Mosca punta anche su Tokio di Ferdinando Vegas

Mosca punta anche su Tokio Mosca punta anche su Tokio Oltre sedici mesi di pazienti e complesse trattative (dal 1° giugno '55) sono occorsi alla Russia e al Giappone per chiudere politicamente una guerra che sui campi di battaglia era durata una sola settimana dell'agosto 1945. Pochi allora, nell'Europa occidentale ancora intontita dalle ultime convulsioni belliche, si preoccuparono di quanto accadeva in Estremo Oriente: era già molto se il fragore delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki riusciva a richiamare l'attenzione verso quel remoto settore. Per i russi invece quella breve campagna in ManciUria aveva grandissima importanza: era un'ipoteca che Mosca accendeva sul futuro del Giappone, era soprattutto la rivincita, attesa da quarant'anni, sugli sconfitti del 1905. All'inizio. del secolo era stato proprio il Giappone, "con l'inattesa serie di vittorie sulla flotta e sulle armate russe, a rivelare tragicamente lo stato di decomposizione del regime zarista; prontamente la prima ondata rivoluzionaria aveva risposto all'inettitudine dei governanti. Finalmente, nel 1945, gli eredi dei rivoltosi del 1905 si presentavano ai giapponesi anche come eredi del vecchio regime impe¬ riale; Stalin, il giovane rivoluzionario di quarant'anni prima, era ormai il capo dell'impero sovietico. Ed è noto quanto il vecchio dittatore, più del comunismo internazionale, avesse- a cuore gl'interessi dello Stato nazionale russo; la partecipazione diretta, sia pure in extremis, alla vittoria degli alleati sul Giappone, gli si configurava quindi come la restaurazione del rapporto di potenza esistente nel 1904 fra Russia e Giappone. Una settimana di guerra fu dunque sufficiente alla Unione Sovietica per raccogliere egualmente frutti opimi. La Manciuria e la Cina tutta quanta, la Corea, Sakhalin, le Curili: l'intero bottino che il Giappone aveva accumulato in mezzo secolo, dalla guerra con la Cina del 1894, ritornava al diretto domìnio o alla sfera d'influenza della Russia. Scomparso inoltre il Giappone come grande potenza, si apriva per Mosca un immenso campo d'espansione nell'Asia orientale e meridionale; un campo che i partiti comunisti locali avrebbero saputo abilmente coltivare, assecondati nelle loro mosse dalla diplomazia sovietica. Tuttavia, per quanto riguarda il Giappone stesso, l'occupazione americana e la- rigidità della politica staliniana, fe¬ cero sì che esso restasse del tutto al di fuori dell'orbita sovietica. Era innaturale, d'altra parte, che il Giappone permanesse a lungo estraniato dal vivo di quell'Asia orientale di cui è pur sempre uno dei massimi Paesi; prima o poi l'impero nipponico avrebbe ritrovato non solo la libertà di movimento, ma anche quel peso che il suo elevato grado di sviluppo economico innegabilmente gli conferisce. Questo hanno compreso i successori di Stalin, i quali hanno quindi provveduto a normalizzare le relazioni russo7nipponiche, come premessa indispensabile all'inserzione dell'Unione Sovietica nel gioco di influenze politiche che certamente si svolgerà a Tokio nel prossimo futuro. Non è stata una impresa facile, per Mosca, giungere all'accordo firmato ieri, appunto perché i giapponesi, sentendosi sollecitati, hanno posto le loro condizioni e si sono strenuamente battuti nel corso dei negoziati. Comunque, anche se non è un. vero trattato di paco, l'accordo di Mosca ne tiene praticamente luogo, con la fine formale dello stato di guerra tra i due Paesi, con lo scambio delle missioni diplomatiche e con l'impegno ruseo a sostenere la candi¬ datura giapponese all'ONU. Il risultato principale, però, va cercato negli sviluppi che Mosca e ' Tokio rispettivamente si ripromettono dall'instaurazione di rapporti diretti: quanto al Giappone è prevedibile che esso, pur restando ancorato all'alleanza americana, cercherà nella Russia il contrappeso necessario per muoversi più agevolmente sulla scena internazionale; soprattutto, al di là delle eventuali manovre politiche, tenterà di riacquistare l'immenso mercato della Cina indispensabile all'economia nipponica. Mosca, da parte sua, sa benissimo che la spaventosa crisi di crescenza demografica in atto nel Giappone, con tutte le imponenti conseguenze sociali e politiche, fa •"di questo Paese un elemento forzatamente instabile dell'Estremo Oriente. E' quindi opportuno, per i dirigenti sovietici, allacciare del rapporti che potranno eventualmente permettere domani di sfruttare simile situazione. Le isole che la Russia non ha voluto restituire in questa occasione, gli allettamenti economici di cui si è detto, infine anche l'appoggio politico, sono le carte che Mosca tiene in riserva per i futuri1 sviluppi internazionali nell'Estremo Oriente. Ferdinando Vegas.

Persone citate: Stalin