Ritorno di Erasmo

Ritorno di Erasmo Ritorno di Erasmo ii Rotterdam, ottobre, primo grande bombarda¬ mento aereo hitleriano, nel maggio del 1940, ridusse in polvere l'antico centro di Rotterdam. Centoventicinquc attacchi alleati ampliarono i vuoti fino alle periferie: e, i tedeschi fecero, saltare per sette chilometri le banchine del porto. Nel susseguirsi di così spaventose catastrofi, pochi dovettero accorgersi che fra tante migliaia di case scomparse c'era anche quella di Erasmo: ma oggi a noi sembra proprio questa la distruzione simbolicamente più significativa: come la « punizione » inflitta dagli invasori, aizzati dal tracotante fanatismo, contro uno dei più alti emblemi dell'ingegno e della libertà umana. Mai la «pazzia» fu tanto degna della sarcastica lo*de erasmiana: la guerra «crudele, forsennata, pestilenziale, empia ed iniqua», voluta dal delirio dei potenti e dalla stoltizia delle plebi, favorita da vecchi e giovani dementi, tollerata per - infatuazione o paura da poeti, filosofi, teologi, questa guerra tutto travolgeva e annientava. E i rarissimi savi che ancora si rintanavano in qualche angolo d'Europa, ridotti al sì lenzio, si costringevano a seguire di Erasmo la più 'ironica lezione: non darsi stoltezza maggiore che il voler essere saggi fuori di tempo. La sua casa non esiste più ma nessuno ha potuto distruggere l'eredità spirituale di quest'uomo dal , volto sottile, tagliente, fatto ancor più nobile dalle pieghe amare e malinconiche agli angoli della bocca: un volto fra i più belli che l'umana dignità abbia mai prodotto. Dall'Italia, e anzitutto da Torino dove nel 1506 si era addottorato in teologia, aveva riportato l'amicizia dei nostri umanisti, e con essa un'appassionata dedizione alle arti e alle lettere, unita alla volontà di combattere strenuamente le superstizioni e le menzogne, a costo di snidare il vero anche laddove lo tenevano celato i divieti di potenze sovrane. Più delle altre, l'opera a lungo meditata di Lorenzo Valla lo avviò per questa-strada tanto ardua: - e gli accenti fiammeggianti della «Falsa donazione di Costantino» riecheggiano, attraverso il velo sempre più trasparente della satira, nella seconda parte dell'» Elogio della pazzia ». Fu, come Huizinga mise bene in luce, il primo fra gli studiosi del Nord a liberarsi dal peso della grande penitenza medievale, e fu il primo ad identificare il valore della vita nella libertà, concepita quale «forza della volontà umana », cosi opponendosi alla concezione luterana di un'assoluta dipendenza dell'uomo dal volere divino. Solo, o quasi solo fra una moltitudine di dotti o ignoranti parimenti boriosi, di pavidi conformisti, di settari, di pedanti, di fatui e di bigotti, nei libri, nelle conversazioni e nelle innumerevoli lettere private sempre si batté per la ricerca disinteressata, 'per la difesa dell'intelligenza, per il primato della ragione: e infine, con singolare consapevolezza, vide "come l'unita spirituale d'Europa potesse fondarsi soltanto su questi principi In un mondo di osservanti ottusi o astuti, si oppone alla devozione formale, osa affermare che l'individuo deve porsi liberamente in rapporto con Dio, e, dopo aver rifiutato il cappello cardinalizio offertogli da Paolo III, così come rifiuterà qualsiasi altro onore e qualsiasi ufficio, dileggia le più alte cariche ecclesiastiche, in quanto si mostrino legate alla corruzione e al fasto mondani, sostenendo che l'insegnamento cristiano si riduce alla carità, e che perciò*; ad essa devono umiliarsi, ancor prima del gregge, gli stessi pastori. . Scrittore ornato e brillante, era altresì un accorto polemista Se l'«Elogio della pazzia» rimane ancora oggi la sua opera più nota e più efficace, lo si deve alla particolare natura di un genio che lo induceva a colpire non soltanto col sarcasmo, ma anche attraverso una voluta indeterminatezza, quasi poeticavalevole per tutti i tempi e per tutte le condizioni. Voltaire si mostrerà forse più abile di lui, più esperto narratore, più sobrio stilista, ma talvolta cederà alla tentazione, di precisare troppo i suoi bersagli, privandosi così di una possibilità di indulgenza che sempre, invece, sostiene Erasmo Gli uomini, egli ci lascia intendere, sono per la più gran parte folli, e tuttavia soggiacciono a due diverse specie di follia: la prima fondata su quelle illusioni che, come stimò Leopardi potsono essere feconde e generose, ■ che aiutano a sopportare la socqule se,il finpoma di andarsene, ve'rachgespliadideti,vanoperacescla doveglseil l^al'iradesumvecoteletoanesè gmtaoafesmmcrpsratecr«Pdsmsimccvlnqldttsglbtgs n o o n e a o a o i a e li l a a pa oirdi lei la vita quando venga meno il soccorso della saggezza: e a questo proposito Erasmo scrisse le pagine più calde, più intense, quasi dimenticando del tutto il suo assunto beffardo, per definire la follia dei fanciulli, dei vecchi dei poeti degli innamorati, del filosofi, di tutti coloro che cedono insomma a illusioni geniali o puramente umane. Ma spietato ridiventa quando la follia si confonde con la menzogna con l'astuzia o con la stupidità: la follia dei falsi devoti, dei pedanti, degii avidi, di quanti, incapaci di perdersi o di salvarsi fantasticando, nascondono nondimeno la verità a se stessi agli altri, oppure si riducono per bassezza d'animo alla statura delle bestie. Per conto proprio, Erasmo cerca di sottrarsi anche al fascino delle illusioni. Ha scelto la parte più difficile, ben sapendo a quali pericoli si espone («la verità è a tutti odiosa »). Non gli importa che l'ingegnoso Ulisse sia fatalmente infelice, e che il rozzo Achille possa godere di l^ante felicità terrene: preferisce l'imitazione di Ulisse, avventurandosi fra le regioni incognite dell'intelletto, esortando sé e i suoi amici a passare oltre le immani barriere delle falsità universalmente accettate. E, ancora come Ulisse, si mostra prudente. Sono già cosi impervie quelle barriere, che non occorre certo crearsene altre inimicandosi anche i potenti, almeno quando essi non si dimostrino ostili. Si è voluto vedere in questo attcg giamento una grave debolezza: ma non si può dimenticare che talvolta ci vuol più coraggio ad opporsi alle idee storte che non agli uomini convinti in buona fede di servirle: e che so Erasmo avesse partecipato direttamente alle lotte del suo tempo, così trascurando la propria ope ra, oggi di lui non rimarrebbe più nulla, mentre più che mai mondo ha bisogno di ricono scersi nei suoi fini. Dopo l'orrendo trionfo di quel fanatismo al quale si era opposto solo contro tutti, non sembra dunque eccessiva la lode cheA un suo contemporaneo appose sotto ritratto fattogli da Holbein «Neppure la terra intera basta contenerlo, tanto è grande ». Perché nell'ordine delle grandezze spirituali, quella di Erasmo soverchiava davvero la comune e anche l'ottima misura. Ora la .sua città è risorta. Questa Rotterdam che fu un giorno in Europa la capitale dei commerci, e che la guerra parve cancellare per sempre dalla faccia della terra, è tornata a vivere con un ritmo che ricorda l'antico. Immensi edifici si innalzano dappertutto, e anche se qualche quartiere centrale rivela un po' la futile provvisorietà di una fiera campionaria, è certo che fra pochi anni tutto potrà adeguarsi a un piano urbanistico di alto tono. Il porto rigurgita di belle navi dai vivi colori, file ininterrotte di gru sembrano dirigere con solenne lentezza ora il traffico ora il coro grave e profondo delle sirene: nulla è più- piacevole che lo starsene a contemplare questa videgltrgeinvadosmsi laEsevbcisidceuzasel'suzamntegqullc vita d'acqua tra le ampie rive della Mosa. Ma soprattutto negli abitanti si nota una gaiezza tranquilla, consapevole, come di gente ormai al sicuro da ogni insidia. Il fanatismo non ha prevalso, gli uomini liberi riprendono animo. Se la casa di Erasmo non verrà ricostruita (ne si potrebbe, in mezzo a tanti palazzoni funzionali), lo spirito di Erasmo è tornato, insieme col senso di un'intelligenza ormai vigile e armata contro le forze brute. Il respiro potente della città, le luci dorate che a sera si accendono sul fiume, il sorridere dei passanti, tutto ci induce a una speranza che è anche un'invocazione: che la prudenza suggerita dal genio vinca sempre il furore degli stolti, che l'Europa riconosca finalmente i suoi veri patroni, che la saggezza sopporti l'amabile fantasia ma faccia soccombere la criminosa follia. E si vorrebbe mettere al posto d'onore, fra tutti gli insegnamenti di Erasmo, questo suo estremo: «La libertà umana è la libertà di salvarsi ». G. B. Angioletti

Persone citate: Holbein, Huizinga, Lorenzo Valla

Luoghi citati: Europa, Italia, Rotterdam, Torino