Illusioni e realtà dei turismo regionale di Marziano Bernardi

Illusioni e realtà dei turismo regionale "SON ET L ERE,, IN PIEMONTE Illusioni e realtà dei turismo regionale E' la stagione del « passo » degli stranieri in Piemonte. Come i tordi venendo dal Nord l'autunno, francesi e svizzeri, belgi e olandesi, qualche inglese e gualche spagnuolo, « passano » per Torino e qua e là per la regione subalpina (e la sosta, ahimè, quasi sempre è brevissima perché altrove li attirano miraggi di storia e di arte più illustri, o più vivaci e svariati piaceri) dal luglio al settembre. E noi vorremmo tendere le nostre uccellande, brescianelle o roccoli, paretai o ragnaie, pur senza far loro il minimo male, anzi colmandoli di lusinghe, per trattenerli almeno quattro o cinque giorni, come fan la Toscana e il Veneto, il Lazio, la Campania e la Sicilia, e rimetterli poi vispi in libertà. Perché il problema turistico del Piemonte è questo: fermare codesti migranti ai quali sembra che la terra d'Alfieri scotti sotto i piedi nell'andata, e che poi al ritorno non hanno più, di solito, in tasca che lo stretto necessario per riguadagnare 1 propri lidi in fretta. Con quali mezzi? I piemontesi, in genere, si sdegnano che la loro piccola patria non sia considerata «turistica» come tante altre province italiane; e in parte han- no ragione, in parte torto. Ragione perché la varietà, la dolcezza e la magnificenza, l'amenità e l'imponenza del paesaggio locale fan rivaleggiar questo, spesso vittoriosamente, con qualsiasi altro paesaggio d'Italia. Pensate alle maggiori vette alpine, alla sponda occidentale del Lago Maggiore, alle vaste serene pianure, alle prealpi canavesane incantevoli, ai colli pittoreschi del Monferrato e delle Langhe. E tanta diversità di suggestivi aspetti dal Monte Bianco al Verbano all'Astigiano, nel raggio di forse centocinquanta chilometri in linea d'aria. Senza contare che poche città europee son meravigliosamente situate come Torino fra l'orizzonte montuoso e quello collinare, fra un fiume regale e la libera verde campagna. Ragione anche se alla natura s'aggiunga l'opera umana, palazzi torinesi o castelli valdostani, gli avanzi medioevali dei borghi e l'aulico barocco della capitale. Ma torto quando s'alzano in punta di piedi a proclamare che l'interesse artistico della regione — quell'interesse che costituisce tuttora il fascino di molte visite straniere — non temerebbe confronti se lo si volesse e sapesse accendere in 1 modo degno di quanto, troppo ignorato e trascurato, lo potrebbe suscitare. A questo punto si perde la nozione esatta della realtà, e si comincia a commettere errori. Proprio quanti amano e pregiano, (anche per ragioni di nascita) il patrimonio dell'arte piemontese, e lo desiderebbero meglio curato e tutelato, e portato a più vasta conoscenza, hanno il dovere di evitare le ingenuità talvolta pericolose degli innamorati e degli entusiasti. Non è colpa del Piemonte se la sua storia artistica — che pure ha angoli deliziosi e figure attraentissime — è limitata e modesta; se nessun Pier della Francesca o Bramante o Donatello ha aperto gli occhi sotto questo cielo, se i secoli d'oro qui son stati muti o quasi, se Medici e Gonzaga, Sforza ed Este, Scala e Montefeltro, posero radici lontano da (meste Alpi. L'affetto per il campanile, così giusta e augurabile, non deve far velo alla verità; e le nostre abbazie di S. Antonio di Ranverso e di Vezzolano e di Staffarda, la nostra Sacra di S. Michele, i nostri santuari da Varallo ad Orta, ì nostri affreschi da Vercelli a Ivrea, da Fénia ed Issogne alla Manta saluzzese, non possono esser portati sul piano di innumerevoli monumenti toscani od umbri, veneti o lombardi, marchigiani o laziali, campani o lucani o pugliesi o siciliani: benché, soprattutto per lo studioso, 1 loro pregi appaiano del più alto interesse. Questo va detto proprio oggi che il turismo straniero finalmente sembra far caso anche del Piemonte: e perché l'azione diretta a coltivarlo e svilupparlo conviene sì adegui a condizioni concrete, e non ad illusioni e velleità inattuabili. S'è udito infatti recentemente parlare dì iniziative varie per « incrementare » le correnti dei forestieri in Piemonte; e con esse s'è ventilata una proposta che in verità sarebbe bellissima se la sostanza con la quale attuarla corrispondesse alla possibilità dell'esito. L'organizzazione, cioè, di qualcuno di quegli spettacoli di Son et Lumière che in Francia; da Versailles a Chambord ad Amboise e ad altri castelli famosi della Loira, ebbero straordinario successo, attrassero migliaia di spettatori, contribuirono in modo eccezionale al movimento turistico francese. E sono in verità spettacoli di rara efficacia e suggestione, orchestrati con luci e suoni e voci di mirabile effetto, studiati sfruttando ogni accorgimento tecnico, e mobilitando storici, letterati, attori di prim'ordine. Ne vedemmo un paio, e francamente passammo due serate Indimenticabili. Al testo per la storia di Chambord aveva provvisto, se ben ricordiamo, André Maurois, a quello per Versailles Sacha Guitry; e parlavano con le loro ampie cadenze attori e attrici della Comédie Frangaise. Si vorrebbe fare qualcosa di simile per i castelli piemontesi? Ci si consenta un dubbio. Chambord, . dopo la leggenda, significa la corte di Francesco I;Amboise l'ultima sosta terrena di Leonardo; Versailles addirittura la Francia intera, la sua maggior gloria dal Re Sole a Na- leone Quando i lumi della camera ove morì Luigi XIV si spensero al trapasso del vecchio sovrano, e il grido Le Roi est mort, vive le Roi! echeggiò per tutta la reggia immensa, un brivido passò sulla folla repubblicana, figlia dell'Ottantanove, raccolta al buio intorno alle grandi fontane. Qual grido far risonare in un castello della Val d'Aosta, in un'abbazia dell'Astigiano od alla Sacra di S. Michele? Il motto del Challant? E lo squillo del corno di caccia di Carlo Magno non è riservato soltanto al « contrasto » erudito dei Tre Vìvi e dei Tre Morti? E se Guglielmo da Volpiano da quel monte forse mosse per dar la sua opera a Digione e fino al Monte-Saint-Micnei, non e questa faccenda per dotti più che per gente in vacanza? Attenzione, dunque; perché sarebbe penoso che una nobile fatica (e ancora occorrerebbe che fosse veramente nobile, e attuata con mezzi imponenti, e coadiuvata da sottile intelligenza) sfociasse su una platea di duecento e trecento persone. Anche il turismo è una questione di lenti sforzi e di ragionevole pazienza. Di volta in volta, di fronte ai fatti conviene mostrarsi arditi od umili, secondo i casi. E, per ora, il caso del turismo straniero in Piemonte è ancora allo stadio d'una saggia preparazione. Prima di offrire costosi spettacoli di incerto esito al forestiero, dobbiamo dirgli che cosa c'è da vedere in Piemonte, a Torino, nei piccoli centri. E dirglielo con buone pubblicazioni, snelle ed esatte, di poco prezzo, copiosamente illustrate con fotografie e non con ambiziosi inutili disegni, appunto come sanno fare i francesi per ogni loro monumento e luogo di qualche importanza. Ed al turista dare indicazioni stradali precise, buona viabilità, decente e onesta ospitalità. Il resto verrà in seguito, e allora con successo. Marziano Bernardi

Persone citate: Alfieri, André Maurois, Bramante, Francesco I, Gonzaga, Luigi Xiv, Orta, Re Sole, Scala, Sforza