I comunisti a un bivio di Ferdinando Vegas
I comunisti a un bivio I rapporti tra Mosca « Belgrado I comunisti a un bivio La strana e improvvisa « vacanza » di Kruscev sulle rive dell'Adriatico non era dunque fatta a scopo di « turismo privato », come ognuno, del resto, aveva subito capito; sì trattava di questioni assai più serie, tanto serie che Tito ha sentito a sua volta la necessità impellente di prendersi un'ancora più strana « vacanza» sulle coste del Mar Nero. La segretezza di cui sono stati circondati i lunghi colloqui fra i due capi comunisti, la decisione subitanea di proseguirli in Russia, il fatto stesso che Tito abbia viaggiato in aereo, egli che si era recato per mare fino.in Birmania: tutto ciò ìndica a sufficienza che argomenti di estrema gravità e urgenza stanno al centro delle conversazioni russo-jugoslave. Tali argomenti non possono riguardare che due settori: o la situazione internazionale in genere, o i rapporti specifici tra Mosca e Belgrado. Dieci giorni fa, fuando Kruscev giunse in ugoslavia, si era supposto che la crisi di Suez potesse giustificare una presa di contatto fra i massimi dirigenti russo e jugoslavo. Il gesto di Nasser, infatti, ha fatto emergere l'equivoco che sta al fondo del riavvicinamento fra la Russia comunista e la Jugoslavia « neutralista » : per quest'ultima il mantenimento dell'attuale equilibrio mondiale è il presupposto indispensabile della sua politica, che altrimenti sarebbe fatalmente risucchiata verso il blocco occidentale o quello orientale; per la Russia, invece, l'amicizia con la Jugoslavia è solo un. elemento tattico, utile per Ir., manovra distensiva. A Mosca quindi può forse non dispiacere uno stato di disordine nel Medio Oriente, mentre.l'interesse di Tito è diametxal' mente opposto. Ora, invece, col trasferimento dei colloqui in Russia, sembra più plausibile collocare l'incontro nello stretto ambito russo-jugoslavo, più sul piano delle relazioni tra partiti e regimi che non su quello dei rapporti fra Stati. E' in discussione, insomma, l'intero problema suscitato dalla destalinizzazione e dalle ripercussioni che essa ha avuto sulle « democrazie popolari» e quindi sui legami che intercorrono fra Russia, Jugoslavia e gli altri paesi dell'Europa orientale. Ed è un problema ideologico e pratico al contempo, la cui soluzione, in un senso o nell'altro, può avere conseguenze di grande portata, anche al di fuori del mondo comunista. Si entra qui nel -campo delle congetture, che tuttavia poggiano su dei fatti positivi. Così è ormai evidente che il processo della destalinizzazione ha subito, dopo ì fatti di Poznan, una innegabile battuta d'arresto; Mosca si è resa conto dei perìcoli derivanti da un sia pure lieve allentamento dei freni ed è subito corsa ai ripari. Tito ha ottenuto, sì, la soddisfazione di veder liquidato Rakosi, suo implacabile rivale; ma è una magra soddisfazione, anche sul piano locale, perché al dittatore ungherese è subentrato Gero, Un altro « duro » dell'era staliniana. In generale, poi, l'irrigidimento di Mosca colpisce Tito proprio nella sua maggiore ambizione, che è, notoriamente, di assumere là guida delle « democrazie popolari », per lo meno in condominio con i sovietici. Questi invece non intendono cedere alcuna particella del loro monopolio sull'Europa orientale; neppure alla Jugoslavia, verso la quale non sono affatto sopiti gli antichi sospetti. La recente circolare segreta del partito comunista sovietico, che ammonisce gli altri partiti comunisti a diffidare « delle inclinazioni filo-occidentali » dei titoisti, parla sin troppo chiaro in proposito. La stessa circolare nega al comunismo jugoslavo la qualifica di marxista-leninista e lo considera alla stregua di un partito socialista di estrema sinistra. Sotto la disputa dottrinaria si cela però un problema concreto e vivissimo: la « destalinizzazione » deve riprendere il suo ritmo o si deve tornare all'antico sistema? Tito sta indubbiamente per la prima tesi, non solo per calcolo personale e nazionale, ma anche perché ritiene meglio servito, in tal modo, Tinte rssgzdsmslclnnTlsttRsvslstnsd resse generale del comunismo; questo può espandersi, secondo il presidente jugoslavo, solo se si liberalizza. Più difficile è intrawedere che cosa pensino i capi sovietici, perché pare veramente che, almeno in questo caso, la « direzione collettiva » si esprima con voci contrastanti. Secondo le notizie circolanti negli ambienti internazionali, Kruscev e Bulganin sarebbero dalla parte di Tito, mentre i superstiti staliniani, con Molotov alla testa, -insisterebbero per il ritorno all'antico. Tito, pertanto, sarebbe andato in Russia per appoggiare Kruscev pi-esso i colieghi e convincere questi a proseguire sul cammino della «destalinizzazione ». Sono delle semplici congetture, ripetiamo; di sicuro vi è solo, e non è poco, che il comunismo si trova a una svolta decisiva. Ferdinando Vegas
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