Arrestato il comm. Antonio Loi per lo scandalo della "Nicolay,, di Giovanni Giovannini

Arrestato il comm. Antonio Loi per lo scandalo della "Nicolay,, Conseguenze del clamoroso crack finanziario che ha rovinato molti risparmiatori Arrestato il comm. Antonio Loi per lo scandalo della "Nicolay,, Già vice-segretario amministrativo della D. C. ed ora dirigente di alcune società con sede in Roma, l'imputato è stato chiuso nelle carceri di Marassi, dove si trovano l'avvocato milanese Gustavo Lanzillotti e i tre agenti di cambio (Dal nostro inviato speciale) Genova, 25 agosto. Le porte del carcere genovese di Marassi si son aperte due volte nel giro di poche ore per accogliere altre persone Implicate in uno dei più clamorosi scandali borsistici del dopoguerra: ieri sera all'arrivo da Milano dell'avvocato Gustavo Lanzillotti, stamane all'alba al giungere da Roma di Antonio Loi, rispettivamente expresidente e consigliere delle Società Acquedotti Nicolay e SPIAR. Essi sono così venuti ad aggiungersi agli altri tre dirigenti della Società ed agenti dj cambio genovesi, Giovan Battista Gualco, Orfeo Succio e Rinaldo De Ferrari tratti In arresto fra luglio e agosto. Né si esclude che altri ancora possano essere colpiti da provvedimenti di polizia a conclusione di una vicenda che ha travolto e gettato sul lastrico numerosi piccoli risparmiatori liguri, piemontesi e lombardi. Il < Nicolay> è un piccolo acquedotto genovese che ripete li- nome dell'Ingegnere il quale un secolo addietro (18EÌ) ottenne in concessione perpetua e realizzò una derivazione dal torrente Scrivia in grado di fornire alla città olrca quarantamila metri cubi d'acqua al giorno. Fino a questo dopoguerra, la sua, proprietà era detenuta da una società anonima costituita da poche note famiglie genovesi che della < Nicolay > avevano fatto il classico titolo « da cassetta > col suo modesto ma tranquillo reddito del 4 per cento all'anno. Aumentati i costi di manutenzione e di personale, non c'era infatti da pretendere di più da un acquedotto coll'andamento borsistico di questo dopoguerra. Improvvisamente, fra 11 '51 e il '52, le azioni della società quotate fino ad allora sulle mille lire circa, cominciavano a salire toccando prima le duemila poi le tremila lire (3195 nel gennaio, 4450 nel dicembre del '52), tanto che i principali esponenti della « Nicolay >, stupefatti essi per 1 primi, pensavano bene di riunirpt in un Sindacato sia per difendersi da incomprensibili assalti di terzi, sia perché reciprocamente diffidenti nel timóre gli uni di strane manovre degli altri. Solo verso la fine del '52, il giuoco si scopriva quando il milanese aw. Gustavo Lanzillotti proponeva ufficialmente di acquista, re le azioni del Sindacato (125 mila su 800 mila) al prezzo medio quotato nell'annata, e cioè a 8600 lire l'una. Sarebbe inesatto affermare che gli esponenti-della <Nicolay > si rendessero conto delle ragioni di una simile offerta per una società dal capitale azionarlo di 33 milioni e che aveva fatto registrare nell'ultimo anno- un utile netto di soli 25 milioni; certo, invece, si resero conto dell'entità- della cifra proposta, e non ci pensaron due volte: affare fatto, per quasi quattrocento milioni. Ecco quindi ne! '53, la < Nicolay > nelle mani dell'avvocato Lanzillotti, presidente, di tre agenti di cambio genovesi, Gualco, Succio e De Ferrari, e di Antonio Loi, già semplice funzionario locale della D.C., trasferitosi alcuni anni prima a Roma dove con napoleonica carriera era giunto a ricoprire tutta una serie di cariche, dalla vice-segreteria amministrativa del suo partito all'amministrazione del Popolo, alla presidenza delle Arti Grafiche, dalla presidenza di un' Affidavit (Finanza Fiduciaria Aziende Varie.Italiane) all'appartenenza ai consigli d'amministrazione della Telestampa e dei Laboratori Centrali Chimici e Farmaceutici Italiani. Grazie alle miracolose capacita di questi nuovi amministratori, ecco la < Nicolay > assumere proporzioni — ahimè soltanto borsistiche — impreviste; 11 capitale, passare da 33 a 1500 milioni; le azioni, da 4000 a 8000 lire nel corso del '53, arrivare nel '54 fino a 12.000 lire (che, tenendo conto di tre emissioni e suddivisioni di titoli gratuite o no, equivarrebbero a venti volte il prezzo di vendita dai vecchi al nuovi titolari nel '5i, e cioè a circa 70.000 lire). Come non approfittare di una simile incredibile cuccagna, opportunamente illustrata in Liguria, in Piemonte e in Lombardia, nel piccoli e nei grandi centri? Per citar solo una cittadina, abboccano a Saluzzo, banchieri e contadini, professionisti e commercianti: stando all'esposto dell'avvocato Umberto Ramella alla Procura genovese, solo qui le perdite assommeranno ad un miliardo (e ad esse verrà fra l'altro attribuito il suicidio di un proprietario di immobili). Ma non anticipiamo le note nere; per ora, nel '54, le cose van cosi a gonfie vele che la Nicolay sembra insufficiente a tanto prosperi sviluppi, ed i suol soci dàn vita alla SFIAR (Società Finanziaria Industrie e Acquedotti Riuniti) per allargare il campo d'attività: oltre a lavorare un po' per 11 rialzo di altri titoli locali (ce n'è uno che sotto le cure dei sagaci affaristi balza in breve da due a settemila lire l'azione), si pon mano a solide iniziative industriali, a cominciare da due grossi zuccherifici a Racconigi e sul Volturno. Sembra però questo un campo un po' più difficile: in Piemonte, costruito l'edificio, non si riesce a ritirare il macchinario ordinato per 800 milioni; in Campania, non se ne fa niente addirittura perché vengono a mancare certi, promessi (da chi? in che misura? con qual difitto? E' uno del lati più misteriosi, e rilevanti, dell'intera faccenda) finanziamenti da pgrslfitsclmvcnspcddt parte della Cassa del Mezzogiorno. Proprio nella tarda primavera di quest'anno, quando i nostri uomini d'affari sono all'apogeo del successo (uno vlen fatto commendatore, l'altro è in predicato come amministratore degli ospedali di Genova), s'avverte qualche scricchiolìo che in breve si trasforma in valanga. DI questi strani titoli, molti agenti di cambio non avevan mal voluto occuparsi; un certo sospetto per un così strano andamento, in borsa c'era sempre stato; s'eran fatti passi presso 11 comitato direttivo anche per l'irregolare posizione dei tre agenti amministratori di una società 1 cui titoli eran trattati nelle borse stesse: ora è la magistratura a muoversi, a ordinare l'arresto di Gualco, Succio e De Ferrari, mentre le azioni precipitano dalle migliala e migliaia a poche centinaia di lire. I tre compari si aspettavano ormai il provvedimento, e catturarli non fu facile. Per arrestare il Succio, un agente dovette travestirsi da addetto a un distributore di benzina nei pressi della casa di lui, e fermarlo una notte che venne a rifornire di carburante la sua macchina. Il De Ferrari si era trasferito tempestivamente in campagna: quando la polizia lo identificò nei dintorni di Vignale Borbera, stava dedicandosi alle sane fatiche della zappa. E solo quan¬ do si rese conto di essere individuato nella zona fra Bussila, Gavl e Voltaggio, 11 Gualco invitò 11 suo legale a recarsi in questura e a dichiarare che il cliente era pronto a costituirsi. Era 11 6 agosto. Ieri 24, sempre per ordine del dott. De Felice, della Procura genovese, i carabinieri arrestavano nella sua casa di Milano l'aw. Lanzillotti e, nella sua villa di Fregene, il sig. Antonio Loi. Così, tutti e cinque, i protagonisti della vioenda sono riuniti nel carcere di Marassi sotto l'imputazione comune di truffa pluriaggravata e rialzo forzato di titoli In Borsa. Inutile dire che l'impressione in città è stata enorme, unita ad un senso di soddisfazione per l'azione decisa della magistratura, intesa ad accertare le colpe sia degli arrestati, sia eventualmente di altri. Si calcola infatti che per avviare le loro manovre, i cinque abbiano investito almeno mezzo miliardo di cui certo non disponevano; da chi hanno avuto 11 danaro, o il credito o le garanzie necessarie? Si tratta semplicemente di una truffa anche se in grande stile, o di un problema più vasto di moralità, di costume pubblico? Son» interrogativi - ai quali l'opinione pubblica attende una chiara, coraggiosa, esauriente risposta. Giovanni Giovannini