Mai soli di Arrigo Benedetti

Mai soli Mai soli Ho suggerito a Mario e a Ma-lfaria di scriverlo sul cancello della loro casa estiva, la quale posta a metà del lunghissimo arenile della Toscana settentrionale, è il punto obbligato di riferimento d'una piccola ma abbastanza omogenea società di milanesi, torinesi, fiorentini, romani (sono in assoluta minoranza), che frequentano la Versilia soprattutto nel mese, di agosto. Mario è un uomo di quarantacinque anni, piuttosto grasso, pacifico al primo sguardo, ma nervoso agli occhi d'un osservatore più perspicace. Incline però all'ottimismo, gli riesce gustare tutto ciò che gli succede intorno, e gli piace, almeno in un primo momento, apprezzare le qualità, i caratteri, magari i difetti dapprima scambiati per virtù, delle persone che incontra. Un libro, un piatto,- un'architettura, un paesaggio suscitano in lui un moto spontaneo di meraviglia che non vuole tenere per sé, quasi ossessionato di mettere il prossimo in condizione di partecipare ai suoi modesti" ed onorevoli piaceri. c Avete mai visto, dice per esempio, quant' è bella Pisa la mattina alle cinque? Vi' ci porto. Avete mai mangiato il pollo alla cacciatora da Erasmo? Venite con me da lui e saprete finalmente come deve essere il pollo alla cacciatora... Possibile che non abbiate letto quell'editoriale sulle giunte difficili? (In questo caso si rivolge ai pochi amici che anche d'estate continuano ad occuparsi di politica), ve lo procuro ma dovete leggerlo sul serio... ». Non è che abbia particolari esperienze artistiche, culinarie, politiche. In fondo è solo un dilettante. Eppure quando consiglia un posto per la cena, un cacciucco, un vino, oppure quando segnala una strada, da percorrere decantandone il panorama, lo fa in maniera perentoria perché è momentaneamente convinto d'indicare la migliore osteria di questo mondo, i cibi preparati con miglior arte, i paesaggi che parlano all' anima. Non dare, quelle indicazioni gli parrebbe un'azione indice del peccato che non ammette: l'egoismo. La mattina, appena si sveglia, e la cameriera che gli ha portato il caffé e i giornali, spalanca le finestre,** guarda il mare davanti a casa sua e dice: «Il mare, dalle nostre parti deve es sere proprio così: sfumato, gri gio, un po' nebbioso... ». Oppa re: «Azzurro intenso, quasi verde... ». E se, sempre la mattina, affacciandosi, vede che la breve pineta su cui danno le finestre è piena d'amici, grida : « Bravi, avete fatto benissimo a venire. Restate a colazione. Vero, Maria, che devono assolutamente fermarsi? ». Ma se non c'è nessu no: «Com'è bella la solitudine », esclama. La verità è che gli piacerebbe godere di due condizioni opposte: trovarsi nello stesso tem po solo, annoiarsi, sbadigliare ed essere al centro d'una folta compagnia fino a stordirsi. L'altra sera, quando recatomi a salutarlo, gli ho suggerito lo slogan da incidere sul cancello, («Mai soli»), è rimasto sovrappensiero un momento, poi ha riso soddisfatto. « E' la nostra sorte », ha detto guardando Maria, « ma intanto voi amici partite, mi lascia te. E* io so cosa m'accade in questi casi. Da bambino, quando dopo il Ferragosto, gli amici di mio padre, venuti da noi, ci lasciavano, io piangevo. Abitavamo una casa nella valle del Serchio, un posto che devo assolutamente farti conoscere... » Schiavo dei ricordi che abbel - liscono i posti dell'infanzia, : questo punto Mario sente assolutamente il bisogno di far partecipare subito il suo interlocutore a un piacere che non vuole serbato a lui solo. Difficile sottrarsi ad un appuntamento magari rimandato all'anno dopo, ma l'anno dopo regolarmente rammentato. Perché questa è la sostanza psicologica del mio amico. Io so, perché me l'ha confessato, che nel' corso d'una giornata, giura più volte a sé stesso, di non prendere, almeno per ventiquattr'ore, l'iniziativa d'una gita, di una cena, d'una riunione d'amici... All'improvviso però, quasi lo ecciti, in modo potente, il ricordo d'un cibo, d'un proble ma, d'un luogo, si sente obbli g?.Lo a fare la proposta che avrebbe preferito fosse stata avanzata da altri ma che certamente nessuno avrebbe fatto, perché il prossimo agli occhi d Mario, è distratto, pigro, schiavo di piaceri particolari. « Mi piace la solitudine », mi ha confidato l'altra sera mentre stavo per partire; «apprezzo, ora che tutti voi ve n'andate, la vita appartata. Che mese meraviglioso, settembre! La Versilia si pcQdgsrpvlaringnpsbsfcrrmTdgMtsttpsccssdttcetcelllsmd fa deserta, la notte arriva sem- pre più presto, la mattina è piacevole alzarsi sempre più tardi. Quando finisce l'estate, l'arrivo d'un libro, un buon articolo di giornale, letti tranquillamente senza il pericolo d'essere interrotti da un amico che all'improvviso suona il clackson davanti al cancello, sono cose che lasciano intravedere quanto sarebbe bella la vita solitaria che invece non facciamo. Che stagione splendida l'autunno! Conosci le colline di Montecarlo metà settembre? ». Nel momento stesso in. cui mi preparo a rispondere di non conoscere Montecarlo d'autunno (un borgo toscano tra Lucca e Pescia), so già quale diluvio d'af-' fettuose sollecitazioni sta per cadérmi addosso. « Bisogna assolutamente », Mario continua ora con voce perentoria, « che, nella seconda metà di settembre, tu ritorni in Toscana. So che nessuno meglio di te può apprezzare la cacciagione allo spiedo delle colline di Montecarlo... Possibile che in autunno tu non abbia percorso la strada che, lungo le colline, porta da Segromigno a Marlia? ». Eppure Mario non va accusato d'intemperanza. Forse è un pedagogo d'una felicità modesta, racchiusa in un libro, in un cibo, in un paesaggio, in un'architettura. (Nel caso che queste note cadessero sotto il suo sguardo, preciso che alle cattedrali celebri, preferisce architetture minori d'un'antica semplicità quasi casalinga : nelle quali sia chiara l'impronta d'una lunga esperienza umana). « Ora che resto solo », ha dettò1 infine l'altra sera, «mi piacerà sedermi a tavola con Maria e coi figli. Essere finalmente soli, noi che mai sappiamo esserlo. Stare davanti alla televisione lasciandomi dominare dalla noia senza reazioni critiche. Stasera, per esempio, giacché non abbiamo nessun ospite, mi sono fatto preparare un piatto che solo uno di qui, nato qui, figlio di' gente di qui sa apprezzare: fagioli bianchi, conditi con l'olio: un olio che sono andato a cercare in un posto che so io, dove gli olivi sono stati piantati sulla roccia, abbastanza lontano dal mare in modo che non sentano il salmastro... ». E mentre cosi parlava, mi sono visto guardare con improvvisa curiosità: quasi solo allora capisse l'importanza della mia presenza. E ancora una volta ho indovinato le parole che stava per dire. « Maria », ha esclamato con impeto come se cedesse ad una idea irresistibile, rivolto alla moglie già rassegnata o abituata ad annuire, « perché non diciamo ad Arrigo di restare da noi? Fagioli come quelli di stasera non l'ha mangiati mai. Resta, Arrigo, mi aiuterai ad abituarmi alla solitudine. Domani ti porto dal Lattanzi, dal Carozzi, dall'Evangelisti: forse, chissà, troverai qualche vecchio mobile che ti piace. Oppure ceneremo sul mare, in un posto dove fanno il migliore cacciucco del Mediterraneo... Se no, andiamo a Barga: l'hai mai vista in questa stagione? Resta, non lasciarci soli; tu non puoi partire ». Arrigo Benedetti ■ lllllllllìl lllllllllllIMIIIltllIllllUlllMIIIlllll

Persone citate: Carozzi, Lattanzi, Pescia

Luoghi citati: Barga, Lucca, Montecarlo, Pisa, Toscana