale della risposta che abbiamo dato che Viene a dimostrare come continuino le liti su tutto il fronte comunista. La Polonia ha dato oggi, anch'essa, il suo piccolo colpo di spillo alla Jugoslavia: unendosi al coro della stampa orchestrata dai sovteftct in lutti i Paesi di democrazia popolare, ha scritto infatti oggi la Trybuna Volumsci di Varsavia: « Tito ci ha detto che gli jugoslavi intendono lottare a fianco dei compagni polacchi contro le tendenze che affiorano in altri partiti e in altri Paesi, ad Occidente come ad Oriente. Noi polacchi apprezziamo questa proposta di fraterna collabora zione; ma dobbiamo chiarire che questa cooperazione che ci si chiede non può significare che noi accettiamo la via jugoslava al socialismo ». La grande accusa mossa dalla Pravda a Tito di volersi far prendere a modello, ha dato i suoi frutti anche a Varsavia, vequI d(danuaFlagNtoshztltcPvptpnlocdcmnde in questo modo non si ha P**\ Polonia era forse l'ultima spe-|aaronza di mercato e perciò la delusione jugoslava, anche se limitata al piano ideologico, è sentita più amaramente e quasi fa passare inavvertito un nuovo colpo inferto oggi contro Tito dagli albanesi. Dopo it duro discorso di Enver Hohya, dopo le tre fucilaioni dell'altro giorno, è venula la volta di Hifni Kapo, membro del Politburo albanese, che al lostsctinmcsigticenorewó^X«WrWai Tirana KuoSawcnte Udt Tirana ha.nuovamente ae i tranciato il Maresciallo di^in- ltrighi contro l'Albania: «Tito -Jm serve di agent» juoosla^che legli pretende siano dei semplxciLWwtahnurti, ma che in realtà|sono dei traditori stranieri infiltratisi nel nostro Paese». Metterà appena il confo di notare che il cosidetto tradi- tore straniero è il generale di origine montenegrino Petar Bu- loti Balatovic, fucilato l'altro | sgiorno a Tirana dopo essere sstato comandante in capo dell'esercito aibanvsc fino al 1948: un Rokossovski in miniatura, dunque, che non avrebbe chiesto di meglio fin da allora che di avere la possibilità di ritornare in patria. Comunque, oggi il sottosegretario jugoslavo agli esteri. Dobrivoje Vidic, ha chiesto al ministro d'Albania a Belgrado, Ptro Kogi, di prender cognizione dell'atto di accusa formulato contro Balatovic: < In secondo luogo — ha aggiunto — chiedo che ci venga trasmesso, per nostra regolarità anagrafica, anche il suo atto di morte ». Guardando, infine, ad altri punti cardinali fuori del quadrante comunista, la Jugoslava cerca spirargli al sud e all'ovest. Si è cominciato a preparare con cura la visita del Presidente del Consiglio greco Costantino Karamanlis, che verrà qui per una visita di quattro giorni il 4 dicembre, e qlTdzmlsdjMcmrvproedsdlids si vorrebbe che in quell'occasione si potesse parlare con qualche fondamento di un < rilancio » del Patto balcanico fra Turchia, Grecia e Jugoslavia dell'anno scorso. Le speranze di buon esito sono certamente poche, ma Cè m questo la prova di un desiderio jugoslavo di iniziativa. Infine, per passare all'Occidente, la Lega dei comunisti jugoslavi ha invitato Matteo Matteotti a venire a Belgrado con una delegazione socialdemocratica italiana. Il segretario del P.S.D.I. dopo la sua avventura ungherese ha qui molto prestigio; è inoltre in buone rela2ioni con Kardelj, ili cut fu ospite a Brioni l'estate scorsa, e apparirebbe quindi l'uomo indicato per allacciare la Jugoslavia con i socialisti dell'Occidente, ora che i comunisti italiani e francesi hanno voltato dispettosamente le spalle per la secondo volta in otto anni. Vittorio Gorresio

Persone citate: Brioni, Costantino Karamanlis, Emre Hohya, Enver Hohya, Kapo, Matteo Matteotti, Rakosi, Vidic