Turismo a Bruges

Turismo a Bruges Turismo a Bruges Bruges, giugno. Un tempo era la capitale dei crepuscolari. «Per scacciare un poco l'uggia - Ce ne andremo fino a Bruggia... », bisbigliavano con stanca ironia: perché tristezza, grigiore, estenuazione erano qui di casa, come i beghinaggi, i carìllons e i lenti canali tra i salici piangenti. Poi ne fecero una delle tante « Venezie del Nord », anche se tutto contrastava, in questa città pur bella, con lo spirito della Venezia unica e vera. Ora è diventata una città per turisti frettolosi e famelici, rigurgitante di cartoline illustrate e delle solite cianfrusaglie-ricordo. Domani sarà una città come tante altre; c già sorgono a blocchi le case di cemento armato accanto alle ultime dimore medioevali, si aprono larghi viali d'asfalto con monumenti equestri e fontane simbolistiche, si moltiplicano i semafori e i distributori di benzina. Grosse automobili, come s'usano in questo Belgio prosperoso, scorrazzano da ogni parte, s'infilano nelle stradette dove «vegetava il silenzio », bivaccano sui sagrati delle cattedrali: come dappertutto. A questa metamorfosi che la iovolgarisce, Bruges sembra non opporre nessuna resistenza, e forse la sua stessa indole remissiva, quella sua rassegnazione fatta di sospiri e di blande attese mistiche, le impongono di accettare anche un peggiore destino. Gand, al confronto, ci era sembrata più fiera, ancora capace di difendersi con una bellezza forte e scontrosa dagli insulti della modernità, quasi consapevole che un giorno i suoi meriti verranno ovunque riconosciuti di fronte alla troppo fiacca rivale. Tuttavia, fra il molto di caduco e di artefatto che si può scoprire oggi, a Bruges c'è qualcosa che persiste gloriosamente: la pittu ra. Ma non quella ispirata al « realismo trivialetto de' buoni fiamminghi», di cui parlava il Foscolo, bensì, per fare un solo nome, quella di un Memling; e varrebbe la pena di venir qui soltanto per vedere le sue opere all'ospedale di San Giovanni, Realista, certo, anche lui; ma mentre gli altri si dimostrano essenzialmente narrativi, episodici minuziosi fino alla mania, Memling preferisce al movimento la calma, alla quantità la scelta; al gesto dimostrativo l'atteggiamento composto e l'intensità dello sguardo. Gran parte della pittura fiamminga sembra al paragone una pittura da reportage, eseguita secondo modelli tutti presi dal vero, tutti « autentici » come in un film neorealisticn d'oggi, messi bene in posa a fissare, si direbbe, l'obiettivo, oppure colti in flagrante in un momento non sempre felice della loro giornata (come, appunto, in certe istantanee predilette dai rotocalchi). Ad ogni personaggio si poteva dare un nome e un cognome, i se in un quadro dovevano figurare mille cittadini, risultavano evidenti il mestiere e lo stato civile di ognuno. In questa sterminata democrazia artistica trovava largo posto anche la vanità; e bastava un'oblazione a qualche istituto religioso, per avere il diritto di apparire nelle vesti di un santo o magari con la corazza e la spada di un arcangelo, sulla tela affidata a un volonteroso mestierante Per sfuggire a questa schiavitù c'erano due modi soltanto : o deformare il soggetto fino al grottesco, come decise genialmente Bosch, togliendo cosi ai modelli ogni possibilità di compiacimento, o sottoporre i personaggi a una prudente e intelligente idealizzazione: come appunto fece .Memling, aiutandosi con uno stile potente e del tutto personale Ben lontani dal voler fare critica d'arte, ci limiteremo a notare che sarà più che mai utile, parlando di pittura fiamminga, distinguere tra «scuola» e produzione originale, indipendente. Nei musei di Bruges, come in quelli di Gand e di Bruxelles, mille quadri, legati supinamente al medesimo impegno, non hanno ormai maggior valore di una serie di « documentari » dell'epoca. Ma in mezzo a queste folle di borghesi e di artigiani che danzano, vanno in corteo e in processione, bevono, ridono o battagliano, e che avrebbero dovuto rappresentare la « vita », quelli che rimangono davvero vivi, commoventi o inquietanti, somi gli angeli dal viso bianco e dagli occhi azzurri di Memling. sono i demoni strombettanti e ghignanti di Bosch: creature, insomma, che non esistono nella terrena realtà. Perché un qualsiasi mercante di allora, troppo fedelmente ritratto, non può dirci più nulla, non può comunicarci nessun segreto, non può suscitare in noi né perplessità, né ansia, né aspettazione sulla sua natura e sul suo destino; mentre l'angelo o il demone, così estranei al tempo, così idealmente intangibili, hanno dietro le spalle i misteri dell'universo L'importante, poi, è di non fuggire dalla realtà stessa nella persuasione che quei misteri sia¬ no a portata di mano, sol che ci si dimentichi della terra. L'importante è di non cadere in quel facile, esteriore misticismo che, scomparsi i soldatacci e i trafficanti più tenaci, ha tanto imperversato proprio qui a Bruges, e che al fiammeggiare delle kermesses ha sostituito quei grigi tramonti d'agonia. Un Memling non ha mai ceduto alla tentazione dell'ineffabile, dell'inesprimibile, così come un Bosch non ha mai da.r un senso pittoricamente indecifrato o desolante ai suoi dipinti: dove anzi una feroce allegria, una folle insolenza regnano perfino fra le torme dei dannati. Questi due pittori cercavano anch'essi nella realtà i pretesti per rendere palese la loro intuizione poetica; ma non l'accettavano ad occhi chiusi, trascegliendo invece fra le tante occasioni quelle che più si adattavano al loro fine. Così poterono evitare tanto quel « realismo trivialetto » che strappa ancora grida di ammirazione alle brave carovane dei turisti, quanto le disincarnazioni e i languori che fecero guardare a Bruges come a un pallido faro singultente nella nebbia. Perché così avvenne, e ancora avviene. Il Belgio è forse il Paese dove, in proporzione ai suoi abitanti, fiorisce oggi il più gran numero di poeti. Se ne contano a mi¬ gdsiEulllimilllllllllllinnillllimilllllllllHlllIMllUlllll gliaia, pare, e una notevole parte dimora o s'ispira a Bruges. Ma sembra che non abbiano molto imparato dalla lezione di un van EJyck, e tantomeno da quelle di un Memling e di un Bosch. Sono ancora, quasi tutti, crepuscolari, si disperano in solitudine, cantano in sordina, invocano il cielo grigio, il mare freddo, e la pioggia, l'ombra. Ci vien così da pensare che, dopo tutto, per es- j sere schiettamente realisti occor- | re un ambiente propizio, come erano le Fiandre al tempo dei guerrieri e di quei mercanti un po' rapaci, un po' vanitosi, grassi nel corpo e nell'eloquio, liti-1 ; giosi e gaudenti. I giovani poeti i d'oggi sono troppo gentili, troppo colti, e se pure si arrischiano ad usare qualche parola villana o qualche immagine plebea, si sente che lo fanno per forza, senza vera convinzione, per reagire a ' quella loro eterna malinconia di gente troppo bene educata o di piccoli angeli decaduti. E forse il discorso potrebbe valere non soltanto per Bruges ma per tutte le città raggiunte e contaminate dalla civiltà turistica; dove la gloria del passato non consente più né la forza né la delicatezza, ma soltanto questi smarrimenti o questo vano, inconcludènte affiorare di proteste. G. B. Angioletti lllllllllllllllllllllllllllllu^

Persone citate: Foscolo, Memling

Luoghi citati: Belgio, Bruges, Bruggia, Bruxelles