Le istantanee dei Goncourt

Le istantanee dei Goncourt Le istantanee dei Goncourt L'ultimo avvenimento letterario francese — se è lecito parlare di avvenimenti del genere in un tempo così conturbato, scosso da ben altre preoccupazioni — è stato la pubblicazione del primo volume dell'edizione integrale del Journal dei Goncourt. L'edizione presentata con tanta cura dall'Imprimerie Nationale de Monaco è stata accolta in seduta plenaria dall'Accademia Goncourt e con la piccola cerimonia si è voluto celebrare la fine di una polemica che si trascinava da anni. Come forse il lettore ricorderà, il Journal, pubblicato per la prima volta in- nove volumi da Edmond in edizione ridotta e corretta, avrebbe dovuto conoscere la sua fisionomia esatta e definitiva vent'anni dopo la sua morte, vale a dire nel 1916. Ma causa la guerra del 1915 e in seguito causa l'intervento della famiglia Daudet, il libro ha continuato a subire ritardi su ritardi. Per arrivare a noi invece di vent'anni ce ne ha messi esattamente sessanta. L'edizione integrale avrebbe dovuto essere, secondo le immaginazioni eccitate dall'attesa e dalle indiscrezioni riportate, una bomba, uno scandalo ma a giudicare dal primo volume (che per la verità comporta i primi tentativi dei due scrittori per il periodo che va dal 1851 al 1856) non si tratta né di una bomba né di un piccolo scandalo e per il momento c'è ben poco da correggere di quello che sapevamo dei Goncourt, della loro letteratura e del loro modo di interpretare la vita. E' vero che non conviene perdere di vista il sottotitolo dell'opera: « Mémoires de la vie littéraire », vale a dire il carattere particolare di un diario che si distingue nettamente dalle altre opere del genere. I due fratelli, i quali credevano ciecamente e soltanto nella letteratura, hanno voluto darci l'immagine quotidiana, l'atmosfera del loro tempo o meglio ancora il quadro minuzioso fino alla mania degli amici, dei colleghi e di quella parte della vita che si prestava al tipo particolarissimo della loro intelligenza. .Non si chieda quindi né obbiettività né tanto meno libertà e larghezza di sguardo: i Goncourt erano maestri soltanto nel vedere quello che volevano vedere, su tutto il resto stendevano un velo impenetrabile di distacco e di rifiuto. Allo stesso modo il lettore si guardi bene dal voler trovare nelle loro notazioni quotidiane e per i primi anni ancora incerte e sospese, un rapporto esatto di ciò che avveniva allora a Parigi: ai Goncourt non interessava la vita politica o la vita sociale, se non per quella minima parte che cedeva alla loro irritabilità di osservatori insofferenti e prevenuti. Il loro era un mondo chiuso e gelosamente sorvegliato e tutte le volte che si trattava di scendere un po' in profondità, di andare un po' al di là delle formule convenzionali della loro letteratura preferivano fare uno scarto e chiudere di colpo con una battuta, con un gwto d'umore, il più delle volte con una formula che ci lascia perplessi. Tutta la vita era accettata in funzione del libro ma non già di un Libro assoluto come avrebbe poi fatto un Mallarmé che nella letteratura trasferiva il segno stesso dell'essenza vitale, di una fede superiore, no, soltanto in quanto serviva a fare un « quadro », a trovare un « tipo », a scovare una norma 'd'applicazione artistica in cui placarsi. Con questo non si vuol dire che i Goncourt non sentissero il dolore o la pena della vita, basti pensare a quello che ha sofferto Edmond dopo la morte di Jules, ma i loro dolori non riuscivano mai a sciogliersi liberamente e restavano come dei grumi di ribellione o di oppressione inesplosi nella memoria. Tutto del resto era sacrificato volontariamente sull'altare della letteratura, della sensazione artistica; per una parola, per un gesto che caricavano all'eccesso di significati lasciavano da parte proporzioni, controlli e non cercavano mai di fare un bilancio, un rapporto un po' concreto o di avere una visione generale Di qui la loro proverbiale mancanza di generosità, la fanfaronesca facilità con cui arrivavano a un giudizio senza appello basandosi su un gesto, una parola detta nel calore dell'amicizia o nell'abbandono di una festa. Non è il caso di insistere sulla scarsa validità dei giudizi, degli aneddoti, delle parole da essi riportati, c'è tutta una letteratura al riguardo ma anche se non ci fosse non ci vorrebbe molta perizia psicologica per dare un credito molto limitato alle loro isantanee. al gusto tutto esterno ztcRceudze «tenografico delle loro rela- zioni. Troppo facile era accettare le confidenze, gli sfoghi, le confessioni spezzettate di un Renan o di un Sainte-Beuve come una macchina registratrice e poi passare al contrattacco con una battuta grossolana o lasciando cadere su quella visione viziata o camuffata un giudizio, un'amarezza che in fondo denunciavano mancanza di intelligenza libera, disponibile. Parziali in letteratura (qualcuno si è divertito a notare tutto quello che non hanno segnato nel periodo 1851-1856: nessuna traccia di E?naux et Camées o dei Chàthnents o delle Consolatìons e tanto meno delle Fleurs du Mal), parziali fino all'esclusione di fronte allo spettacolo della vita. Naturalmente quello che hanno voluto vedere risulta colto fino allo spasimo, fino all'irrigidimento ossessivo, ma l'orizzonte scelto è sempre limitato, diminuito: i Goncourt sono scrittori estremamente, cittadini, se non che anche della città facevano una scelta secondo la loro « realtà » con la speranza di cogliere clementi e notazioni da trasferire direttamente nei loro libri. La vita come appare in queste prime pagine del Journal assomiglia troppo all'armamentario della loro letteratura. Erano mirabili per l'impegno, per la passione che mettevano nel lavoro ma nello stesso tempo la loro maestria sopportava il peso di una grossa condanna: tutto quello che toccavano diventava di colpo materia di letteratura. Forse questa è la ragione per cui tutte le loro pagine sono gonfie di una tristezza senza fondo. A nufIa serve lo scatto, la battuta forte, volgare, quel loro modo di risolvere le cose con la maschera di un falso cinismo: alla resa dei conti, si deve convenire che era soltanto dolore non maturato, disperazione non bene riconosciuta e accettata. Carlo Bo

Persone citate: Carlo Bo, Daudet, Goncourt

Luoghi citati: Parigi