L'amore nella vita di Cavour

L'amore nella vita di Cavour -= FANTASMI E PASSIONI DEL CASTELLO DI SANTENA L'amore nella vita di Cavour Il grande uomo fu amatore rapace, talvolta cinico, ma nel turbine della passione pronto anche a sentimenti profondi La marchesa civettona e la dolce creatura che morì per lui • A tutt'e due il medesimo ritrattino in miniatura - Gli anni torbidi: Bianca Ronzoni - Ventiquattro lettere del Conte all'avventuriera bruciate all'ambasciata italiana di Vienna Nel 1816 il piccolo Cavour scrive alla sua amichetta Sonchcnote su un foglio rigato di quaderno in corretto francese: « Perché mi hai abbandonato? Che delitto hai commesso. Io ti amo sempre e ti chiamo mia Sonchcnote; ma adesso ho fatto conoscenza coti una graziosa e commovente giovane signora che io chiamo cocote, ma il suo nome è Juliette Baroline... ». Camillo ha sei anni, la marchesa Giulietta di Barolo trentuno e rispondendo al bimbo si nomina ta cocote; è uno di quei vaghi innanwramenti infantili la cui innocente dedizione si confonde con una specie ■ d'attesa di futuri palpiti, ma che già annunziano con le loro incerte sensazio¬ ni la passionalità di un temperamento. Questa letterina è un sintomo. Una vita breve — di pochi mesi più breve di quella di Napoleone — bruciata dal lavoro, dall'ambizione, dalle responsabilità enormi, dal genio; e tuttavia fino all'ultimo, proprio fino all'ultima ora, lampeggiante di tempeste sentimentali, turgida di ardori sensuali, combattuta fra la coscienza che ammonisce e il desiderio che soffoca i rimorsi; fra le rapide dimenticanze, il cinico egoismo, i rimpianti di una felicità forse vanamente sacrificata. Le grandi tappe sono segnate dalla storia: II, Risorgimento, il primo Ministero nel '50 (ha già quarant'anni, non gliene avanzano che undici, e questo è il miracolo), la iirima presidenza del Consiglio nel '52, Crimea, Congresso di Parigi (se ne celebra ora il centenario con la mostra della « Giovinezza di Cavour » allestita nel Castello di Santena in coincidenza con l'inaugurazione della sede della « Fondazione », della quale già qui s'è parlato), Plompièrcs, il Cinquantanove, il Scssantuno, la proclamazione del Regno d'Italia. E' la straordinaria « scena » d'uno spettacolo da definire sublime. Ma dentro l'attore vive pur anche un uomo: non ha egli diritto a una sua esistenza psichica privata? E quest'esistenza è turbinosa come l'altra, pubblica e politica. Una donna s'uccide per lui dopo esscrglisi abbandonata. Un'eletta anima femminile, da lui lungamente amata, non gli ricambia, con sua pena, che un amore ideale. Un sospetto atroce, benché stolto, di veneficio graverà sull'ultima amante. Egli stesso, ancor giovane, confessa con amarezza: «J'ai dissipé trop vite les trésors du coeur ». Dobbiamo alla gentilezza della segretaria scientifica della « Fondazione Camillo Cavour », la dottoressa Maria Avetta che prepara per il prossimo settembre, su documenti da lei rintracciati nell' archivio familiare cavouriano un libro di Lettere d'amore di 'Cavour, la possibilità di dar qui ' qualche stralcio d'un materiale in gran parte inedito, che avrebbe potuto aggiungere un piccante pimento al più bel capitolo scritto da Filippo Burzio, < Cavour e il '59 », là dove parla di puzzo « di zolfo e di magìa nera » intorno al frenetico Conte di quei giorni; e illuminare anche più vastamente le pagine di Francesco Rufflni; e far brillare gli occhi di gioia € libertina» al nostro indimenticabile Arrigo Cajumi. Perché nessuna azione « esternai, somma o minima che sia, è spiegabile a fondo senza la conoscenza intima del carattere, dell'indole umana di chi la conduce. Anzitutto una premessa. Una educazione rigida, di grande tradizione aristocratica anche se temperata dalla cordialità e dagli affetti familiari, modella un temperamento di fuoco; quei nomi sonori, De Sellon, De la Rive, Clermont-Tonnerre, Auzers, suscitano immagini araldiche da aggiungere alle tre conchiglie dello stemma cavouriano e al motto germanico Gott will Recht dèi Benso. Il rispetto per l'autorità paterna è nel « giacobino » Camillo assolu- ta; e non sorprende che trovandosi egli a Parigi nella primavera 18-i3, e avendolo colà raggiunto Augusto De la Rive per recarsi in Inghilterra, chieda con trepidazione al padre il permesso — all'età di 33 anni! — di accompagnare il cugino: «Il m'a promis de me faire con- l*ll»llllllllltlIllIlltlllIIltllllllllllllIIIIillllillllllll naitre toutes. le sommités scientifiques de la Grande Bretagne. Ce serait pour moi une occasion unique... ». Un desiderio ardente; ma subito aggiunge: « Se questo progetto minimamente vi disturba, vi rinunzierò senza troppo rammarico. Il piacere di riabbracciarvi un mese prima mi compenserà pienamente della soddisfazione che il viaggio in Inghilterra avrebbe potuto procurarmi ». E postilla: < Quanto alle spese del viaggio è il Whist che sejie sobbarca». Lo stesso rispetto, in fondo, ch'egli ha sempre avuto per la propria dignità di uomo, anche quando la passione l'ha travolta. Si veda il suo < Diario » alla data 29 luglio 1834: « Je suis- un indigne, un infame, je ne trouve pas de termes assez forts pour stygmatiser mon horrible conduite. J'ai abusé, j'ai atrocement abusé du pouvoir que me donne mon» esprit; en un mot, j'ai séduit M.me de Guasco ». Abusato? La bella Clementina Guasco di Castelletto, nata Rovere di Montabone, dai grandi occhi languidi nell'ovale delicato del volto, non era forse donna così severa coi suoi ammiratori da giustificare in un giovanotto di ventiquattro anni tanta indignazione per la propria < infamia ». Il Rufflni addirittura accenna alla famosa < Marchesa di Torino» come a € una consumata e sensuale civettona della aristocrazia torinese ». Piuttosto, un rimorso invino ricacciato nel fondo dell'animo doveva pungere la coscienza del poco fedele Camillo. Il ribrezzo per la sua horrible conduite è presumibile si riferisca più che all'avventura con la Guasco, al riaccostamento, proprio in quei giorni, fra Torino e Vinadio, alla donna che più di ogni altra l'amò: fino ad averne la vita spezzata, prima dal dramma coniugale, poi dal suicidio; a quella che il Berti non volle indicare se non come < L'Incognita» b che lo stesso Rufflni, «per semplici ragioni di poesia e di sentimento », così continuò a nominare; insomma, ad Amia Giustiniani Schiaffino, della quale Cavour ventenne s'era perdutamente innamorato a Genova. In quel triste 183b, « torbida annata, non immune di errori, quasi tragica », in cui egli giunge a desiderare la morte, le due donne gli stanno davanti in una ibrida commistione sentimentale vhe lo umilia, appunto, nel suo senso dell'onore, e che lo spinge (ah! Camillo!) a donare alle due donne il medesimo suo ritrattino in miniatura. La lotta è aspra, dolorosa, lampi che squarciano la tenebra, notte che spegne il sollievo della luce. Si esalta nell'illusione che l'amore antico sia rinato, vaga sotto la luna estiva lungo le rive lllllllllllllllllll«lll>llll*illliillilil'»li>l«l"«lll*i,H'« del Po verso Santena, vorrebbe aprirsi col padre, dedicare all'amata tutte le sue cure per l'intera esistenza; e intanto casca nelle braccia della « civettona >, appena uscito da quelle della dolce Anna, la sua < Nina » di ieri c di oggi. La Nina poetessa di sensibilità rara (anche il Tommaseo l'ammirava) della quale, quel SI luglio a Demonte, sul rovescio d'una sua lettera ha trascritto i versi: < Lorsque sur tes genoux me tenant embrassée Ta bouche sur la mienne doucement pressée...». La Nina che un anno più tardi gli dirà la sua definitiva rinunzia: « Mon coeur ne changera j a mais, jamais. Oh ciel! puisse-tu trouver le bonheur! Adieu, je ne te fatiguerai pas de protestations inutiles»; e che prima di ricevere volontariamente, nel '-il, < la grande initiation aux secrets de la tombe », gli scriverà fieramente d'esser certa di vincere tutte le sue rivali nel mondo dove i sensi non hanno significato. La Nina che Cavour ormai prossimo al trionfo politico chiamerà nostalgicamente « cara e sacra ricordanza ». Amatore sensuale, rapace, talvolta cinico, ma nel turbine passionale capace anche di sentimenti profondi, di rassegnate malinconie. C'è una confessione significativa in una sua lettera del 16 maggio 1839 a Melante de Waldor. Accennando al desiderio dei genitori di vederlo sposato, dice d'averlo deluso: «C'è ancora al fondo del mio cuore un'immagine ch'è un ostacolo insormontabile a ogni nuovo sentimento che se ne volesse impadronire». Chi l'ha suscitato? La Guasco era morta. « L'Incognita» tramontata. Ma c'è una terza donna che firmandosi soltanto con la iniziale del nome di battesimo gli scriverà con pacata mestizia il 21 aprile 18)5, riandando col ricordo al tempo passato: «La mia. vita scorre calma e tranquilla, abbellita dall'affetto e dal buon esito dei miei figli. Vedete che avrei torto di lagnarmi del mio destino, e voi potete felicitarvi d'avermi aiutato a compierlo. Se voi pensate qualche volta a r"e, fate, ve ne supplico, che sia senza amarezza e rammarichi; voi non avete nulla da rimproverarvi, il vostro comportamento verso di me fu nobile e generoso; voi siete buono, Camillo: ed ogni giorno, nelle mie preghiere chiedo al Cielo di benedirvi, di farvi felice. E adesso, addio ». La donna che amante e riamata dal Conte, accompagnò pura la sua vita, mai venendo meno ai doveri coniugali e materni: Emilia Nomis di Pollone, nata Gaszclli di Rossana, della quale il Gonin ci ha tramandato la romantica immagine. E tutte queste donne innamorate, o rispettate o tradite o abbandonate, in gara ad augurare felicità al signore dei loro pensieri. Qual potere di seduzione in quell'uomo non bollo che così poco tempo aveva da dedicare all'amore. Ultima l'avventuriera, Bianca Ronzani. Capitolo fosoo che chiude il libro. Eppure nelle ore supreme del gioco, del rischio politico, il gran Conte presso di lei trovò conforto: «Il ricordo dei momenti felici che ho passato fra le tue braccia non svanirà mai dal mio spirito; esso ti dà su di me dei diritti che non invocherai mai invano ». Non insultiamo dunque troppo la memoria d'una creatura frivola, avida,'interessata, e che tuttavia fu quella che nella tremenda giornata del 19 aprirle 1859, allorché sembrava crollata la speranza della dichiarazione di guerra dell'Austria al Piemonte — il lungo lavoro dello statista — ed il Castelli strappava la pistola di mano al « Tessitore», ricevette il virile messaggio: «Pesa sui mio capo una immensa responsabilità; e mi trovo in una di quelle critiche condizioni da cui dipende la sorte di un uomo e forse del paese. Ma non sono sfiduciato; mi verranno meno le forze, non il coraggio, massime se tu mi conservi l'amore e l'affetto di cui mi fosti larga. Questa sera sarò da te ». E' doloroso che colei alla quale eran state rivolte parole simili le abbia più tardi trasformate in denaro; e che altre ventiquattro lettere di Cavour a Bianca Ronzani sian state cedute dall'alitiquario-collezlonista ungherese Posony all'Ambasciata italiana di Vienna, e bruciate nel luglio 189ì alla presenza di Costantino Nigra, come testimoniava il duca d'Avarna in una lettera che si legge a Santena. Che c'era in quei fogli ridotti in cenere? Quali confidenze fatte a una donna venale? Zone oscure d'ogni anima. Ma basta talvolta una luce d'amore a riscattarle. Camillo a Bianca: « Tu avrai sempre in me un amico, più che un amico devoto fino alla morte ». Marziano Bernardi Anna Giustiniani Schiaffino vittima dei suo gàu.ide amore Il ritrattino che Cavour donò alla Giustiniani e alla Guasco lllMIIIIIIlIIIIIIIlItllMtlllMtllllIllllMlllllltllMIIIMIIIlllt lllllllllllIllllIllliMCIIIIIIIIIIIIIlllIIItlia Emiiia N'umis