Tommaseo giornalista

Tommaseo giornalista Tommaseo giornalista ■ II primo volume del Carteggio Inedito Tommaseo-Vieusseux per gli anni 1825-1834 (pubblicato nelle Edizioni di Storia e Letteratura in Roma, a cura di Raffaele Ciampini e Petre Ciureanu, pagine 244, lire 3000) ci aiuta a definire meglio certi particolari, ad aggiungere qualche sfumatura alle nostre impressioni e ai nostri vecchi giudizi, non senza farci pensare ancora una volta al segreto dell'anima dello scrittore dalmata. Con Tommaseo non si può fare a meno di sfumature, di accenti, e guai a voler trarre subito delle conseguenze, guai ad anticipare — come spesso è stato fatto — dei giudizi sommari, delle sentenze senza appello. Il processo a Tommaseo resterà aperto per molti anni ancora, finché non vengano alla' luce tutte le carte: soltanto allora — sia pure con una navigazione piena di ostacoli, difficile — sarà possibile avvicinarci con qualche sicurezza a un'immagine stabile e non a una delle solite fantasie culturali o umorali. Fra gli aspetti meno studiati e che le lettere a Vieusseux sottolineano naturalmente, risalta qui quello del giornalista o, se volete, dello scrittore sensibile alle cose e ai fatti. Gli interessi del Tommaseo erano infiniti e anche nel campo limitato della stampa dimostrava di saper toccare subito- i punti vivi della cultura e della fantasia. Il Vieusseux aveva cercato di mettere un po' d'ordine nella testa troppo carica del Tommaseo, indicandogli i vizi da combattere. Lo rimproverava' di mancar d'ordine, di chiarezza, di riuscire oscuro, di' avere troppe idee, di usare un tono dogmatico e tranchtmt, di trascurare l'autore criticato per fare conoscere le proprie idee, di essere mordace e satirico e infine di essere intollerante.' Lasciamo da parte quei vizi che sono punti obbligati della critica sul Tommaseo e gettiamo la luce sull'abbondanza delle idee. .Di qui derivano, si, i difetti più clamorosi dello scrittore ma anche la parte che distingue il Tommaseo e ce lo rende caro, mettendolo in una posizione singolare in un secolo ricco di immagini e di figure vive. «Fuggi le persone per istanchezza delle cose », dice . di sé nel 1827 e non si capisce quale sia il tono esatto da dare alle tue parole: ad ogni modo la stanchezza delle cose è strettamente collegata all'abbondanza delle idee, all'eccesso della curiosità iniziale e, violenta. Forse la strada meno pericolosa per avvicinarsi al Tommaseo è quella di datare sempre le sue parole, le sue uscite e le sue ribellioni, in modo da individuarne l'origine e fissarne così la vera portata. Una volta fatto questo, ci si accorge che c'è un fondo costante di onestà e di verità a cui egli non è venuto mai meno, nonostante la storia fin troppo nota delle incertezze, dei comportamenti sospetti e dei suoi facili mutamenti. Condannato all'analisi, difficilmente gli riusciva di alzarsi al di sopra della realtà del momento; di abbandonare la fitta rete delle preoccupazioni e dei risentimenti. Il Ciampini nella Vita mise molto opportunamente in luce il peso di questo naturale disordine che lo rendeva estraneo alla famiglia dei grand scrittori del suo tempo e l'im paccio che falsava i suoi giudi si verso un Leopardi, per esempio, gratificato di « arrogante fredda mediocrità ». Va però detto che la stessa impietosa misura di sguardo era in grado di adoperarla anche per sé: si veda la lettera del 14 novembre 1826: « Passano gli anni intanto: .l'ingegno si adusa a quella sciacquata facilità che fa simili agli improvvisatori ogni autore aborrente della lima: e si resta •col rimorso di aver consumato invano quel poco che si potea a benefizio degli uomini e propagamento della verità che ha bisogno non di me, ma di amici ». Né, d'altra parte, bisogna bloccare su posizioni separate gl scatti e i momenti di meditazio■ ne distesa: per esempio, per ciò che riguarda Manzoni vale correggere il famoso articolo pieno di fiori velenosi con la confes sione della lettera sui Promessi Sposi del 18 luglio 1827 («Io confesso d'aver pianto anch'io al terzo tomo »), anche se subi to dopo il ribollile delle idee e Possessione delle cose e delle notizie lo sposta su altri temi E sempre sul Manzoni si cerchi il ritratto dell'uomo alla lettera del 24 novembre del 1826: « Del resto s'egli venisse a Firenze, vedreste un uomo che dall'assenza d'ogni singolarità è reso agli occhi d'ognuno che non gli dissomigli, affatto singolare e mirabile. Una statura comune, un volto allungato, vaiuolato, oscuro, ma impresso di quella bontà che l'ingegno. «°n ch* guastarla, rende più sincera e profonda: una voce di modestia e quasi di timidità,' cui lo stesso balbettare un poco, giunge come un vezzo alle Parole, che paiono «■sere più mature e più deside¬ rglrcnmppntmcptpvlfzNstIdrtzpunsne rate: un vestito dimesso, un piglio semplice, un tuono familiare, una mite sapienza che irradia per riflessimento tutto ciò che a lui si avvicina». Non conosco nella nostra letteratura molte altre pagine uguali per penetrazione psicologica, per sapienza nel passare dalla notazione reale a una legittima sfumatura d'ordine morale. Il Tommaseo sapeva essere presente contemporaneamente su diversi piani — psicologico, morale, artistico — e cogliere da una semplice figura rapporti di grande verità. Si cerchi al proposito l'apertura della lettera del 24 febbraio 1827: «Sento che Manzoni talvolta fa visita a Monti. Non so se Monti presenta in suo cuore il paragone che istituiranno i posteri fra sé e lui. Io credo che si: la coscienza degli autori è più destra del loro amor proprio », che • è un tratto di eccezionale penetrazione psicologica e non, come potrebbe sembrare a prima vista, una delle tante battute d'umore. La ricchezza, l'urgenza delle notazioni, anche se non dispóste e sciupate dalla fretta, hanno permesso al Tommaseo di essere uno scrittore unico nel campo troppo ordinato della nostra accademica letteratura. Si è accennato prima all'immagine del giornalista e vale la pena di tornare sul modo prepotente che la realtà aveva di entrare dentro di lui e di scatenare quindi l'intervento del narratore, del romanziere. Di fronte a un fatto di cronaca reagisce cosi: tUdue innamorati) la sera innanzi furono al teatro, al .dramma di Paolo e Virginia: il giovane stette co' suoi compagni : cena fino alle due dopo la mezzanotte: la donna die' l'oppio al marito pur per addormirlq; alle tre fu sentito il colpo, dall'un all'altro si dice passato un qualche intervallo, e credesi che giovane chincagliere pensasse in quel tempo al fatto suo. Ella fu trovata con la palla trapassata dalla bocca al cranio, con altra pistola carica fermissimamente stretta nell'altra mano. Aveva ventiquattr'anni, e tre figli: era bella c leggeva romanzi. Ho veduto delle sue lettere; molti punti... molte spampanate romanzesche, ma affetto profondo e puro ». Tommaseo aveva visto tutto e notato ed era passato dal quadro alla valutazione d'ordine morale, lasciando al fatto un colore di poesia, quel tocco di bellezza finale che redime le sue cose migliori. Molte altre pagine al Vieusseux contribuiscono ad aumentare un'antologia del genere. Si vedano i due paesaggi, quello di Milano col Castello intravisto dallo scrittore ammalato, l'altro di Parigi («E la piazza de] Carosello era tutta soldati...») di una straordinaria modernità. II Tommaseo — quasi un secolo prima delle esercitazioni dei prosatori d'arte — ha mille tratti di improvvisa eccitazione lirica da lasciare stupiti, si legga il raccontò dello sgombero e il ricordo di Saint-Gérmain o ci si lasci portare lontano da un semplice appunto come questo: «In tanta miseria, i piaceri non mancano. Qualche pagina di Bossuet, qualche tratto di Lelia, letto all'ombra degli alberi, un sogno lieto, uno sguardo al cielo, mi saziano ». Parigi 1834, Tommaseo è già un poeta compiuto: è un dato da non dimenticare quando ci colpisca l'altra immagine del letterato, dell'uomo infido, tortuoso, forse più solleticante ma meno profonda, meno reale. Carlo Bo

Luoghi citati: Firenze, Milano, Parigi, Roma, Virginia