II congresso a Parigi degli intellettuali negri di Sandro Volta

II congresso a Parigi degli intellettuali negri •tì» UNA DATA NEL RISVEGLIO DEI POPOLI DI COLORE II congresso a Parigi degli intellettuali negri Nomi ormai celebri in tutto il mondo: Richard Wright, Aimée Cesaire, Nicolas Guillen - Essi vogliono rifarsi alle tradizioni della loro razza - Una cultura universale, affermano, può nascere soltanto dal libero incontro delle culture particolari (Dal nostro corrispondente) Parigi, 21 settembre. .Esiste una cultura negra? Il problema è certamente di grande attualità in quest'epoca in cui si assiste ad un prodigioso risveglio politico di tutti i popoli di colore; non si può però fare a meno di provare una certa perplessità prima di rispondere a questa domanda. Ci sona oggi artisti, scrittori, scienziati negri le cui opere non temono il confronto di quelle dei maggiori rap* presentanti della cultura europea; vien fatto però di chiedersi che cosa abbiano in comune fra di loro quegli artisti e quegli scienziati, che cosa distingua le loro opere da quelle degli uomini di razza bianca, alla cui cultura sembrano ormai assimilati. In altre parole: si può parlare di cultura negra a proposito di Richard Wright, il romanziere americano di fama mondiale, autore di « Black boy », di Aimée Cesaire, il poeta della Martinica che é stato tino dei maggiori esponenti del surrealismo francese, e del cubano Nicolas Guillen, uno dei più autentici poeti in lingua spagnola contemporanei t Sono tre scrittori diversissimi, ognuno dei quali ha come mezzo di espressione una lingua viva, e che possono senza dubbio esser considerati come prodotto della cultura del gruppo linguistico al quale appartengono: francese, anglosassone, iberoamericana. Eppure non si può negare che per tutti e tre esiste un legame più forte che il colore della pelle, il quale può essere soltanto un incidente fisico. Questo legame è la tratta degli schiavi, il più grande avvenimento nella storia della loro razza, che, nel corso di alcuni secoli, ha tratto ducento milioni di negri dai propri Paesi. Il legame, che unisce ancora i superstiti cinquantaquattro milioni di negri degli Stati Uniti, delle Antille ; e del Brasile, è l'Africa, il continente spopolato, immiserito, inselvatichito dalla tratta e dal colonialismo, nel quale è esistita una antichissima cultura, non ancora del tutto spenta ed anzi sul punto di rifiorire. E' in nome di questa cultura, di cui in Europa si conoscono soltanto alcuni aspetti esteriori, che uomini come Aimée Cesaire, Richard Wright, o Nicolas Guillen, i quali potrebbero considerarsi in pieno diritto assimilati all'Occidente, si sentono invece ancora solidali con altri scrittori rimasti nei Paesi d'origine: i poeti Nyumai, del Camerum, Rabemanayera del Madagascar, M. Dos Santos, del Mozambico, L. S. Seughor del Senegal, M. Lima di Angola, e molti altri. Per affermare questa solidarietà e peY definire i caratteri della cultura negra, si è svolto in questi giorni a Parigi un primo congresso i internazionale degli scrittori ed artisti vrgri. Le sedute, che sono terminate stasera, si sono svolte in un'aula della Sorbona, é si sono mantenute sempre ad un altissimo livello intellettuale. Oltre agli scrittori già citati, erano infatti presenti alcuni professori di Università americane, pittori e scultóri, scienziati di fama internazionale: in tutto, una sessantina di delegati, venuti apposta dai due continenti, Africa e America, in cui vive la quasi totalità della popolazione negra. Se la conferenza di Bandung rappresenta per gli uomini di oolore l'avvenimento politico più importante di questo dopoguerra, non si può fare a meno di attribuire, su un piano del tutto diverso, altrettanta importanza a questo congresso di Parigi. Benché le sue ripercussioni siano destinate a rimaner limitate ai ceti intellettuali, esso segna infatti una data nel risveglio dei popoli di colore e non potrà mancare di influire anche sulla coscienza delle masse. lì problema della cultura negra è stato trattato dai diversi congressisti sotto diversi punti di vista, seguendo un metodo rigorosamente scientifico, ma la conclusione che si può ricavarne, dopo aver assistito allo svolgimento dei lavori, è necessariamente questa: è finita l'epoca to, cui, sia pure in buona. fede, molti credevano che il pensiero e la creazione europei bastassero a colmare i bisogni culturali dell'intera umanità. Oli intellettuali negri affermano ora che l'esperienza culturale dell'Europa, benché straordinariamente preziosa, non è più sufficiente a stimolare la sensibilità di tutti. Gli ultimi dicci anni di storia mondiale hanno portato cambiamenti decisivi nel destino dei popoli, ed ora, per poter sostenere a fianco dei loro colleghi europei il compito che, in un mondo sconvolto, appartiene agli uomini di cultura, gli intellettuali negri intendono rifarsi alle tradizioni della loro razza, a quelli, cioè, che non esitano a definire i loro classici, ancora vivi nei popoli africani. E' un'affermazione che potrebbe lasciare alquanto perplessi se le relazioni presentate dai congressisti non l'avessero illustrata nel modo più convincente. La colonizzazione, hanno infatti affermato, è l'equivalente, al livello dei popoli, di ciò che è la schiavitù per gVindividui. Essa ha lanciato comunque conseguenze profonde, non soltanto nella vita politica ed economica, ma anche nello sviluppo culturale dell'Africa nera. Sono stati i- colonialisti a creare il mito dei popoli senza cultura. Pochi in Occidente sanno infatti che in Africa soltanto gl'individui anormali non hanno ^nessuna istruzione. La cultura è accessibile a tutti e non è affatto riservata, ad alcuni privilegiati. Non si tratta di una cultura specializzata, di tipo europeo, ma di un libero insegnamento tradizionale che si riferisce alle cose della natura e a tutto ciò che ha relazione con l'esistenza quotidiana. Gare poetiche si svolgono fra pastori delle località più remote, danze e spettacoli rallegrano intere popolazioni. La storia della tribù, l'eroismo degli antenati, sono argomenti che tutti i negri imparano con ammirazione, insieme alle opere dei classici, tramandate amorosamente di generazione in generazione. Uria profonda facoltà di meditazione sui fatti della vita è poi all'origine della straordinaria filosofia dei negri. Nessuno dei delegati al Congresso di Parigi ha negato che la civiltà moderna ha bisogno di ampliare le sue ambizioni e le sue responsabilità, però è partendo dalla propria cultura tradizionale che ogni popolo deve arrivare a colmare le esigenze della modernità. Una comunità senza libertà politica ha molte difficoltà a ricreare le immagini del suo passato; più ancora ne ha però a progredire senza aver raggiunto la piena indipen- denza. Da queste considerazioni, si può facilmente capile quali sono le vere aspirazioni dei sostenitori della cultura negra. Una cultura universale, affermano, può nascere soltanto dal libero incontro delle culture particolari e non dalla assimilazione alla sola cultura europea. Se la cultura è dialogo, l'esperienza europea, per quanto gigantesca e addirittura eroica, rimane contaminata da errori o manchevolezze estetiche, filosofiche o spirituali. Anche noi popoli non europei, sostengono con assoluta consapevolezza, possiamo contribuire a supplire a quegli errori e quelle manchevolezze. I nostri classici, antichissimi e validi come i greci e i latini per l'Occidente, ci indicano la via per suscitare i nuovi progressi e per esplorare insieme agli uomini della cultura occidentale le nuove possibilità nate dall'incontro dei popoli liberi. Sandro Volta [ 1111 ■ 1 ! 111 ì M11M11M11111 i I ti 1111111 ì 11111L

Persone citate: Aimée Cesaire, Cesaire, L. S., Nicolas Guillen, Richard Wright