La Galleria dell'Accademia Albertina

La Galleria dell'Accademia Albertina La Galleria dell'Accademia Albertina Di tre fatti artistici notevoli quest'oggi a Torino — l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Accademia Albertina di Belle Arti, l'apertura ufficiale (come dice il biglietto d'invito) «della ripristinata Galleria dell'Accademia », e la « vernice», nelle sale di Palazzo Chiablese. della IV Mostra Nazionale delle Accademie dì Belle Arti Italiane — diamo la precedenza, e la preferenza, al secondo perché di durevole importanza cittadina e nazionale; e poi perché è un raro esempio di studio e di assennatezza, di ragionevole modestia e di buona amministrazione del pubblico denaro con eccellente risultato. Lode ne vada al presidente dell'Albertina, Casorati, al direttore Paulucci che con soli tre milioni ottenuti dal Ministero della P. I. ottimamente condusse a termine l'impresa, al prof. Bertini ed alla dott.ssa Griseri che attentamente rividero le attribuzioni di vari quadri, ne seguirono i restauri, ne curarono la collocazione. Nota è l'origine di quejta pregevole Galleria, quasi ignorata dai torinesi e citata e studiata invece dagli studiosi anche stranieri, alla quale Noemi Gabrielli dedicò fin dal 1933 uno degli « Itinerari dei muse; e monumenti d'Italia ». Risulta dal dono di Carlo Alberto, nei 1832, alla Scuola di Belle Arti, di 60 cartoni di maestri piemontesi, dal lascito, nel 1829, dell'intera quadreria (circa 200 dipinti) dell'arcivescovo marchese Mossi di Morano, dai successivi legati Monticone e Bagetti, e da qualche acquisto. Un insieme nel quale spiccano opere preziose, dai Dottori della Chiesa di Filippo Llppi al S. Giovanni Battista del Francia, dalla Madonna del Maineri al Cristo deriso di Giampietrino; dalla discussa Madonna col Bambino dello Spanzotti (?) alia Natività di Defendente Ferrari, ad alcuni cartoni di Gaudenzio, ai Lanino, ai Moncalvo, nostri cari piemontesi; e fra 1 liguri il Cristo al Calvario del Cambiaso, la Madonna della pappa del Paggi, ['Isacco e Giacobbe d'Andrea De Ferrari, il Gregorio De Ferrati, i due Piola (terreno particolarmente coltivato dalla valente Griseri); e poi il manieristico Procaccini, il grande fantasioso Preti, il Cavarozzi; e fra gli stranieri i due Heemskerck, i due Bernaert, il Bylert. il Bloemen. il Seyter. H bel Vouet. Il guaio della Galleria era la sua quasi clandestinità, la sua quasi inaccessibilità. Riservata agli allievi dell'Albertina, l'estraneo la poteva, sì visitare, ma fornito d'un'auto rizzazione e in determinate ore d'ufficio. Ora la raccolta, che restò invisibile per lunghi anni del dopoguerra, ed era stata provvisoriamente sistemata in seguito nel salone d'onore dell'Accademia, è ritornata nelle primitive sale, semplicemente ma nitidamente ripristinate, e con un nuovo ordinamento; inoltre, presto sarà dotata d'un suo particolare ingresso, indipendente dalla scuola, e avrà un normale orario di visite. Insomma, un nuovo museo, veramente « pubblico », che s'aggiunge agli altri di Torino. Il Ministero propugnava un progetto grandiosamente inutile (30 milioni di spese) che sarebbe andato alle calende greche. Si preferì una soluzione più economica, ma più pratica e rapida; e se mai quei quattrini s'impieghino pei restauri, per qualche acquisto, per la stampa di un buon catalogo, per un corredo bibliograiico. Questa, ripetiamo, è una lezione di modestia che andrebbe imitata: se si pensa, per esempio, che l'ambientazione (molto discutibile) della sola Pietà Rondanint al Castello Sforzesco di Milano inghiotti milioni su milioni, che potevano esser meglio impiegati, non fosse stato il solito voler « strafare » degli architetti allestitori, ormai tiranni dei musei italiani Restauri se ne son fatti, ed opportuni: come quello, radi cale, a cura dell'Istituto Cen trale del Restauro diretto a Roma da Cesare Brandi, del¬ la spanzottiana Afadonna. Davvero Spanzotti? Si, per il Berenson, la Brizio, la Gabrielli. Ne dubitano il Viale, il Malie. Comunque, cosi rimesso in luce per esatta lettura, un bel soggetto di indagine erudita. Poi ripuliture egrege (dal Lìppi al Geldorp al Procaccini al Cavarozzi) ad opera del bravissimo Patrito. Abbiamo così otto salette limpide e piacevoli, subordinate anche alle varie revisioni delle precedenti attribuzioni. E v'è ancora campo a fruttuose ricerche. Di chi è l'inquietante Angelo già dato al Gentileschi? E la S. Agata e S. Francesco non va più verso Macrino che verso Defendente? E quelle sei deliziose vedute veneziane, già dette Maneschi, non meritano considerazione maggiore di quella concessa dal Pallucchini? E dal deposito non conviene tirar fuori un gruppo ottocentesco, dal Bagetti al Beccaria? E non è addirittura ottocentesca (la penserei morelliana) la Madonna di pretesa bottega tiepolesca? Vari discorsi, del sottosegretario alla P I., del presidente Casorati, avremo stamane poi la visita, interessante, ai saggi — che riempiono le sale di Palazzo Chiablese — degli allievi delle Accademie di Torino, Venezia, Firenze, Napoli, Roma, Palermo, Bologna. Milano. Carrara. Speranze di do- mani mar. ber.