Pace o guerra in gioco a Suez di Carlo Casalegno

Pace o guerra in gioco a Suez Pace o guerra in gioco a Suez Oggi < o domani conosceremo (lo ha promesso Eden ai Comuni) le misure che anglo-franco-americani intendono adottare contro la iniziativa egiziana di nazionalizzare il Canale di Suez. Nelle ultime quarantotto ore la situazione non è precipitata, ma si è mantenuta estremamente seria. Perché? Per orientarsi in questo groviglio, occorre anzitutto distinguere i problemi del Canale di Suez e della Compagnia del Canale. Il primo è regolato dall'accordo fra Londra ed il Cairo del 1954: il Canale-è riconosciuto parte integrante del territorio egiziano; gli inglesi hanno sgomberato le basi che occupavano, ma possono mantenerle in piena efficienza con un forte gruppo di impiegati civili; in determinati casi di operazioni militari, essi avrebbero il diritto di rioccuparle per tutta la durata del conflitto. Il gesto di Nasser non viola la lettera dell'accordo, ma costituisce un'azione di evidente minaccia contro l'Inghilterra, specie per le misure militari che l'hanno accompagnata: fra l'altro, invio di uni tà navali proprio nelle for tezze già britanniche di Port Said e Abadiyah. La Compagnia del Canale era una società privata, con capitale in prevalenza franco-inglese ed un Consiglio di amministrazione in ternazionale. La convenzione di Costantinopoli del 1888, accettata dall'Egitto come parte integrante dell'accordo con Londra del 1954, garantisce piena li' berta di navigazione per pi' roscafi da commercio e da guerra sótto qualsiasi bandiera. La gestione del Canale da parte della Compa gnia era assicurata da una concessione firmata dal Cairo, valida fino al 1968 : Nas ser l'ha .violata unilateral mente, senza alcuna giusti ficazione. Nazionalizzando la Compagnia ed incamerandone i beni, il dittatore si è.impa dronito di capitali stranieri per decine di miliardi, senza offrire nessuna garanzia che gli azionisti verranno indennizzati; anzi, tenendo si aperta la strada per un esproprio senza compenso, E' stato un gesto scorretto, certamente, ma che non spiegherebbe da solo la gravità della crisi di Suez. La prima incognita preoccupante è data dalla possi' bilità che Nasser blocchi od in qualche modo ostaco li, l'utilizzazione di quella grande via d'acqua interna zionale. Egli ha promesso di mantenere libero il traf fico; ma quale fiducia si può avere nelle sue promesse? Anche senza procedere ad un rischiosissimo blocco, egli potrebbe vietare il tran, sito a navi di determinati Paesi (oggi ne sono già esclusi i piroscafi israelia ni), o semplicemente alzare i pedaggi. In entrambi i ca si, sarebbero danneggiati od impediti rifornimenti vitali per l'Europa, specie di carburante, e l'economia inglese non può resistere senza i petroli del Medio Oriente... Inghilterra e Francia hanno reagito subito bloC' cando i crediti egiziani. Po tranno adottare anche altre misure « punitive » : em bargo sulle forniture di armi (Londra l'ha già attuato) ; boicottaggio delle esportazioni di cotone, uni ca risorsa della povertà egi ziana; sbarramenti alle sor genti del Nilo, che nasce in Paesi non del tutto amici di Nasser; la costruzione di un altro Canale in territorio israeliano, attraverso il deserto. Ma sono provvedi' menti costosi, rischiosi e di lenta efficacia, ai quali il dittatore potrebbe reagire bloccando nel suo Paese cittadini occidentali ed i lo ro ingentissimi beni. Senza contare che qualsiasi misura anti-egiziana rischia di scatenare una pe ricolosa reazione a catena nel mondo arabo. Nasser gioca la carta del naziona lismo islamico spingendolo fino all'isterismo: già ha invitato i ribelli algerini a « dare una lezione » al gO' verno francese; domani po' trebbe convincere i Paesi amici a nazionalizzare i pe> troli, a toglierli all'Occi dente. Il « piccolo Farao ne » esagera certamente la sua forza, nei discorsi dai balconi e dalle jeeps; ma appoggiato da una larga popolarità interna e dalla solidarietà di tutti i nazio nap«dsOezpsnmasdplnctlacèltFcrrl n a a nalisti arabi, dall'Atlantico al Mar Rosso. Eppure l'Occidente non può restare passivo, senza « perdere la faccia », e quindi veder crollare tutte )° sue posizioni nel Medio Oriente ed in tutti i Paesi ex-coloniali. Nasser ha nazionalizzato il Canale soprattutto per lanciare una sfida all'Occidente, per «punirlo» dei mancati finanziamenti alla diga di Assuan; adesso gli alleati sono costretti a raccogliere la sfida, ed a rispondere uniti, ponendo fine all'errore delle recenti, dannose divisioni. Perciò non sorprende che le consultazioni tripartite di Londra durino a lungo: anche se la stampa americana è durissima nel condannare il «ricatto» del'«aspirante dittatore», non è facile conciliare la caute la del Dipartimento di Sta' to con la propensione del Foreign Office per energiche contromisure. Forse i « Tre » propor ranno all'Egitto di accettare il fatto compiuto della nazionalizzazione, pur' che una nuova Compagnia internazionale assuma la gestione .del Canale. Forse Eden lo ha lasciato capire, affermando che il suo governo non accetterà mai il controllo della preziosa arteria mondiale da parte di una sola potenza. Soltanto dalla risposta del Cairo sapremo se la crisi verrà superata, o se precipiterà verso più gravi compii cazioni mondiali; e certo quella risposta molto di penderà dai consigli segreti di Mosca a Nasser. Per ora la politica se-vietica nel Medio Oriente resta un enigma. L'U.R.S.S. era stata estromessa dal Levante: vi è rientrata con una serie di fortunate iniziative. Prima, con la fornitura di armi all'Egitto, ha spezzato un delicato equilibrio di forze; poi ha costretto gli occidentali ad ammettere il suo diretto interesse nella crisi palestinese. Ha giocato la carta del nazionalismo arabo, ma senza legarsi le mani e senza spendere nemmeno un milione di rubli. Adesso può spingere il « piccolo Faraone » contro il mondo occidentale, oppure convincerlo a cedere. Non ci stupiremmo se lo invitasse al compromesso, e se nella crisi di Suez i sovietici vedessero soprattutto il mezzo per ottenere un posto nel Consiglio d'amministrazione della nuova Compagnia del Canale. Carlo Casalegno

Persone citate: Nasser