L'inquieta politica di Cavour alla luce di nuovi documenti di A. Galante Garrone

L'inquieta politica di Cavour alla luce di nuovi documenti IL XXXV CONGRESSO DI STORIA DEL RISORGIMENTO — L'inquieta politica di Cavour alla luce di nuovi documenti II tema proposto quest'anno riguarda il problema italiano nella vita europea dal 1849 al 1856 S'inaugura oggi solennemente il XXXV Congresso di storia del Risorgimento. E appare significativa la scelta di Torino come sede, nel centenario del congresso di Parigi che vide per la prima volta la diplomazia piemontese, ossia Cavour, portare la questione italiana alla ribalta della politica internazionale. Il tema proposto quest'anno al convegno degli storici è per l'appunto il problema italiano nella politica europea, dal 1849 al 1856: e, più particolarmente, dall'alleanza di Crimea al congresso di Parigi. Questo è l'argomento centrale sul quale si impernieranno la relazione di Franco Valsecchi, le comunicazioni e i dibattiti dei congressisti. Un tema di storia diplomatica, dunque. Ma come è già stato avvertito dai promotori del convegno, non sarà trascurata la < diplomazia irregolare », costituita dall'opinione pubblica e dall'attività delle sètte e dei rivoluzionari. D'una sola cosa possiamo esser certi: che non si ricadrà nelle stilizzazioni agiografiche di un tempo, secondo cui dalla guerra di Crimea sarebbero nate l'indipendenza e l'unità d'Italia, grazie al genio lungimirante di Cavour, miracoloso divinatore, pur nell'intricata situazione internazionale di allora, dal cammino che avrebbe condotto ai trionfi del '59-60. « E' ora che la leggenda ceda alla storia»: ammoniva fin dal 1938 Luigi Salvatorelli, nel momento in cui venivano pubblicati importanti documenti diplomatici, che gettavano nuova luce sui fatti. Alla poesia, diceva questo storico, doveva ormai subentrare la prosa. E la c prosa », In poche parole, era questa. L'aprirsi della questione d'Oriente era stato un duro e inatteso colpo per Cavour, che vi scorgeva il pericolo di un accantonamento del problema italiano. L'illusione che il conflitto potesse tramutarsi in una guerra di principi! si era ben presto rivelata fallace. Il trattato del 2 dicembre 1854 della Francia e dell'Inghilterra con l'Austria era e a ò i stato un altro grave motivò di amarezza per il conte; uno « Bvanire del sogni dorati della vigilia », com'egli diceva allo Hudson. E, poco dopo, la alleanza delle potenze occidentali col Piemonte, e la spedizione di Crimea coronavano l'aspirazione delle due potenze a offrire una concreta garanzia all'Austria, per averla al fianco in Oriente. Non si trattava, di un'audace iniziativa del Piemonte, ma di una necessità ineluttabile. La grandezza di Cavour fu, piuttosto, nella capacità di adattamento all'avversa situazione, nell'afferrare ogni appiglio con meravigliosa duttilità, nell'agile inventiva di nuovi mezzi per volgere le cose in senso più favorevole: in una parola, nel saper fronteggiare ostacoli immensi. Anche il congresso di Parigi va visto alla luce di questa dura realtà, I risultati storiografici di questa revisione sono ormai punti fermi e acquisiti: 'n relazione di Valsecchi allV'Ierno congresso ne è la limpida riprova. Naturalmente, è ancora aperto il campo a nuove ricerche, che meglio illumineranno la tormentata storia di quegli anni. Per esempio, proprio oggi vede la luce, ad opera di Federico Curato (sotto l'egida del comitato torinese dell'Istituto per la storia del Risorgimento e per i tipi dell'* lite »), il carteggio diplomatico, dal 1852 al 1856, di air James Hudson, rappresentante d'Inghilterra a Torino. Questa bella e importante pubblicazione varrà non solo a lumeggiare la figura di un grande amico del nostro paese, ma anche a sottolineare la forza accaparrante e suggestiva della politica cavouriana sul terreno diplomatico. Hudson fini per essere letteralmente trascinato da Cavour. Ulteriori chiarimenti di storia diplomatica ci verranno dalle comunicazioni congressuali del Mack Smith sul carteggio di Clarendon, l'inglese ministro degli esteri, e del Camerani e del Pansini sulla politica toscana e napoletana durante la guerra di Crimea e il congresso di Parigi. Ma la storia della politica estera cavouriana — è appena il caso di avvertirlo — non potrà esaurirsi nello studio dei documenti diplomatici. Occorre" tener conto di tutte le forze che ostacolarono o favorirono quella politica. Si pensi alla situazione interna del Piemonte: il fPatpIlMtctrfSrblcitOdssdclRcbdltldbescrdbIdlpgvslsLèpVemere7elle fora "cTericaH, lalopinione in Savoia, l'atteggia-1 mento del re Vittorio Emanue¬ le, smanioso d'azione, inquieto per la discussione allora in corso sull'abolizione dei monasteri e dei canonicati, propenso a sbarazzarsi di Cavour e a fare 11 governo con la destra. Una situazione difficilissima per Cavour, che a ragione intuiva la minaccia di un colpo di Stato, e anche per questo si decise a firmare l'alleanza. E, fuori del Piemonte e dell'Italia, si pensi alla figura di Napoleone HI, torbida, dubbiosa, ambigua, o al peso dell'opinione liberale in Inghilterra; o alle correnti dell'emigrazione politica italiana. Ma soprattutto, non si dimentichi che «il ministro del piccolo regno sardo poteva diventare protagonista di storia europea solo in funzione della forza rivoluzionarla d'Italia ». Sono parole, queste, dello storico che scrisse le pagine più bellr e profonde sull'opera politica del conte di Cavour, e il cui spirito sentiremo aleggiare in questi giorni, con l'infinito rimpianto ch'egli non sia più tra noi a illuminarci: Adolfo Omodeo. A. Galante Garrone