Cavour riappare nel suo castello

Cavour riappare nel suo castello —= SI APRE OGGI IL MUSEO DI SANTENA —— Cavour riappare nel suo castello Tutto riaffiora dell'intimità del grande uomo; i documenti sono altrettante immagini dei suoi amori, dei suoi impeti, delle speranze e delle amarezze, di quel suo genio libero, audace, appassionato Ai liberali di tutta Italia og-gi batte il cuore; a chi ha sensi e spiriti per la poesia del Risorgimento, quella che fu chiamata la primavera della patria ritorna con l'immagine di colui che ne trasformò in frutti la meravigliosa fioritura. Ha infatti appunto oggi inizio la vita evidente della c Fondazione Camillo Cavour > con l'inaugurazione della sua sede nel Castello di Santena e con l'apertura della commovente mostra cavouriana, della quale non abbiamo ora che un primo gustosissimo assaggio, ma che sarà completata, a cura della dottoressa Maria Avetta, segretaria scientifica della Fondazione, per il prossimo settembre, quando il Congresso di Storia del Risorgimento si terrà fra niiiiiii; inni 111111 11111111111111111111 l Torino e Santena, a celebrare il centenario del Congresso di Parigi dove per la prima volta, dopo la spedizione di Crimea voluta dal grande Conte, il Piemonte fece udire la sua voce nel concerto europeo, rappresentando le aspirazioni italiane d'indipendenza. Ma sulla nascita della < Fondazione Cavour » si deve al lettore un chiarimento. Nel 1947 il marchese Giovanni Visconti Venosta, ultimo figlio del celebre ministro dep'i Esteri Emilio, legala in testamento alla Città di Torino il Castello e le proprietà di Santena, lasciandone usufruttuaria la moglie, marchesa Margherita, affinché l'antico feu sdicd1nSudbeVnrCamttdo dei marchesi Benso di | sChieri, unificato con quello dil Cavour al tempo del marche-j mimi! iiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiimiiiii 111 iiiimit tb: ri se Filippo (1741-1807), nonno di Camillo, costituisse la sede ideale delle più vive memorie cavouriane. Infatti il nome dei Cavour s'era spento nel 1875; ma la tradizione ne veniva raccolta dagli Alfieri di Sostegno per il matrimonio di una sorella — Giuseppina — di Camillo. Anche questa nobile casata valtellinese finiva, ed eredi ne erano i Visconti Venosta per le nozze del ministro Emilio con Luisa Alfieri di Sostegno. Ecco perché il Castello di Santena pervenne ai Visconti Venosta, ecco il motivo del lascito del loro ultimo rappresentante alla Città di Torino. Doveva tuttavia dal legato | sorgere la < Fondazione »; e l j tutti sanno quanta parte n'eb be il conte Gian Carlo Carne: rana, per il profondo amore i che portava alla storia e agli I interessi culturali del Piemon| te. Non per nulla nel mezzo della mostra campeggia un ritratto di questo compianto | gentiluomo, al quale — per quanto riguarda il forte aiuto dato dalla Fiat alla < Fondazione > — è succeduto l'avvocato Gianni Agnelli. Dal canto suo l'aw. Attilio Pacces, presidente del comitato promotore della < Fondazioine», diede Inizio, attraverso la ! « lite >, alla collana di volumi j di studi cavouriani in cui già , è uscita L'ultima battaglia po litica di Cav0UTt d-Ettore Pas. -»erin d'Entrèves, che sarà to . ._„' _ ,, !st° sef.u'ta dalle. Le"cr3 fa, more dl Cavour (con il carteg ' S>° ancora inedito con la fa mosa Ronzani), a cura della 1 dottoressa Avetta, e con una j prefazione che la marchesa | Margherita Visconti Venosta, ! presidentessa della « Fondazio- ne », ha rinvenuto fra le carte del marito. Commovente anticipo, s'è detto, della mostra che con documenti d'eccezionale interesse, rari, curiosi, messi insieme anche col largo aiuto degli archivi svizzeri e inglesi, già illumina e meglio illuminerà in seguito la giovinezza di Camillo Cavour. Attraverso centinaia di stampe orij Binali, pitture, riproduzioni foItograflche di lettere, disegni, ritratti, vedute paesistiche, caricature, e gli opportuni commenti ricavati dal Diario tenuto dal sommo statista, e dai ricordi, dai giudizi del suoi primi biografi, a cominciare da William De La Rive, si segue passo passo la vita di Cavour; dal ritrattino infantile col fratello Gustavo fino alle caricature politiche del Fischietto di Redenti e Virginio. Speranze, ambizioni, rammarichi e furori, giudizi taglienti e confessioni amare, gli errori di un uomo che fu sempre appassionato, i suoi orgogli e le sue umiltà (la magnifica lettera al padre dopo il tragico scacco alla Borsa di Parigi nel 1840), tutto riaffiora di quanto s'agitò nella mente e nel cuore di quel sommo, nei primi quattro decenni di proficua attesa. Le soste in Svizzera nei palazzi e nelle viile degli zii e dei cugini De Sellon, De La Rive, Clermont-Tonnerre, fra interminabili discussioni con quella gente tutta geniale ed intellettualmente corroborante; i viaggi a Parigi e in Inghilterra nel 1835, nel '43, nel '52, spinto da un'insaziabile sete di apprendere (il suo compagno De La Rive si dichiarava sfinito delle incessanti interrogazioni del giovane su tutto quanto vedeva, sulle persone che accostava, sugli istituti, le industrie, le aziende agricole che visitava) ; gli amori tumultuosi, voraci, talvolta drammatici (una sua letterina scritta a sei anni ce lo mostra innamorato nientemeno della marchesa Giulia di Barolo...), specie con le tre donne che tennero il maggior posto nel suo animo: la Giustiniani Schiaffino, la Guasco, la Ronzani; questo Cavour che spreme il frutto della vita fino all'ultima goccia, quasi presago della morte precoce, esce dalla mostra grondante di un'umanità che i freddi testi storici troppo ci nascondono, e che è la miglior chiave per intenderne il genio. Ritorna qui a Santena, dopo più d'un secolo ch'egli aveva cessato di soggiornarvi, tutto preso dal fascino agricolo di Lori, l'uomo del desti¬ no al quale non si può ripensare senza che il pathos della Storia ci rapisca come un alto poema. E poi, dalla mostra si sale nella stanza — nella torre medioevale del Castello trasportata integra dal palazzo torinese —■ dove quél grande morì. Il letto di ferro con le cortine di seta, 1 mobili Impero e Restaurazione, la teca con la giubba del nipote Augusto, forata dalla palla che l'aveva ucciso a Goito. E i fiori finti sotto le campane di vetro sul caminetto, la pendola, la scrivania d'ebano su cui stettero fogli in cui era scritto l'avvenire dell'Italia. E allora la commozione trabocca: Santena non è più lo stupendo Castello riedificato dal marchese Filippo dopo il 1706 sui ruderi antichi d'un feudo; è qualcosa che assomiglia a un luogo sacro. mar. ber