A chi troppo a chi poco

A chi troppo a chi poco ' -= LA LINGUA PURA E IMPURA - A chi troppo a chi poco Lo scoglio del plurale che non sì può generalmente evitare Ai nomi ridondanti fanno lamentevole riscontro i «difettivi», privi cioè di uno dei due numeri - Esempi e problemi I plurali: ecco uno scoglio, che a differenza di altri da cui ci difende un po' di prudenza e sapervivere, non si può generalmente evitare. Le specie o le speci? Dita o diti? labbra o labbri? ginocchia o ginocchi? Questioni poste alla rinfusa, che vogliono risposte distinte. Perché la prima, concernente voci uscenti in'-te, cade sotto la regola dei nomi detti « indeclinabili >, cioè che non mutano nel plurale la desinenza del singolare. Si dirà dunque correttamente: le specie, le serie, le progenie, le effigie, le barbarie, le canizie, le intemperie: nomi tutti femminili, per lo più di provenienza dotta, appartenenti alla quinta declinazione latina. Fa eccezione Superficie, che nell'uso moderno esce più volentieri nel plurale Superflci; mentre non ha a vedere con questi nomi in -ie, più che non abbia il gennaio con le more, la voce Moglie' in cui i è semplice segno ortografico, la quale pertanto, come tutti i nomi della terza declinazione, ha il plurale regolarmente in i: le mogli. Del resto non si vede che gusto ci sarebbe a pluralizzare sempre la medesima < moglie >. Me le altre questioni fanno gruppo, da sé, e c'introducono nella bisbetica famiglia dei nomi chiamati < ridondanti », oggi soggetta anch'essa a un processo di comoda semplificazione; dove 1 nostri vecchi, che pure avevano già tanti pensieri compreso quello di fare l'Italia, godevano nell'affrontarla qual era. Meno male fosse una famiglia unita. Ma sotto 1 < ridondanti » girano gli c anomali >, gli c eterocliti >, gli € eterogenei » ; e gli < eterocliti ed eterogenei > al tempo stesso. Fra questi sono quelli che c'interessano: nomi che nel singolare hanno un solo genere e una sola declinazione, e nel plurale due generi e due declinazioni, spesso con lieve cambiamento di significato. Anello: gli anelli, le anella (solo per 1 ricci). Carro: i carri, le carra (con riguardo al contenuto). Braccio: le braccia (nel proprio e come misura), i bracci (nel figurato). Circa Dito, con buona pace dell'uso moderno che dice sempre Dita, è da usare Diti almeno quando s'accompagnano col nome: i diti mignoli; e così Ginocchia, meglio che Ginocchi, starà in certe frasi come: far venire il latte alle ginocchia. Labbri, soltanto per orli di vaso e margini di ferita; Calcagna, nei proverbi (avere il nemico alle calcagna) ; Fila, se riunite, Fili, se considerati separatamente, ma sempre fili quelli dell'erba, dei telegrafo, delle perle e del pane. Gridi, meno forti e più staccati di Grida; Fusa, soltanto per i gatti. Un grave errore altrettanto divulgato quanto l'uso delle calzature, è il dire il singolare la sìiola e il plurale le mole. Il vero Italiano, anche se spedato, nel senso dì cuoio che sta nelle piante delle scarpe, esce in Suolo e Suola (scarpe col suolo cattivo, suola rotte), serbando l'altro plurale Suoli al significato di Strati: suoli di fichi secchi. A chi troppo e a chi poco. Ai nomi ridondanti fanno lamentevole riscontro i < difettivi >; privi, cioè, d'uno del due numeri. Fra i difettivi del singolare un vecchio grammatico, insieme con Gli alamari, Le busse, I calzoni (11 sing. Calzone'è una delle due trombe dei Calzoni) e altri, poneva anche 1 nomi di pasta da minestra: Fischiotti Foratini Capellini Stortini ecc.; mentre poche righe sotto ammetteva che l'ospite potesse dire all'ospite: Guarda, t'è cascato un maccherone sul panciotto; Badi, ha un taglierino fra i capelli; per modo che poteva risparmiarsi di mettere la pasta giù fra 1 difettivi. Ma tali sono senza discussione I lai, Le carabattole, I rifreddi, I picozzi (i due denti di mezzo del cavallo), I trastullini (semi di zucca), I pressi; e fra 1 nomi antichi, Le Lemurali, I Parentali, Gl'Idi, Le Termopili, Le Stinche; mentre per I fegatini, I ciccioli, I marronsecchi e I grissini, si riaffacciano le riserve già messe innanzi per la pasta. Ma molti di più sono i difettivi del plurale: Anguinaia Gorgozzule Nadir Pacchia Tiritessi (andirivieni) Suddecanato Roccia (sudiciume vario: non è forfora, è roccia) Riusci (cosa difficile da riuscire: è un riusci!) Ribusca (andare alla ribusca: a ribuscarne) Perduellione (delitto contro lo Stato) Abbiabbe (abbiccì) e Pimpirimpì; per dire soltanto quelli che maggiormente occorrono nella conversazione. Stravaganza sarebbe il tirare plurali da Cornaggine Fetidume Guercezza Virago Ortopèia e altrettali termini scelti; da nomi di malattie d'uomini, d'animali e di piante (Scorbuto Capogatto Carbonchio); da appellativi dì persona quali II ciaba II nesci II piglia e II bazza, e da molti altri per i quali ci manca spazio. Ma anche fra queste voci che per comodo nostro mancano di un numero, serpeggiano insidie; e sono quei nomi che li hanno tutti e due, ma cambiano di significato passando dall'uno all'altro. La cenere, Le ceneri; La moccolaia (bruciaticcio del lucignolo dei lumi a olio e a cera), Le moccolaie (colatura di cera, cerume). I più sono nomi astratti: La temporalità (astr. di Temporale), Le temporalità (rendite d'una diocesi); L'odore (sensazione), Gli odori (erbe odorose per cucina). E se la donna di cui andate lodando le Bellezze (cioè questa e quella parte), se ne sta imbronciata, vuol dire che sa la lingua e aspetta che le parliate di Bellezza, ossia dell'intero. Leo Pestelli

Persone citate: Bellezza, Calcagna, Capellini, Fusa, Guarda, Leo Pestelli, Roccia, Strati

Luoghi citati: Italia