L'uccisione di Don Beneggi

L'uccisione di Don Beneggi Stamane alle Assise di Milano L'uccisione di Don Beneggi Si apre il processo contro i tre fratelli Bettelle per l'omicidio del parroco di Vermezzo ■ Come si difendono gli imputati • La P. C. sostiene il movente della rapina Milano, lunedi mattina. Ha inizio atamani davanti ai giudici della Corte d'Assise milanese il processo a carico di Modesto, Giuseppe e Giancarlo Bettelle, i tre fratelli originari di Piove di Sacco (Padova) che sono imputati della uccisione del parroco di Vermezzo, don Silvestro Beneggi. La sera del 12 agosto 1954 Giancarlo e Giuseppe Bettelle, reduci con il fratello maggiore Modesto da una rapina commessa ai danni del tassista Angelo Lumello in località cascina Scarella (a 15 chilometri da Casale. Monferrato), bussarono alla porta della canonica di Vermezzo, un piccoIo paese a cinque chilometri da Abbiategrasso. Modesto Bettelle rimase fuori, al volante della macchina rapinata; Giuseppe e Giancarlo entrarono nell'interno della casa parroc- chiale. Nello studio dietro la scrivania vi era don Silvestro Beneggi, 11 parroco del paese, che da quindici anni curava le anime in quel piccolo borgo della Bassa milanese. Giuseppe Bettelle, il più spavaldo, chiese a don Beneggi un certificato di matrimonio. Indicò al parroco Giancarlo, che si era messo un po' in disparte, e rivelò che il fratello aveva messo nei pasticci una minorenne di Sesto San Giovanni e che ora avrebbe dovuto riparare al malfatto conducendola all'altare. Don Beneggi fece presente che la cosa non era di sua competenza e indicò il nome del parroco di Rosate sotto la cui giurisdizione avrebbero potuto celebrarsi quelle- nozze. Anzi, fece di più: scrisse un biglietto di presentazione per il sacerdote di Rosate. Ad un certo momento echeggiarono due detonazioni: don Beneggi, ferito all'addome e alla testa, veniva soccorso dalla sorella Maria e trasportato all'ospedale di Abbiategrasso, dove morì dopo dodici ore di agonia, dopo aver perdonato ai suoi aggressori. Che cosa sia avvenuto con esattezza nel corso del colloquio fra don Beneggi e ì due Bettelle non è stato possibile ricostruire in tutti i suoi particolari: il movente di questo truce delitto non è ancora stato chiarito. Il capo d'imputazione, che è la sintesi della sentenza istruttoria redatta dal dott. Filippo Longo, sostiene per i tre fratelli l'accusa di concorso in omicidio, aggravato dallo scopo della rapina. Ma contro questa tesi i" sei difensori ohe difendono i tre Bettelle si batteranno per ottenere una meno severa definizione del reato. Gli avvocati Cesare Degli Occhi, Zeno. Verga, Angelo Luzzanl, Franz Sarno, Francesco De Castello e Giancarlo Rossi (questi ultimi due del Foro di Padova) avranno come unico obiettivo della loro fatica di difensori il limite estremo dell'omicidio preterintenzionale o, quanto meno, dell'eccesso colposo della legittima difesa. Dèi tre fratelli, quello che si trova nella posizione più diffìcile è Giuseppe, colui che — secondo l'accusa — sparò a don Silvestro Beneggi: per lui si profila la minaccia dell'ergastolo. I suol difensori, avvocati Cesare Degli Occhi e Zeno Verga, sono convinti che Giuseppe Bettelle-sparò i due colpi mortali per fronteggiare l'energica reazione di don Beneggi che si era ribellato al giovane che gli stava davanti in atteggiamento poco rassicurante. Alla richiesta del documento che avrebbe dovuto servire per la celebrazione di quel matrimonio, don Beneggi avrebbe risposto — è pronta a sostenere la Difesa — afferrando per i capelli con ambedue le mani Giuseppe Bettelle. La stretta sarebbe stata così energica che il giovane, preso dalla paura perché incapace di liberarsi, avrebbe messo mano alla pistola, e dopo aver colpito al capo il sacerdote, avrebbe esploso 1 due colpi. Stando a questa versione quella di Vermezzo si potrebbe definire la tragedia della paura: paura da parte di don Beneggi di fronte allo sconosciuto (qualcuno anzi fa l'ipotesi che il parroco sulle prime abbia scambiato il giovane per un attivista comunista), e paura di Giuseppe Bettelle di non riuscire a fuggire. Sulla porta dello studio di Don Beneggi, mentre avveniva la colluttazione mortale, stava Giancarlo Bettelle: a costui si imputa il concorso nel massimo reato di omicìdio. Egli però ha sempre sostenuto di essere rimasto estraneo al delitto: Giancarlo disse anche che non immaginava ohe la visita al parroco di Vermezzo dovesse conchiudersi con un delitto. Rimane quindi da esaminare la posizione del fratello maggiore, Modesto, apparentemente rimasto sempre in attesa con la macchina davanti alla canonica. Fece insomma da « palo ». Mocesto, e per lui i suoi avvocati, sosterrà la sua completa estraneità al delitto. La Parte Civile, dal canto suo rappresentata dagli avvocati Giovanni Maria Cornaggia Medici e Tommaso Melodia, che si sono costituiti in giudizio per conto di Maria Berneggi sorella dell'ucciso, prenderanno posizione decisa contro la versione secondo loro addomesticata della richiesta di un certificato di matrimonio ed affermeranno che 1 tre Bettelle volevano compiere una rapina Si prevede che il processo occuperà parecchie udienze: i testimoni citati, infatti, sono trentadue. Non sì esclude la eventualità che ad un certo momento la Corte faccia una ricognizione sul posto che è stato teatro del delitto. Nel corso della istruttoria i tre fratelli sono stati sottoposti a perizia psichiatrica; i tre periti hanno concluso il loro esame con questo accertamento: c Nel momento in cui commisero il fatto non erano per Infermità in tale stato di mente da aver perduto o grandemente scemato la capacità d'intendere e di volere».