Un degno stipendio per i nostri giudici

Un degno stipendio per i nostri giudici Un degno stipendio per i nostri giudici Nel seguente articolo 11 professor Ernesto Battagllnl, già Avvocato generale della Cassazione e ora membro della Corte costituzionale, Illustra con autorità pari alla competenza le ragioni che hanno consigliato, • che giustificano, lo « sganciamento » del magistrati dall'ordinamento gerarchico generale del funzionari statali e la differenziazione di trattamento economico stabilita, in loro favore, dalia legge Piccioni del 1951. Ricordiamo al lettore che l'Associazione nazionale dei magistrati ha ritenuto che la esigenza che aveva Ispirato tale legge non sia sodisfatta dal recente progetto ministeriale sull' adeguamento delle retribuzioni dei magistrati; e che essa ha indetto tra questi ultimi un referendum sull'azione da svolgere In merito a tale questione. I contrasti e i dibattiti in questi giorni suscitati in merito al trattamento economico della Magistratura, l'atteggiamento assunto dai magistrati in qualche convegno e in qualche sede giudiziaria, il referendum indetto sulla condotta da tenere per vincere resistenze ed incomprensioni, hanno richiamato l'attenzione della pubblica opinione su un problema che trascende l'ambito dell'attuale contrasto e investe l'essenza e gli scopi della funzione giudiziaria, perché soltanto sotto questo aspetto più ampio, più elevato e più profondo, che non è stato sempre tenuto presente, il problema può essere adeguatamente considerato e risolto. E' appena necessario ac cennare che, nel perenne e complesso fluire e intrec ciarsi dei rapporti umani e sociali, compito del giudice è quello di dirimere i con flitti di interessi che sorgo no con progressiva intensi tà fra Stato e cittadini, fra enti pubblici o privati e cittadini, ovvero fra privati, assicurando la pace so ciale e la certezza e la for za del diritto, o con l'accer tamento della ricostruzione storica di taluni fatti, o col rendere concreta nei casi singoli la volontà della leg ge. Questo, che è il nucleo essenziale della funzione giurisdizionale e che ha im portanza suprema in una ordinata convivenza civile, ed è anzi un presupposto della convivenza stessa, esige alcune condizioni ed al cuni requisiti indefettibili che si possono riassumere nella imparzialità e capaci tà del giudice. E' inutile qui ricordare l'insieme di non comuni do ti intellettuali e morali che si richiedono perché un uo mo possa affrontare l'esercizio della tremenda funzio ne di giudicare. Basta accennare che la giurisdizione (Intèsa, secondo l'insegna mento di un grande processualista, come sostituzione dell'attività di organi pub blici all'attività di privati o di altri organi pubblici, ai fini dell'attuazione concreta della legge) ha come ca ratteristica precipua la posizione del giudice super partes ed extra partes, vale a dire l'imparzialità del giudice. Quello che è stato chiamato il mistero o la ma già del processo in virtù del quale si compie la sin tesi dell'astratto e del con creto, della legge e del fatto, della lettera e dello spi rito, della certezza e della giustizia, il mistero per cui attraverso i filtri del prò cesso si realizza il miracolo della cosa giudicata che prò ventate habetur, ha co me presupposto, come con dizione e come fondamento la imparzialità del giudice, vale a dire. la sua altruità, la sua serenità e obiettività, la sua estraneità al con flitto degli interessi che egli è chiamato a dirimere, la sua assoluta indipendenza Certo, l'imparzialità del giudice deve attuarsi anzi tutto nella sua coscienza, nella sua segreta personali tà, per cui nel momento cruciale della deliberazione e della decisione egli deve avere la forza di sollevarsi al di sopra delle parti, di evadere, come è stato ben detto, dalla sua parzialità, di s'oublier (per usare la efficace espressione del Roullet) di trascendere e superare ogni prevenzione, ogni preconcetto, di rendersi tetragono a tutte le suggestioni, a tutte le insidie, a tutte le lusinghe, a tutte le pressioni, a tutte le intrusioni, a tutte le ingerenze, dirette o indirette, ispirandosi i^olo alla l x sapientiae et veritatis. Per raggiungere questo s?opo è necessaria una non comune elevatezza e prepa¬ rrcpqdnfltapen0mtsvntnctdrsvfltugudvdscdgf o i e e e e e o i r e o ù a i e o , , i a l , e e i i n , e l e , , e o n ¬ razione spirituale non inferiore alla preparazione tecnica. Ma tutto ciò non basta. La imparzialità, la indipendenza e la superiorità, quali elementi carismatici del giudice, devono essere non soltanto requisiti indefettibili della sua personalità, ma debbono essere sentite, apprezzate ed esaltate anche da coloro che sono protagonisti del processo, ed anche da tutti i cittadini che possono attualmente 0 in avvenire avere, direttamente o indirettamente, interesse alla retta amministrazione della giustizia. Come la legge rimane vox mortua fino a che non diviene imperativo interno dei destinatari della norma, cosi la sentènza, che concorre in modo tanto notevole alla formazione del diritto, non ha questo valore formativo se non è intesa come elemento propulsivo di quella identificazione fra diritto e giustizia che è la suprema aspirazione di tutti i popoli. Naturalmente questo è un ideale che non si raggiunge mai appieno, ma in una misura minima è condizione essenziale della convivenza sociale, ed è presupposto e stimolo del divenire della civiltà. Onde la necessità che la Magistratura sia circondata da un'atmosfera di fiducia e di prestigio che dà ai suoi responsi il suggello esterno della giustizia. I fattori chf joncorrono a formare questa atmosfera di fiducia e di prestigio sono molteplici e non è facile analizzarli tutti, come non è facile analizzare i componenti di ogni fenomeno sociale collettivo. Anzitutto, il prestigio della Magistratura e la fiducia nella sua attività derivano dal valore intrinseco, dalla preparazione spirituale e dal comportamento degli stessi giudici. E' superfluo a questo proposito rilevare la assoluta incompatibilità fra la qualità di giudice e taluni atteggiamenti, taluni metodi d'azione sindacale, quali la così detta e non ben chiara «non collaborazione » o altre forme più o meno larvate di ostruzionismo che offendono, prima dell'ammi lustrazione della giustizia, il decoro e la dignità degli stessi magistrati. E' poi indispensabile un ordinamento giudiziario che garantisca la indipendenza sotto l'aspetto funzionale e istituzionale, per cui il giudice nulla abbia da sperare e nulla da temere da elementi estranei all'ordine cui egli appartiene. Altri elementi sono puramente esteriori o residui della evoluzione storica dell'organizzazione giudiziaria. La necessità di porre il ma' gistrato al disopra di ogni competizione e di ogni pas siohe di parte, fece dapprima affidare l'esercizio della funzione a sacerdoti o a persone investite diretta mente della sovranità: gli ermellini, le toghe, i tocchi, le parrucche sono tuttora 1 residui di questa superiorità puramente esteriore che ha peraltro importanza nella psicologia collettiva così anche la collocazione dei seggi del tribunale in posizione più elevata di quella delle parti che intervengono al processo e del pubblico. Ma l'atmosfera di presti gio e di fiducia da cui la Magistratura deve essere circondata, come essenziale attributo della funzione che esercita, derivano soprattutto da altri elementi che sarebbe grave errore non valutare adeguatamente; fra essi ha importanza precipua il decoro che deve accompagnare la superiorità intrinseca del giudice nell'esercizio di una funzione così ardua, così elevata e così diversa da quella at tribuita ad altre categorie di dipendenti statali. Sotto questo profilo il trattameli to economico della Magi stratura assume un signifi cato e un valore che spesso vengono obliterati e che attengono alla tutela di una imnrescindibile condizione della funzione giudiziaria, nonché alla tutela della se renità in cui il giudice deve attendere all'esercizio della funzione stessa e alla sua continua preparazione sen za essere distolto da preoc cupazioni o suggestioni. E' evidente perciò che nella determinazione e nella valutazione del trattamento economico dei magistrati devono essere adottati cri¬ teqteimpdspindzplasgsczldcgmsLsgdtbddtcmgbtcsgccqbpcritfn teri del tutto diversi da quelli accolti per altre categorie di funzionari. Sono impossibili raffronti o comparazioni di tabelle, di gradi, di turni di avanzamento, se si pensa che un giudice può, poco dopo l'assunzione in servizio, avere la potestà di sottoscrivere una sentenza, è facile rilevare la impossibilità di paragoni fra la remunerazione che a lui spetta e quella di un impiegato burocratico di qualsiasi grado. Questo è l'intimo significato della norma costituzionale che volle svincolata la Magistratura dall'inquadramento organico di altre categorie; e questo è il significato di quello sganciamento che altrimenti si risolverebbe, come obiettava Luigi Einaudi in un suo studio pubblicato in questi giorni, in una stolida gara di preminenza tra l'importanza delle funzioni attribuite alle varie categorie di dipendenti statali. Ben diversa e più profonda è la ragione del così detto sganciamento e della recente non-inclusione dei magistrati nella legge-delega. E' l'impossibilità di stabilire, ai fini del trattamento economico, un raffronto con altre categorie, e nello stesso tempo la necessità di garantire e presidiare le condizioni e gli elementi che concorrono a formare quel bene sociale inestimabile che è la fiducia del popolo nei suoi giudici, nonché la necessità di agevolare, per quanto è possibile, il conseguimento dell'obiettivo che la identificazione fra Diritto e Giustizia noli sia soltanto un ideale astratto, ma forza viva e operante della nostra società. : Ernesto Battaglili! ps«iiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiii II vice-Presidente Saragat e IL consigliere Borruso commentano la situazione nell'aula deserta del Campidoglio (Tel.)

Persone citate: Borruso, Ernesto Battaglili, Ernesto Battagllnl, Luigi Einaudi, Roullet, Saragat