La velocità sulle strade

La velocità sulle strade OPINIONI PERSONALI La velocità sulle strade Un magistrato ci scrive: con ritmo sempre crescente vedo susseguirsi i processi per omicidio colposo; tra le cause degli incidenti stradali la velocità è tra le più frequenti - Le accuse di un pedone: gli automobilisti •criminali armati» Continua appassionata la polemica del lettori circa la velocità degli automezzi sulle strado. Delle tante che ci sono pervenute, pubblichiamo alcune lettere. Signor Direttore, Alla polemica sorta sulla velocità delle automobili sulle nostre strade, vorrei aggiungere un semplice dato, frutto di esperienza professionale. Si tratta di un dato statistico, e in quanto tale, immagino, di qualche valore per il prof. De Castro, valorosissimo insegnante di statistica. Da due anni faccio parte, come consigliere, di una sezione penale di Corte d'appello. E con un ritmo, ahimé, sempre crescente, vedo susseguirsi i processi per omicidio colposo (a volte sei, otto, dieci per settimana!). Ebbene, ho potuto constatare che, tra le cause degli incidenti stradali, la velocità delle autovetture è tra le più frequenti. In ogni caso, poi, anche quando la causa prima e determinante sta o 'in altre forme di negligenza, imprudenza, imperizia del guidatore, o nella colpa di terzi, la forte velocità del veicolo è la condizione che sempre aggrava le conseguenze della pur diversa causa determinante. Così che, statisticamente parlando, la deleteria influenza della forte velocità assurge a fattore predominante degli incidenti. Vorrei dire: nove volte su dieci... Alessandro Galante Garrone Signor Direttore, Non vi è dubbio, come sostiene l'egregio prof. D. De Castro che le strade italiane, a confronto di molte altre straniere, sono imperfette ed inadeguate alle esigenze del congestionato traffico moderno. In particolare difettano di ciclopiste e di sottopassaggi. Ma non è esatto porre le deficienze tecniche delle nostre strade a discolpa, sia pure parziale, dell'automobilista troppo veloce, in quanto il comportamento di questi deve essere proprio in relazione allo stato di quelle. Sotto il profilo giuridico ed umano, l'eccesso di velocità è, per lo meno, qualificabile come < imprudenza » (l'elemento condizionatore della < colpa», accanto alla « ignoranza > ed « imperizia >) Proprio il numero de La Stampa su cui è pubblicato l'articolo del prof. De Castro («Io automobilista veloce mi difendo dalle accuse») porta, in 5» pagina, una breve statistica da cui risulta che il 50 % circa degli incidenti stradali dipende da mancanza di «educazione stradale». Ora io penso che, nella specie, sia indice di scarsa educazione' e di leggerezza intellettuale quell'anteporre l'ossessione della velocità al valore Inestimabile della vita umana ed il non sapersi accontentare delle soddisfazioni che di per Bé già procura quello che i saggi della antichità chiamavano « piacere in movimento » contrapposto al « piacere in riposo ». L'autista che eccede in velocità si rende responsabile, almeno virtualmente, sotto due punti di vista; in quanto il suo comportamento è un attentato continuo alla vita, propria ed altrui, di poi perché «abusa» di un mezzo che, anche a velocità moderata, può essere fonte di spirituali soddisfazioni, oltre che strumento di lavoro. , Avv. A. Ostorero - Afonie/. Signor Direttore, Tante polemiche si svolgono sulla opportunità o meno di limitare la velocità dei veicoli. Si osserva che il rischio è proporzionato alla qualità del mezzo, alla efficienza dei suoi organi, alla perizia del guidatore ed alle condizioni ambientali è quindi errato assegnare un unico limite di velocità essendo il rischio degli 80 Km. per una utilitaria maggiore di quello dei 120 Km. per una macchina, moderna di maggiore prestazione e stabilità. Contro però questa tesi che pnsgscsrdzptoccvmcèmd1ilarllosCElSantd(ptpnnmdrdIarsdudmhlrgIpcsettpllzsi sembra ovvia sta il fatto es-isenziale che in caso di inciden- i te né l'uno né l'altro dei inez- zi si sottraggono coi loro ri-j delln meccanica che stabilisce I della meccanica cneswrj lisce la forza viva proporzionale al!st«, i danni che derivano alle persone trasportate ed ai ter- zi sono genericamente propor- zionali a quel quadrato. | I corpi delle persone non | possono perfezionarsi, Bono I -•'„ v>'^oirebbe che, si spiegasse bene agli autisti ed ai motociclisti che non sono tutti ingegneri, ; matematici, fisici o tecnioi ma anche avvocati, dottori, com- mercianti, ecc., che la potenza d'urto a Km. 80 è, in virtù di |quella formula elementare, già ipressoché doppia a quella che ne deriverebbe a Km. 60 e |quindi è in parole povere co-]me se invece di vedersi cadere!^i^^Z^^]male al|quadrato della velocità. Giacché anche colle macchine più perfette il rischio esi- quello che sono e la natura li ha fatti, le loro OBsa, la loro mirabile struttura sono capaci di sopportare determinati urti oltre i quali cedono e si spezzano. Un limite di velocità precauzionale sarebbe quindi l'unico mezzo per limitare effettivamente, in caBo di sinistro, da qualunque causa e da chiunque determinato, la gravità del danno derivante. Con ciò si ridurrebbe la probabilità dell'incidente ma soprattutto si ridurrebbe in miBura decisiva la gravità delle sue conseguenze. In via subordinata occorre in testa una tegola di Kg. 20 ne cadesse in testa una di chilogrammi 40. La prima potrà ferire, la seconda uccidere. F. Canaletti. Signor Direttore, ho letto con curiosità l'appassionata difesa del « criminali della strada » e degli « assassini della domenica > del signor Diego De Castro. Dico subito che non sono d'accordo con l'articolista: la sua tesi sulla velocità e le sue assicurazioni sulla perizia del piloti del brivido non ci tranquillizzano, non ci danno garanzie precise. Come pedoni, pertanto, riconfermiamo !e nostre accuse. Per definire con maggior chiarezza gli opposti punti di vista del' pedone e dell'automobilista, poniamo questa precisa domanda: E' vero o non è vero che l'automobilista ha maggiori responsabilità del pedone nell'uso della strada? Noi pensiamo di sì perché: 1) l'automobilista può uccidere il pedone (come troppo spesso accade), mentre non può verificarsi il caso contrario; 2) l'automobilista viaggia più velocemente del pedone ed esige, sulla strada, spazio maggiore. Cerchiamo di precisare meglio. Entrambi, pedone e automobilista, sono contribuenti dello Stato, ed entrambi concorrono alle spese di costruzione e manutenzione della strada. Il contributo della gran folla del pedoni è infinitamente maggiore (ci sono in Italia 100 pedoni per ogni automobilista) e, tuttavia, la «minoranza eletta» pretende particolari privilegi nell'uso dello strumento comune. Concediamo pure a questa minoranza i privilegi che chiede, ma esigiamo almeno che rispetti con scrupolo i < pochi > diritti che restano agli altri. Avete per caso mal visto in Italia (negli altri Paesi è una altra cosa) un automobilista rallentare, non dico arrestarsi, come sarebbe suo preciso dovere, di fronte alle strisce di uh passaggio pedonale, quando non sia protetto da un semaforo? Qual è il pedone che ha 11 coraggio di attraversare la strada, nel passaggio a lui riservato, quando vede sopraggiungere un'auto in velocità? Il pedone sa per certo che il pilota non si arresterà, e anziché rischiare la pelle preferisce rinunciare ai suoi diritti e attendere sul marciapiede. Ma non dilunghiamoci a citare dei casi, che ci vorrebbe troppo spazio. Ammettiamo per ipotesi che gli utenti della strada fossero tutti pedoni: l'omicidio stradale non esisterebbe. E' altrettanto certo, e nessuno può metterlo in dubbio, che il numero degli orni cidi stradali è in proporzione diretta con la velocità e la pericolosità dei mezzi di locomozione: aumenta progressivamente la velocità delle macchine, e aumenta di pari passo il numero degli omicidi. Il signor De Castro, nel suo articolo, ha l'aria di non aver preso troppo sul serio il termine di « omicidio » e le accuse precise che si muovono agli automobilisti (non a tutti, si capisce, ma a molti). L'automobilista che uc mcrNptaglbspbadssntubspcsgpLe. cide il pedone che attraversa la strada è un assassino come {pi bieco criminale che sgozzai il suo simile col coltello. Alla vedova od ai figli del morto non interessa minimamente sapere con quale arma il crimine è stato compiuto: il delitto rimane e il morto anche. Si è parlato dell'arma. L'automobile non è solo un'ar- ma, ma è anche un'arma, e. come tale richiede cautela e responsabilità in chi la usa. Noi pedoni consideriamo appunto gli automobilisti e i motociclisti < utenti della strada armati » e ogni giorno ci aggiriamo spauriti e indifesi nella giungla della strada fra bande di gente «armata». Questa è l'opinione vera che noi pedoni abbiamo di voi automobilisti. Ci assicurate, mentre vi aggirate con l'arma in mano, di essere responsabili e coscienti, e tutti i giorni, non si sa come, uccidete qualcuno di noi. E' vero che vi « scontrate » spesso anche con altri utenti « armati » (che dovrebbero essere al pari di voi responsabili e coscienti) ma neppure questo' tipo di omicidio ci consola. Fortunatamente neppure il signor De Castro nega che fra gli automobilisti ci siano del pazzi e quel brano del suo ar¬ ticolo lo si legge con vero piacere. La nostra sorpresa nasce quando il signor De Castro suggerisce il rimedio per colpire « inesorabilmente » questi criminali « armati ». Il ritiro della patente che egli propone equivarrebbe al ritiro del porto d'armi all'assassino che ha tentato di uccidere (assassini si rimane anche se il crimine non è stato compiuto). Ma è una misura proporzionata alla gravità dei fatti? Si chiede inoltre di sapere: 1) quante patenti sono state ritirate definitivamente in Italie, quanti gli omicidi compiuti dagli automobilisti, e se esista relazione tra i due fenomeni; 2) perché l'assassino comune viene solitamente punito con la galera, e l'assassino su quattro ruote, quasi mai. Non ce ne voglia il signor De Castro, ma noi pedoni la pensiamo così. Piero Galletti

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