Scrittori sovietici rispondono alla protesta degli intellettuali francesi

Scrittori sovietici rispondono alla protesta degli intellettuali francesi Scrittori sovietici rispondono alla protesta degli intellettuali francesi Nella lettera non figurano Ehrenburg, Polivoi e i nomi della vecchia fronda letteraria (Dal nostro corrispondente) Mosca, 22 novembre. Trentacinque scrittori tra i più noti dell'Unione Sovietica, hanno pubblicato stamane una lunga lettera di risposta a Jean-Paul Sartre e gli altri scrittori progressisti francesi, che sul « France Observateur > hanno condannato l'intervento sovietico in Ungheria. La risposta degli scrittori sovietici costituisce un documento di arido conformismo, e fa capire quanto sia pronta e rispettosa l'obbedienza di gran parte della i intellettualità » sovietica al potere politico. In testa ai trentacinque firmatari (tra i quali notiamo i nomi di K. Fedin, V. Kataiev, A. Surcov, N. Ticovon, A. Korneiciuik, K. Simonov), figura il noto autore de « 11 placido Don », Mihail Sciolokov, il quale, durante un tagliente discorso pronunciato al XX Congresso, disse che gli scrittori dell'Unione Sovietica, salvo poche eccezioni, non erano altro che una consorteria di « anime morte > Il testo della lettera che stamani la . Literaturnaia Gazieta » riproduce in prima pagina, sembra dar ragione a Sciolokov; sarebbe inutile cercarvi uno spunto qualsiasi, di originalità, un angolo nuovo: essa ricalca pedissequamente la rudimentale tesi governativa che i giornali sovietici vanno riproducendo meccanicamente, con le stesse parole, sui fatti ungheresi I trentacinque scrittori affermano, infatti, che i carri armati sovietici intervennero in Ungheria per impedire che « nel cuore dell'Europa si stabilisse un regime fascista assetato di vendetta ». Per loro, come per il Governo sovietico, la rivoluzione ungherese non è stata altro che un'esplosione di terrore bianco, un tentativo di restaurare nel Paese i metodi di Hitler. Quale differenza — si domandano gli scrittori — tra i controrivoluzionari ungheresi e i nazisti? Ed abbandonandosi a una prosa piatta e senza immaginazione, che forse tradisce la scarsa persuasione con cui è stata vergata, i trentacinque rappresentanti delle lettere sovietiche, dipingono la ferocia sanguinaria e iconoclasta dei « controrivoluzionari », e non mostrano alcuna intenzione di introdurre nei loro ragionamenti un solo grano di sale critico. I trentacinque scrittori sovietici non hanno certo peccato di abuso di riflessione: quella stessa riflessione che ha spinto i loro colleghi francesi antifascisti, progressisti, se non addirittura comunisti (citiamo tra gli altri Jean-Paul Sartre, Roger Vallland. Simone de Beauvoir, Jacques Prévert, Claude Roy e Vercors). a biasimare senza riserve l'intervento sovietico Chi non ha smarrito il senso della ragione, non può sostenere che la rivoluzione ungherese — sen za l'intervento dei carri arma ti russi — avrebbe portato a una restaurazione hortista e nazista E ciò per il semplice motivo che la classe lavoratrice è stata la protagonista della rivoluzione magiara. Le autorità sovietiche non hanno mai negato che i lavo¬ ratori ungheresi parteciparono alla insurrezione. Esse però hanno escogitato una spiegazione curiosa: hanno detto che i lavoratori ungheresi si sono lasciati traviare dalla propaganda * occidentale » e non sapevano quello che si facevano. E' una spiegazione stupefacente, perché equivale a mettere in dubbio il senno e la coscienza di classe dei lavoratori. Essa equivale anche a dire che le gocce di propaganda occidentale, che possono essere filtrate oltre la cortina ungherese, sono state più efficaci di dodici anni di propaganda del governo comunista, possessore di tutti gli organi dell'informazione, radio, giornali, televisione, cinema e via dicendo. Se gli scrittori che hanno firmato la risposta a Sartre e agli altri colleghi francesi, non avessero perduto l'uso della riflessione, avrebbero potuto porsi anche altre domande. Come mai nessun ungherese, durante le tragiche giornate che seguirono alla * caduta » del governo Nagy, corse a dare manforte alle forze sovietiche che intervennero, come si afferma, per sbaragliare gli hortisti? Nemmeno l resoconti della stampa sovietica hanno mai indicato che forze ungheresi, di qualsiasi tipo, abbiano prestato aiuto al liberatori. Come mai, se il pericolo hortista, come si dice, era cosi forte? Bisogna forse concludere 'he il popolo ungherese, che i lavoratori e I contadini ungheresi, volevano il ritorno del fascismo? Non crediamo che 1 trentacinque scrittori sovietici possano nutrire pensieri così profondamente antimarxisti. Si può comprendere che i dirigenti politici non possano sostenere altra tesi da quella che fanno pubblicare dai giornali, La ragion di Stato ha pure le sue esigenze. Ma si prova un senso di rammarico, anche di avvilimento, quando si nota che gli scrittori rubano il mestiere agli agitatori e ai propagandisti. Siamo convinti che Sciolokov e gli altri firmatari hanno voluto offrire ai reggitori una prova di diligenza, forse non richiesta. Essi hanno compilato la risposta a Sartre e agli altri col leghi francesi, senza meditare sul significato dello sciopero generale ungherese, sciopero di operai e di lavoratori, e non di fascisti. Essi non hanno vo luto intendere il significato di una frase che ieri si poteva lèggere in una corrispondenza da Budapest, pubblicata dalla Pravda: i Preoccupa che nelle campagne i contadini ammazzino il bestiame ». Né hanno ri flettuto sul caso di Peter Fryer, l'inviato del giornale comunista inglese Daily Workcr, che ha dato le dimissioni perché il giornale non volle pubblicare le sue corrispondenze sulla situazione ungherese. Il sentimento di avvilimento che induce la lettera, è alleviato dalla constatazione che alcuni scrittori sovietici di nome risonante, non l'hanno firmata. Tra questi figurano Ehrenburg e Polivoi e i rappresentanti della vecchia fron da letteraria: Pasternak, Zo scenko, Akmanova, Olescia... Alfredo Todisco

Luoghi citati: Budapest, Europa, Mosca, Sciolokov, Ungheria, Unione Sovietica