La sapienza

La sapienza «6 LASCIA O RADDOPPIA,, La sapienza Una corsa, un moto del piede, e il pallone, come per incanto, vola nell'aria, leggero e violento, si alza, ricade, rimbalza, pron- sicalnccccto a esser ripreso e buttato più | qavanti, verso la porta lontana, senza soste, come uno spirito irrequieto e pur docile alla guida e al comando. Il mio avversario diretto, (il mio vicino di banco a scuola, che poi divenne por-1 tiere della squadra nazionale) è molto più alto e robusto di me: ma che importa? Le giacche e i cappelli, per terra, segnano le porte: ci si getta l'uno contro l'altro, senza badare, ostinati e felici come giovani animali coraggiosi. E il ricordo è quello del grande sole dell'infanzia, e del verde, e dell'odore dell'erba pesta, così forte e delizioso nei lunghi tramonti sulla antica Piazza d'Armi, campo sconfinato di quelle corse leggere. Erano i tempi remoti delle bianche casacche di Vercelli, della grigia Alessandria, del nero Casale; e il gioco, mi pare, non era allora che un gioco: pieno bensì di amore, di passione e di orgoglio; ma .=enza l'anonima partecipazione collettiva, che cominciò più tardi, dopo il periodo delle guerre e prese, forse per certi suoi aspetti quasi di delirio e di alienazione ( « pur come sonno o febbre lo assalisse »), lo strano nome di « tifo ». Ciò che distingue il «tifo» dalla antica passione o entusiasmo sportivo, è il fatto che in esso scompaiono o diventano secondari gli elementi del gioco, della ammirazione estetica, del giudizio tecnico, e anche quelli dell'orgoglio locale, cittadino o nazionale, e perfino, in una certa misura, i sentimenti di gruppo, di attaccamento ai simbolici colori delle maglie e delle bandiere. Pensieri e sentimenti lasciano il passo a un processo molto più profondo e elementare, che è appunto un fatto di alienazione di sé e di identificazione inconsapevole e totale con quegli idoli viventi, quelle immagini trasposte e incarnate che sono gli atleti che si battono sul campo. Qualcosa di simile avviene in mille altre attività che non sono 10 sport. Passa un reggimento, con la sua fanfara, il passo ritmato risuona sul selciato, ed ecco, ci muoviamo a quel passò: e non importa che quei soldati siano « i nostri » : ci muoviamo lo stesso (mi ricordava ieri, alla piscina, un celebre medico mio amico, che glielo avevo detto, ragazzo, molti anni fa) se passano i bersaglieri a Torino o, che so io, la « Garde républicaine » a Parigi. A teatro, il pubblico si identifica coi; i personaggi come tali: quando, non toccato dal modo dell'espressione, dai valori poetici e drammatici dell'opera, partecipa delle passioni rappresentate, e parteggia, si commuove, piange e ride, e vorrebbe che il cattivo fosse punito, e arriva a gridare "all'eroe per avvertirlo in tempo dell'insidia che gli si prepara. E più avviene al cinematografo; fino al modificarsi permanente dei gesti e dei visi sul modello degli attori amati. Ma forse ancora più violento, e diffuso, è il «tifo» sportivo, in un mondo che adora la forza, e 11 mito della giovinezza, bene supremo. Seduti sui banchi degli stadi, in maniche di camicia, sotto T copricapi di carta colorata, non ci sono più spettatori, ma dei partecipanti, dei veri atleti, identici a quelli che lottano in mezzo al prato. Migliaia di uomini e di donne inscguono la palla, la passano, balzano in alto, cadono a terra, danno prova di meravigliosa scioltezza e abilità e potenza, si liberano degli avversari, avanzano, volano, tutte le energie in , concentranoquel colpo-su^fpremo: goall. dove l'orgasmo finisce, per tosto ricominciare. E l'identificazione è totale: non tocca soltanto il piano emotivo e quello psicologico, ma quello fisico: tutti sono agili, scattanti, giovani, elastici, invincibili, potenti. Tutto ciò si può non soltanto constatare con gli occhi o dedurre con la mente, ma quasi misurare con gli strumenti scientifici. Ognuno, in quell'impresa, porta una sua reazione neurovegetativa, che, a seconda delle costituzioni, sarà vagotonica o simpaticotonica; le pupille si allargano, o si restringono miotiche, la saliva, il sudore scorrono abbondanti o cessano, come sé quegli atleti immobili facessero lo stesso lavoro di quelli che corrono; la fatica è cemune. si consumano, quasi mila stessa misura, calorie; e, per la componente motoria del pensiero, le braccia e le gambe sussultano in abbozzi di gesti identici a quelli gloriosi dei giocatori, e la pressione del sangue aumenta, e lo sforzo è tale, a luno, già avanti con gli anni, non resiste alla identificazione, e cade stroncato per terra. c Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio; che se quello In serpente e quella in fonte converte poetando, lo non l'Invidio ». quel fuoco di giovinezza, che ta Questi si convertono nei brillanti fiori giovanili della forza: nei campioni più amati e leggendari. In questa metamorfosi lo spettatore diventa il protagonista: sente quello che egli sente o suppone che senta, si muove come egli si muove; agisce come lui: è lui; invasato di questa presenza, felice di essere un altro, di avere dell'altro i muscoli, lo slancio, l'energia, il cuore, la possente gioventù. Ma forse, pensavo una di queste sere, guardando una folla eccitata raccolta sulla strada, da vanti allo schermo della televisione di un caffè, forse l'idea della forza e della giovinezza come massimi beni sta lasciando il campo a un altro ideale, ancora maggiore, ancor più beatificante? Era giovedì, la sera di «Lascia o raddoppia ». I visi erano intenti, le bocche serrate, le fronti corrugate nello sforzo del pensiero; e poi si spianavano felici alle risposte, e le labbra si aprivano in sarrisi consapevoli. Quella gente « sapeva tutto » : rispondeva con i candidati del palcoscenico a quelle domande strane su argomenti ignoti: partecipava, si identificava con essi, acquistando così un bene maggiore della forza e della bellezza: la divina, gratuita, totale, assoluta onniscienza. Dappertutto, in quella sera ormai sacra a Minerva, gli italiani interrompono gli affari, i divertimenti, le passioni, il lavoro, e perfino l'elaborazione delle leggi, e si radunano per crescere sopra sé stessi, per acquistare il dono della conoscenza. Molti altri fattori, naturalmente, rendono popolare questo spettacolo: il senso della competizione, della lotta contro un potente, per definizione, malvagio, la R.A.I., lo Stato, guerra che trova tutti naturalmente solidali; l'aspetto familiare e patetico dei concorrenti, così veri e vicini, e la solidarietà umana con loro (solo in taluni, pochissimi, il gusto di vederli soffrire); l'incertezza, il gioco; e in tutti, l'immagine sacra dell'oro, della fortuna, magico e sfuggente compenso della conoscenza. Tutti questi elementi contano e cooperano: ma la ragione fondamentale del nuovo « tifo » che ha invaso il paese, è tzrdnqspfvlrnlsdsccvclaillllllllllll lllllllllIMIIItlMIIMIIIIIIIIIIlllMII tuttavia il processo di identificazione col misterioso mondo della ragione c coi suoi campioni, pala dini e rappresentanti. Mille e mille nuovi Edipi, ogni settimana, in quell'ora di notte, affrontano la sfinge, liberano il mondo e la prò pria anima dai mostri della con fusione: si sentono testimoni del valore pratico e del valore assoluto del sapere. Nessun'altra esperienza potrebbe essere più viva né più trionfale. Che importa se le domande sono futili o assurde, se si parla di insetti o di sport di poesia o di lumache? Su tutti spazia il pensiero; in tutti entra come uno Spirito Santo, nelle case, nei caffè, nelle strade, davanti agli schermi luminosi. E che cosa conta ormai la forza, la gioventù, la bellezza, quando, identici a quelli della cabina e del palcoscenico, abbiamo la conoscenza? I nostri occhi sono quelli dell'aquila: sul mondo agitato e molteplice delle cose possiamo volgere ormai lo sguardo azzurro, imperturbabile e severo della sapienza. Carlo Levi I [ 11111 ! [ ! i 11M M ! I ! [ I r I 11 F M ! 1111M M1111 ! IM1M ! 111

Persone citate: Carlo Levi I, Minerva

Luoghi citati: Alessandria, Parigi, Torino, Vercelli