Infiltrarsi di Arrigo Benedetti

InfiltrarsiInfiltrarsi A chi non è successo di vedersi arrivare in ufficio un amico' dimenticato, i] quale, venuto a Roma per affari, confessa d'essere rimasto senza soldi e domanda un prestito? M'è accaduto spesso, ma il caso di Ludovico ha sfumature particolari. Ottenuto il denaro, questo amico della mia infanzia toscana ha voluto giustificarsi, confessarsi. Le condizioni della sua famiglia, mi ha detto subito, non sono più quelle d'un tempo. I poderi della Valdinicvolc sono stati venduti da un pezzo. Ora lui deve adattarsi a sbrigare certi affarucci per conto dei numerosi piccoli industriali della nostra città. La colpa va addebitata alla guerra. « Due mesi di prigione », m'ha detto Ludovico, <c pesano nella vita d'un uomo, anche se dovuti a ragioni altamente ideali ». Come si fa in queste circostanze, ho borbottato poche parole d'incoraggiamento, sebbene non capissi bene la connessione tra i pochi mesi di carcere sofferti da Ludovico e la sua rovina finanziaria. Possibile che siate stati costretti a vendere i vostri bei frutteti di Pcscia? stavo per dire, ma ho taciuto anche perché i chiarimenti che avrei dovuto chiedere erano troppo numerosi. Ludovico in carcere! E per ragioni politiche... Rivedevo intanto il mio compagno di studi medi nell'uniforme del CUF. (A cui si era ammessi appena entrati al liceo). Pantaloni da ufficiale, stivali rigidi o, come si dice, «Chantilly», camicia di seta nera, fazzoletto azzurro coi leoni dalmati al collo ed in testa un berrettino goliardico di velluto... Ma Ludovico mi ha distratto da quelle rievocazioni: «So cosa pensi di me in questo momento», ha detto con voce improvvisamente commossa, « ma anch'io ho combattuto per le mie idee, come hanno fatto tanti nostri compagni di scuola... Aderire alla repubblica di Salò mi parve un dovere, quando seppi che la Monte Rosa avrebbe combattuto sul fronte della Garfagnana. Ero ufficiale d'ordinanza del generale X... Ma come fidarsi dei nostri concittadini? Li conosci meglio di me: non apprezzeranno mai quanto c'è d'ideale nelle azioni del prossimo... Insomma, per farla breve, pochi mesi dopo l'arrivo dell'Ottava armata, mi hanno fatto arrestare... Due mesi di carcere duro! ». A questo punto, mentre Ludovico seguitava a confessarsi e a compiangersi, ebbi come un capogiro, poi mi ripresi e vidi la seguente scena. Toscana 1944. Inizio di settembre. La nostra città poteva considerarsi libera da poche ore. Pattuglie di negri americani, scavalcati i monti pisani, s'erano attestati sul Rogio a pochi chilometri dalle mura cittadine. Proprio così, come disse la radio alleata: attestati sul Rogio, un rigagnolo... Intanto i partigiani avevano occupato l'intiero comune, meno alcune zone a nord del fiume vero, grande, solenne, che taglia la nostra pianura. Io camminavo felice della bella giornata e della libertà. Non avevo niente in tasca. Né denaro, né documenti. A cosa potevano ormai servire? Mi pareva che fosse iniziata una stagione senza bisogni. Mi diressi verso la porta settentrionale, mi fermai ad osservare contento le pattuglie che la sorvegliavano: tutti amici mici, con al braccio la fascia bianca del C.L.N. Vidi in lontananza Gino; leggeva un giornale, la Nazione italiana di Firenze, stampata in piccolo formato, contenente c.crto le notizie di Roma di cui avevo sete.' Cosi accelerai il passo ma una voce mi disse: «Alto là; documenti alla mano! ». Fra Ludovico. Indossava una strana uniforme: una mescolanza di panni da ufficiale dell'esercito italiano e di elementi pastorali. Benché fosse caldo, sotto la giacca aveva una maglia di lana grezza; in testa una specie di colbacco di pelle d'agnello. Gli risposi domandandogli se stava bene, festosamente. Mi disse che in certi momenti l'amicizia va messa da parte e che io dovevo mostrare i documenti. Forse dovevo dirgli subito cosa m'era accaduto in Emilia, parlargli della cattura in montagna, della fuga, ecc. Potevo anche gridargli: «Ma smettila: l'ultima volta che ti vidi avevi la camicia nera di seta...». Invece dissi: « Vado in città a trovare mio zio... ». Forse -avremmo finito col leticare, forse chissà avrei dovuto spiegare a voce alta le ragioni della mancanza di documenti... Ma Gino m'aveva riconosciuto, mi correva incontro per abbracciarmi. Ci appartammo: sottovoce io raccontai i casi che giustificavano la condizione, eccezionale per un italiano in tutti i tempi, in cui mi trovavo. « Le mie carte », dissi « sono rimaste su in Emilia... ». « Ma tu non solo hai diritto ad entrare in città », gridò Gino; « dovresti avere al braccio una fascia come la nostra », cosi dicendo chiamò Ludovico in disparte, parlottò con lui. L'italiano che non prende sul serio i compiti d'ordine pubblico affidatigli deve ancora nascere. vnriamaltemdnNzcdctòmnfpcdecpPNmasstevppql « Devi scusarmi », disse Ludovico dopo il colloquio con Gino, « ma la prudenza è necessaria. Siamo in guerra. Abbiamo avuto una brutta notte. Io e i mici uomini ci siamo spinti fino al fiume, abbiamo fatto a fucilate coi tedeschi... ». Non so cosa risposi, detti la mano a tutti, ascoltai i racconti di tutti e corsi dal fotografo Miniati per un « formato tessera ». Non potevo restare a lungo senza carta d'identità. Sebbene mancasse la corrente elettrica, (i tedeschi avevano, fatto saltare la centrale), il fotografo mi contentò subito. Così ebbi una fantomatica carta d'identità in cui sono raffigurato in una positiva fatta a lume a petrolio. E chi pensò più a Ludovico? La mia città natale usciva da un mese di terrore, il settembre rptmtnmmcnclisllocccnas annuii-; 1 splendido, gli americani | eerano allegri, da Roma cominciavano ad arrivare giornali che parlavano di Ivanoc Bonomi, di Palmiro Togliatti e di Pietro Ncnni... Ludovico fu presto dimenticato. * * L'altra mattina però Ludovico, avuto il denaro che aveva chiesto, restò a lungo silenzioso, poi sorrise, come se avesse dominato chissà quale tempesta interna e disse: «E' tanto che non ci vedevamo ». Tacque di nuovo, parve insoddisfatto delle proprie parole. Forse ne cercava altre e quando suppose d'avere trovato le più adatte prese a dirmi: «Hai | i ragione di mera'-'jliarti, ma cosa potevo fare? Se i nostri concittadini mi pigliavano, armi alla mano, con l'uniforme della Monte Rosa, chissà cosa mi facevano... Così, ho cercato d'infiltrarmi... ». Disse proprio « infiltrarmi ». Che verbo terribile. Significa sottrarsi alla giusta punizione, trovare un posto redditizio, conquistare una posizione sociale. Ludovico s'era infiltrato tra i partigiani, aveva indossato la sua vecchia divisa d'ufficiale dell'esercito regio c aveva tentato la sorte. In un primo momento, o perché mettesse nel nuovo compito l'impegno proprio di chi vuol farsi perdonare, o perché la confusione era generale, nessuno lece indagini sulla sua appartenenza all'esercito di Salò. In seguito però non gli fu ; possibile nascondere la verità ed | ebbe il suo piccolo processo con | due mesi di prigione che poi, come ho saputo, è stato sultani to uno. Ora era davanti a me un po' sciupato; quasi vecchio quando i taceva e pensava ai propri casi; però si riaveva subito: «Mi ha fatto proprio piacere rivederti... Tu sì che sci in gamba, tu sì che hai saputo infiltrarti... Anche a me piacerebbe stare a Roma, ma ora devo salutarti: mi aspetta l'on... ». E disse un nome: «Affari, affari», gridò allontanandosi; « bisogna pure sapersi infiltrare ». Arrigo Benedetti iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Persone citate: Bonomi, Palmiro Togliatti

Luoghi citati: Emilia, Firenze, Roma, Salò, Toscana