II rimedio c'è

II rimedio c'è Un'altra miniera in fiamme; tutti salvati dalle squadre di Marcinelle II rimedio c'è L'illnsione è dura a morire. Ancora mercoledì pomeriggio la notizia che tre uomini d'una squadra di soccorso giunti alla galleria di quota 1035 avevano trovato l'aria respirabile e nessuna traccia d'incendio, diffusa con evidente deplorevole leggerezza dalla radio e dai giornali del luogo (si parlava perfino di « aria fresca » ; e sì che ci hanno sempre detto i tecnici che a quella profondità, se non funzionano i ventilatori, c'è normalmente un calore sui quaranta gradi) ha rinfocolato crudelmente le speranze che già si erano spente. Sono accorse con nuova alacrità ai cancelli della miniera le donne frementi, eccitate da un nuovo improvviso affaccendarsi di medici, di infermiere, di ambulanze e squadre di soccorso. Tanto più terribile sarà stata là disperazione delle misere la mattina di giovedì; quando sono tornati alla superficie gli uomini che si erano calati ancora una volta nel fondo, per scale pendole sull'abisso, erano passati carponi per un lungo budello angusto, avevano messo finalmente piede nella tragica galleria, guazzando in mezzo metro d'acqua. Ce li hanno descritti come sono risaliti, accasciati, spauriti automi, prostrati dalla stanchezza, ma più dall'orrore, senza nemmeno la forza di parlare. Solo l'italiano Gavan non ha saputo tenersi dentro la sua certezza, ha gridato: «Son tutti morti! ». E così alla fine, dopo quindici giorni, la verità è uscita dal pozzo, crudele, spietata. Si leggono con rac< capriccio i particolari, con fermano quello che noi cronisti avevamo cominciato a temere fino dal secondo giorno, assistendo ai primi pigri tentativi di far qualcosa — mancavano strumenti, ordegni d'indagine del fondo, vesti incombustibili — intorno alla bocca del pozzo che respingeva ogni esplorazione col calore il fumo ed il fuoco, vedendo esalarsi nuvole inesauribili di vapori acri, la notte e il giorno, immaginando ardere le fiamme dell'inferno sotto i nostri piedi. Confermano quello che era già certezza nostra quando abbiamo veduto portar su i cadaveri delle gallerie più alte, avvelenati dal carbonio, gonfi, sfatti, gli occhi scoppianti fuori dalle orbite; morti subito, ci consolavano i tecnici, l'ossido di carbonio uccide in fretta e senza dolore (ma c'era il particolare di quello che aveva avuto il tempo di scriversi il suo nome su un pezzo di carta e appuntarselo alla veste; 4 quello del caposquadra che aveva scritto sul suo libretto : « Esco dall'inferno », indizi di lenta agonia o, peggio, di una speranza ancor viva di salvezza in chi, essendo scampato alle fiamme, non pensava al veleno dell'aria). Ma per questi morti ultimi non possiamo avere, a quanto appare, l'illusione che abbiano avuto anch'essi la rapida fine indolore, che prima toglie i sensi e poi abbatte. Quei cadaveri descritti galleggianti sulle acque nere, o ammucchiati contro una porta rattrappiti in ginocchio, stravolti, bocconi, debbono aver ceduto solo dopo una disperata lotta nel buio, tentando di scampare alle fiamme, di fuggire innanzi al fumo, dirigendosi senza sapere dove, urtandosi e travolgendosi alla cieca per la galleria e i cunicoli, provando, resistendo, ribellandosi alla sorte; ed un coraggioso aveva forse sperato che dietro quella porta ci fosse la salvezza, o il modo di raggiungere un luogo ove attendere i soccorsi; e cercò d'indicare la via a chi sarebbe sceso a cercarli scrivendo col carbone sulla porta le parole : « Siamo cinquanta e scappiamo inseguiti dal fumo ». Ancora una volta tiriamo le somme, ormai le definitive, della catastrofe. Duecentosessantatré morti. Di questi centotrentanove, più della metà, italiani. Italiani la maggior parte provenienti dgsmrsMpvpnncfimaafi da paesi poveri, di montagna, che nessuno in Italia, se non i più vicini, avevano mai sentito nominare: Turrivalignani, Alanno, Roccascalegna, Racale, Farindola, Manoppello e Letto Manoppello, Sant'Agata Feltria, e via via; nati sotto altri cieli, per altri mestieri, non li ha nemmeno consolati nell'agonia il sentimento di una necessità a cui fossero votati fino dall'infanzia, quel sentimento che forse ha aiutato a morire meglio i loro colleghi belgi, figli e nipoti di minatori, con la miniera nel sangue, detestata e amata insieme, tiranna, ma ragione di vita. Ma questi italiani, nella massima parte, erano stati sortiti ad altra vita, lavorare sui campi sotto il cielo aperto, sulle strade, nelle officine, sulla soglia delle botteghe cordiali nelle vie del paese, con il conforto, durante la fatica, della luce del giorno, del dolce clima. Ma la disoccupazione, i danni della guerra, la cronica miseria li ha spinti oltre i confini. Ad assumersi un lavoro penoso e rischioso, che quelli del Paese che li ha accolti non vogliono più fa' re, da cui rifuggono ; una avvilente pena quotidiana, nell'oscurità perpetua che le lampade di sicurezza non rendono ohe più tangibile, un'aria densa di polvere di carbone che a lungo andare corrode i polmoni (ci sono ritrovati per irrorare di vapor d'acqua quel pulviscolo, ma nella miniera del Bois du Cazier li hanno messi tardi e me li hanno descritti rudimentali); stando sdraiati nudi fra il tetto di roccia e la base del filone, un cunicolo non più alto d'un metro, sentendosi ripercosso in ogni fibra del corpo il battito del martello perfora¬ tore. Per essi, ancora più che per i loro sventurati colleghi belgi, sembra iniqua e feroce la sorte che li ha dannati a morire soffocati nelle viscere della terra per donare ricchezza ad ignoti signori stranieri. Ora si promettono inchieste, si proclama che sarà fatta piena luce sulle cause e sui responsabili della catastrofe; si protesta sui giornali belgi, come da noi, per gli impianti antiquati, contro i contratti a cottimo nei quali, come s'è detto, confluisce l'avidità di lucro dei padroni con il comprensibile ma condannabile impulso dell'operaio italiano di strafare oltre ogni limite di resistenza, incurante del rischio e trascurando provvedimenti di sicurezza, pur di mettere insieme.nel più breve tempo possibile.il peculio che gli permetta di tornare in patria o cambiare mestiere. Begli accordi fra i governi interessati, commoventi espressioni di fratellanza. Ma temiamo che ancora una volta, come nel passato, portate le salme nei cimiteri di casa, pensionate le famiglie dei caduti, tutto tornerà co me prima, una dira necessi tà spingerà di nuovo italia ni ad improvvisarsi minatori per scendere nei pozzi che i belgi disertano, e procu rarsi quella qualsiasi occu pazione che non trovano a casa loro. Potrà il Ministero degli Esteri riconfermare le sue istruzioni alle au t or ita di emigrazione, che non concedano più a nessu no il visto per recarsi a la' varare nel Belgio; il disoccupato che non spera più nulla dalla patria troverà, come ha trovato in questi ultimi mesi, il ripiego per espatriare clandestinamente, o recarsi nel Belgio da altri Paesi confinanti di più facile accesso. E' fatale, è umano. E tutto tornerà come prima, e i.proprietari delle minière si indurranno a qualche migliorìa e a qualche provvidenza, e i funzionari governativi e sindacali si dichiareranno soddisfatti. Fino alla prossima tragedia. E allora sentiremo di nuovo l'accorata parola di ministri e di sottosegretari minaccianti o invocanti il rimpàtrio degli italiani dalle miniere del Belgio. E* troppo chiedere al Governo di fare subito, ma davvero subito, qualche cosa di più, o, se volete, di molto di più; ma qualche cosa di conclusivo, di immediato, di risolutivo, come la condizione delle cose gli detta, anzi gli impone ? E' stato notato da tutti il fatto che sono a dozzine al Bois du Cazier, fra le vìttime e gli scampati, uomini provenienti tutti dallo stesso paesello degli Abruzzi, di Puglia, della montagna modenese o veneta. Lo stesso fenomeno deve aversi anche in altre miniere. Si tratta, evidentemente, di zone particolarmente depresse, come si dice, facilmente identificabili, ove non esiste possibilità di occupazione per la metà, per i due terzi o ancor più degli uomini validi. Non dovrebbe essere tanto difficile ad un governo di buona volontà che trova ancora milioni e miliardi per gli spettacoli e lo sport escogitare provvedi menti immediati per allevia' re o fare scomparire, quelle cause di depressione; e, per rsrzismdabilancio qualche lavoro pubblico in più. di quelli di cui c'è sempre tanta urgenza (basta pensare allo stato medievale delle strade, di grande comunicazione, prò vinciali, vicinali, in tante nostre Provincie), per offrire subito a 50 mila operai italiani, che tanti sono i nostri minatori nel Belgio, il modo di tornare in patria a campare la vita con maggior serenità e dignità di uomini. Paolo Monelli esempio, mettere-subito in rinfusa in un'ambulanza maschere per. l'ossigeno ed altri attrezzi. Le ambulanze, le auto rosse del pompieri, tutti 1 mezzi a disposizione . sono partiti in velocità con la gente che si arrampicava ancora sulle màcchine. Pareva un campo di aviazione svegliato dall'allarme. I poliziotti belgi spalancarono le cancellate e le auto sfrecciarono velocissime fra le tende rizzate sul terrapieno dove dormivano i parenti del dispersi. Era scoppiato un incendio nel pozzo Saint Charles a Montignies sur Sambre: vi lavoravano quarantotto minatori. Aveva preso fuoco a 850 metri di profondità uno di quei « nastri » di gomma usati nelle miniere per portare 11 carbone, una specie di tapis roulant. Qualcuno aveva sentito l'odore di gomma bruciata ed aveva dato l'allarme. Il fuoco aveva attaccato i poi. un mucchio di «fascine», le travi di legno, legno molto secco, adoperato per costruire le armature delle gallerie, in modo da evitare crolli. C'era,, naturalmente,, nell'aria della finissima polvere di carbone che si era subito incendiata: proprio come a Marcinelle. Anche nel pozzo Saint Charles il fuoco era scoppiato per una negligenza. Sotto al tapis rouìant si erano andati accumulando, per il continuo passaggio del materiali, pietre e carbone. Il nastro, messo in' moto dal macchinista, cominciò a sfregare su quel cumulo di detriti e l'attrito provocò l'incendio della gomma. I, detriti dovrebbero essere di tanto in tanto spazzati via, prima di raggiungerò un'altezza tale i Sdn da-; toccare la- parte, inferiore , o i e i i a e a o o i , del nastro. Questo lavoro non era statò fatto, dicono, per < mancanza di mano d'opera » . Il pozzo Saint Charles funziona press'a poco come quello di Marcinelle. Attrezzature vecchie, cavi della corrente àd alta tensione scoperti, trascuratezze, continui pericoli, sciagure evitate per caso o per miracolo, come appunto quella di stamattina. Anche le guide degli ascensori sono di legno, 1 montacarichi quelli di cinquantanni fa. Allo scoppio dell'incendio, la direzione dell'impresa fece chiedere d'urgenza sacchi di sabbia per soffocare le fiamme: quelli della miniera non bastavano. Le squadre di Marcinelle giunsero in un batter d'occhio: 28 minatori furono tirati su subito, il secondo gruppo venne alla superficie dopo alcune ore, tra l'incalzare delle fiamme. Tutti salvi, dunque, per un vero miracolo. Nel pomeriggio, arrivate altre squadre di soccorso da diversi centri, i minatori di Marcinelle sono tornati al Bois-duCazier. C'era stato nel frattempo il Ministro del Lavoro, Troclet, ed altre autorità belghe. Troclet quando arrivò al pozzo ayeva una faccia stravolta. Diase al giornalisti: «E' terribile. Vado subito a conferire con la direzione». Poco dopo usciva dagli uffici della direzione uno del capisquadra, il fiammingo Hendrlcks, che si avviava a testa china verso le cancellate dove erano i parenti delle vittime. Alla gente che « già sapeva », il caposquadra disse con pietosa bugia: «'Dormivano gli uni accanto agli altri i nostri compagni, con la lampada legata alla cintura. Sono morti senza soffrire. Credetemi, è la verità». Tutto il Belgio ormai sapeva. Alla radio' 11 Ministro per le questioni economiche, Bey, con voce malferma, aveva dato in mattinata l'annuncio, ripetuto poi In italiano e in fiammingo: «Ho 11 doloroso compito di dichiarare ufficialmente che la tragedia di Marcinelle è giunta al termine e che abbiamo perduto ogni speranza di trovare essere umani in fondo al pozzo. Siamo giunti cosi alla fine della più grande catastrofe mineraria che il nostro Paese abbia mal conosciuto. Domani venerdì 11 Consiglio dei Ministri dovrà prendere tutti 1 provvedimenti per l'assistenza alle famiglie delle vittime, per l'inchiesta sulle responsabilità e studiare particolari disposizioni sul piano nazionale ed Internazionale In conseguenza di questa catastrofe.. «Oggi vorrei limitarmi a dare II mio saluto, con dolorosa emozione, al minatori

Persone citate: Bois, Paolo Monelli