Fotografie per adulti di Enrico Emanuelli

Fotografie per adulti Fotografie per adulti I documentari cinematografici, le riviste settimanali ed i quotidiani da parecchi giorni ci offrono immagini di morte, di macchine guerresche, di rovine: insomma una rappresentazione del mondo sotto il marchio della violenza. Lo sguardo si posa su queste fotografie insieme attratto e respinto, perché ancora non sappiamo se esse vogliono ricordarci scene già vecchie di qualche ora o se, al contrario, vogliono introdurci ad altre scene che potremmo presto vedere. E si ha paura nell'aggiungerc: vedere con i nostri occhi. Queste scene, che con tanta abbondanza ci accompagnano da una settimana in qua, mostrano due antichi pericoli, che da anni andiamo però covando si direbbe con cura speciale: da una parte la guerra civile, dall'altra la guerra aperta fra i popoli. Quasi per un diabolico disegno dell'imparzialità abbiamo contemporaneamente avuto l'una e l'altra per mescolare e rimescolare sentimenti umani, intolleranze politiche, velleità di potenza, interessi economici. Guardiamo dunque queste scene. Nelle strade di Budapest tutto sa di miseria e di sporco, ci sono selciati sconnessi, facciate di palazzi bucherellate, marciapiedi ingombri di detriti, strade sbarrate da carri armati diroccati come antichi castelli, informi come relitti d'un furioso disastro. In quelle strade, nei giardini pubblici gli insorti hanno sepolto i loro compagni uccisi in combattimento, quasi che la premura prendesse la mano alla pietà, imponendo questa legge. Ma non è tutto qua: nelle strade ci sono anche cadaveri trascinati per dileggio, oppure attaccati ad un albero col capo all'ingiù e ci sono uomini condotti alla morte in mezzo ad una folla sospinta da quel furore che ha l'oppresso nell'attimo in cui si scatena contro l'oppressore. Al confronto di queste, le imrnagini della guerra nelle sabbie del biblico Sinai o lungo il Canale di Suez hanno una drammaticità scolorita e quasi in sordina. Sugli aridi costoni delle terre deserte sulle rive piatte e geometriche del Canale le armi e gli uomini rispecchiano soltanto la morte e non l'odio, la distruzione e non la vendetta. Siamo a simili distinzioni per niente consola torie. Davanti a queste fotografie, od alle immagini dello schermo, molti con angoscia avranno rivissuto momenti della loro vita che credevano per sempre depositati nei magazzini pietosi della memoria. Guerra civile e guerra aperta sembravano già cosi lontane, protette dall'oblìo, veglianti solamente nel profondo della coscienza e di colpo sono ancora davanti agli occhi. Ci volgiamo indietro col pensiero: sono trascorsi appena undici anni, chi allora era ragazzo adesso è uomo, chi allora era giovane oggi è nella maturità della vita, e di nuovo ci vediamo circondati da scene di terrore, di sangue, di furia devastatrice. Si direbbe che i periodi di pace, col passare delle epoche, vadano sempre più restringendosi sotto la spinta d'un ritmo ogni giorno più incalzante e dominato da eventi superiori a noi stessi. Le immagini di Budapest percorsa da carri armati stranieri e mastodontici o da uomini isolati, curvi, piccoli nelle vuote prospettive delle strade e che tengono il mitra in mano pronti a dare con quello l'ultimo grido della loro vita, ci ricordano quanto è avvenuto in molte nostre città; invece le immagini che ci vengono dall'Egitto ci ricordano altre, ma non diverse avventure nelle quali molti di noi sono stati protagonisti. Fa oramai parte d'una nostra personale e macabra esperienza intuire subito quali differenze profonde et siano tra le due situazioni. Tale esperienza ci dà uh brivido di angoscia che i giovani non possono conoscere e, tanto meno, capire. I giovani, quelli che sono al di sotto dei vent'anni, guardano queste tetre immagini, che trasudano l'odore dolciastro dei sangue, che fanno quasi sentire il respiro nervoso di chi si vede allo sbaraglio, con sguardi per niente spauriti Essi vedono soltanto un quadro di vita molto insolita, le ripercussioni d'una furia che per loro non ha ancora voce e calore. Guardano le scene della terribile vendetta popolare, dell'anonimo eroismo di chi si fa ammazzare all'ongolo d'una strada, o quelle più « regolamentari » dei paracadutisti inglesi, degli aviatori francesi, dei prigionieri egiziani come fossero una distaccata rappresentazione di episodi eccitanti, pieni di virile furore o di forza militaresca. Dietro di loro c'è, come facilmente si può immaginare, un limbo privo di ricordi, pulito dall'innocenza. In questi giorni, tanto generosamente quanto confusamente, i giovani hanno manifestato per le strade gridando per cose che interpretano a modo loro, cioè in maniera un poco astratta. Essi si movevano perche spinti da fatti e da sentimenti molto semplici, ma anche lontani dalla realtà nella quale vivono e che per forza è quella che soltanto conoscono. Infatti si agitavano e gridavano per una realtà a loro sconosciuta e che proprio per questo permetteva di fare con molta leggerezza quel che facevano. Ma chi non è più giovane, chi davanti alle fotografie di questi giorni si è trovato sotto l'improvviso peso di tragici ricordi, sentiva dentro di sé un doloroso ritegno, che non IIIMIIIIIIIIIIIIUIIIIIipiNIIUIIIIIIIinillM era certo incapacità di giudizio 0 segno di indifferenza. Tra una generazione e l'altra c'è sempre un intervallo di tempo vuoto, una specie di terra di nessuno. In questo intervallo i ricordi, i sentimenti, le esperienze della generazione che immediatamente precede la grande massa dei giovani, non servono. Ricordi, sentimenti, esperienze riprenderanno valore in un secondo momento, quando a loro volta i giovani si troveranno ad essere maturi, ed è magari giusto che sia così. Ed ecco la conclusione: ci troviamo adesso in uno di questi ricorrenti intervalli: da una parte noi, che abbiamo il ricordo diretto della guerra aperta e poi di quella civile; dall'altra loro, che dell'una e dell'altra ignorano tutto. iMai ce ne eravamo accorti come, in questa occasione, osservando in quale modo diverso 1 nostri occhi e quelli dei giovani si posavano sulle immagini di sangue che. con abbondanza, abbiamo rivisto durante la settimana. Enrico Emanuelli

Luoghi citati: Budapest, Egitto